Il continente misterioso/1. Il lago Torrens

1. Il lago Torrens

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2. Quaranta miglia al nord

1.

IL LAGO TORRENS


— Singolare paese! Si brucia vivi anche sotto gli alberi! Sotto gli alberi? In fede mia, non meriterebbero davvero questo nome! Eccoci sotto un bosco e non v'è un palmo d'ombra! Che strana idea ha avuto la natura di far crescere le foglie di traverso!

— Siamo nel paese del paradosso, marinaio.

— Bel paese, per Bacco! Non ho mai veduto una terra simile; eppure ho passeggiato il globo terracqueo in tutti i sensi. Guarda che continente è questo, dove gli alberi non danno ombra...

— E invece di perdere le foglie come da noi, perdono la corteccia, marinaio.

— Dove i cigni sono neri...

— E le aquile bianche.

— Sì, Cardozo. Dove le ortiche sono alte come un albero e i pioppi piccoli come un semplice arbusto.

— E dove il merluzzo si pesca nei fiumi e il pesce persico si trova in mare, marinaio.

— I serpenti hanno le ali come gli uccelli.

— E i grossi uccelli non volano perché non hanno che dei moncherini per ali.

— Dove il termometro sale quando piove e scende quando fa bel tempo...

— E dove l'aria è umida quando fa bello e secca quando piove, marinaio.

— Sì, Cardozo; e dove i cani non abbaiano e hanno la testa del lupo e il corpo della volpe.

— E dove i pesci hanno ali colorate come quelle degli uccelli e che si piegano come quelle dei pipistrelli; dove gli alberi non danno frutta e trasudano invece gomma; dove si trovano piante che ti avvelenano a metà, solamente passandovi vicino; fiori che ti fanno diventar cieco; animali che allattano e che hanno il becco come le anitre, dove gli uccelli invece di cantare scoppiettano come le fruste, suonano come se avessero in gola una campana, ridono come un negro ubriaco, o piangono come un fanciullo, o ti sembrano orologi a pendolo; dove gli animali hanno una borsa per nascondere i loro piccoli e le gambe disuguali, e dove i selvaggi si mangiano l'un l'altro e sarebbero felici di metterti allo spiedo! È così, marinaio?

— Sì, figliuol mio, ma il tuo augurio m'ha fatto venire la pelle d'oca.

— A un marinaio pari tuo, che ha veduto la morte dinanzi agli occhi e che per poco non è stato divorato vivo dai mondongueros,1 della pampa patagone! Vuoi scherzare, mastro Diego?

— Non ischerzo, Cardozo; malgrado tutto ci tengo ancora alla mia vecchia pelle e mi spiacerebbe perderla in questo paese che è così lontano dal mio.

— Speri di portarla a casa intatta?

— Non ho questa pretesa, Cardozo, ma di lasciarla tutta qui non mi piacerebbe affatto. Che strana idea ha avuto il nostro dottore di cacciarsi nel cuore di questo continente.

— Nel cuore? Lo attraverseremo tutto, questo paese misterioso, marinaio.

— Da un oceano all'altro?

— Sì, o per meglio dire dalle sponde di questo lago alle coste settentrionali, non so ancora se al golfo di Carpentaria o se a quello di King.

— Ma perché vuole attraversare l'Australia?

— Non lo so ancora, ma mi pare di aver udito dire che si tratta di trovare le tracce di non so quale esploratore perdutosi non saprei dove, e contemporaneamente di esplorare le coste settentrionali; altri invece mi dissero che si tratterebbe di una colossale scommessa.

— È forse così difficile la traversata di questo continente?

— Sembra che non sia cosa facile, poiché si ignora ancora con precisione se sia un immenso deserto o qualche cosa di peggio. Si dice però che qualcuno l'abbia attraversato, ma non saprei dirti se ciò è vero.

— E il nostro dottore si è fisso in capo di attraversarlo e di mettere il naso in quel deserto?

— Ti dispiace, forse, Diego?

— No, sono abituato ai lunghi viaggi, o meglio siamo abituati. Per Bacco! Non abbiamo attraversato forse la pampa patagone per salvare il tesoro di quel povero presidente Solano Lopez? Auff! Quando penso che quel prode è morto così! Getterei al diavolo il mio berretto e... Ma lasciamo i morti. Ehi! Scimmia dalle gambe magre, portarci una bottiglia! Sento il bisogno di bagnarmi il gorgozzulo e di annegare quei ricordi!

Un negro orribile uscì da un enorme carro, un vero dray australiano che si trovava sotto un gruppo d'alberi immensi, dal cupo fogliame e dal tronco bianco come se fosse coperto di calce, e s'avvicinò sgambettando, portando nelle sue mani da scimmia una bottiglia e due tazze.

Era un vero campione di quella razza che abita le regioni centrali del continente australiano, che per sporcizia e per bruttezza non ha l'eguale, e che sembra appartenere più alla famiglia delle scimmie che a quella umana. Aveva i capelli lunghi, arricciati, unti d'uno strato di grasso, la fronte depressa, gli occhi neri e brillanti, una bocca da coccodrillo, il ventre sporgente, le estremità delle membra di una gracilità spaventosa e le gambe mancanti dei polpacci. Il suo colore poi era indefinibile, essendo coperto di strati di pittura, ma somigliava più al bronzo carico che al nero ma con gradazioni color cioccolato.

— Eccovi, sir — diss'egli, aprendo la sua bocca che pareva si volesse schiudere fino agli orecchi e parlando correntemente l'inglese, lingua che gli australiani apprendono, come del resto tutte le altre, anche le più aspre, colla maggior facilità.

— Bravo, Coco — disse colui che si chiamava mastro Diego. — Sei brutto come un orco, ma sei gentile, quantunque puzzi di antropofago.

Guardò la bottiglia, fece saltare il collo e ingollò tre o quattro sorsi.

— Brandy, e di quello eccellente — disse poi, facendo schioccare la lingua. — Mandane giù due gocce, Cardozo; ti faranno dormire deliziosamente.

— Con questo caldo!

— Un sorso ti farà bene, figliuol mio.

— Ma... eh!...

— Cos'hai?

— Non vedi un punto nero solcare il lago?

— Mille cannonate! Sarebbe il dottore?

— Può essere, Diego.

— Infatti, sono tre giorni che siamo qui ad attenderlo e dovrebbe essere giunto da ventiquattro ore. Sono ansioso di vederlo per sapere dove si va, o se dobbiamo rimanere ancora un bel pezzo sulle rive settentrionali di questo immenso lago in compagnia di questo brutto selvaggio color regolizia. Guarda che destino! Io che credevo di fare un bel viaggetto attorno al mondo, comodamente seduto sul ponte di uno steamer e di fare una fermata di quando in quando nei migliori alberghi, eccomi invece in procinto di soffrire la fame, la sete e forse di terminare la mia esistenza sulla punta d'uno spiedo. Davvero che non valeva la pena di lasciare il Paraguay e tanto meno il nostro incrociatore. Che ne dici Cardozo?

— Che invecchiando diventi brontolone, Diego. Credevi tu che il dottore ci avesse presi con sé per farci passeggiare il mondo come gran signori? Lui, un naturalista, un esploratore audace, un cacciatore arrabbiato! Affemmia! Quando si parte con due marinai che hanno avuto il coraggio, modestia a parte, di attraversare il mare in un pallone, di scappare dalle mani dei patagoni, di percorrere la punta estrema dell'America del Sud per salvare un tesoro, e che ne hanno fatte di crude e di cotte...

— Alto là! Guarda, Cardozo! il punto nero ingrandisce e vedo del fumo volteggiare sopra.

I due uomini che così discorrevano sulle sponde settentrionali del lago australiano Torrens, vasto bacino che si estende per circa cinquanta miglia in quella regione conosciuta col nome di Terra di Flinders, o di Australia meridionale, correndo dal nord al sud fra il centotrentasettesimo e il centotrentottesimo grado di longitudine e il trentunesimo e il trentatreesimo grado di latitudine Sud, s'alzarono di scatto fissando attentamente il punto nero segnalato.

Uno sguardo, innanzi a tutto, a questi due uomini. Quello che chiamavasi Diego era un bel tipo di lupo di mare, che lo si sarebbe riconosciuto per tale fra mille, anche senza il costume da marinaio che indossava. Poteva avere quarantaquattro o quarantacinque anni. Statura alta, membra enormemente sviluppate che dinotavano una forza poco comune, pelle cotta e ricotta dal sole tropicale e dei venti del mare, lineamenti energici. L'altro, che facevasi chiamare Cardozo, era molto più giovane; non doveva toccare ancora i vent'anni. Era più basso del compagno, magro, ma tutto nervo, che pareva dotato della straordinaria agilità dei quadrumani; bruno come un meticcio, ma di lineamenti belli, fini, con due occhi neri come carboni e due labbra sottili atteggiate quasi sempre ad un sorriso beffardo. Malgrado la sua giovane età, si capiva anche di primo acchito che doveva essere dotato di un sangue freddo straordinario e di un'audacia a tutta prova. Questi due marinai avevano lasciato due settimane prima la pittoresca città d'Augusta che si trova nel profondo golfo di Spencer, dove attendevano il ritorno da Adelaide del dottore Alvaro Cristóbal, uno dei più arditi e brillanti medici della squadra fluviale del Paraguay, un cacciatore arrabbiato, un naturalista e un esploratore già famoso e che aveva lasciato l'America per intraprendere un viaggio di piacere attraverso il mondo in compagnia dei suoi due bravi marinai.

Invece avevano ricevuto un piego suggellato contenente un chèque di 1000 lire sterline (25.000 lire italiane) unitamente ad istruzioni precise di portarsi ad attenderlo sulle coste settentrionali del lago Torrens, di fronte al monte Polly con un dray (gran carro) contenente tutto il necessario per una lunga spedizione nell'interno. Ma non era tutto. Il giorno istesso giungeva col postale un brutto negro, quell'orrido selvaggio che mastro Diego si ostinava a chiamare Coco, ma il cui vero nome era quello di Niro-Warranga, che parlava correntemente l'inglese, non solo, ma che storpiava anche un po' di spagnolo, e che doveva assumere l'incarico di guidarli fino al lago e poi oltre.

I due marinai, senza discutere, senza cercare d'indovinare lo scopo di quella misteriosa spedizione che doveva spingersi attraverso il continente come aveva affermato il selvaggio australiano, avevano acquistato un dray, un carro colossale che viene tirato da sei paia di buoi, tre cavalli scelti fra i migliori, armi, munizioni da bocca e da guerra, tende, ecc., e si erano diretti tosto verso il nord.

Costeggiato il lungo golfo, girato il lago Burt, erano giunti quattro giorni dopo presso quello di Torrens, e guidati dal selvaggio si erano spinti fino alle spiagge settentrionali accampandosi di fronte al monte Polly, secondo le istruzioni ricevute.

Come dicemmo, vedendo apparire sulla vasta superficie del lago quel punto nero sormontato da un pennacchio di fumo, si erano alzati di scatto.

— È un piccolo battello a vapore! — esclamò il mastro, che si riparava colle mani gli occhi, dai cocenti raggi solari. — Sono certo di non ingannarmi. Era tempo che don Alvaro venisse, poiché se tardava mi avrebbe trovato cotto come un banano al forno.

— Purché non sia montato da altre persone, invece — disse Cardozo.

— È impossibile, figliuol mio. Non vedi che si dirige proprio qui? Che io sappia, su queste coste calcinate dal sole non v'è un solo stabilimento colonico, anzi nemmeno una catapecchia.

In quell'istante sul lago si udì echeggiare una serie di detonazioni e sul battello si videro avvampare delle linee infuocate. Il mastro fece un salto.

— Oh! Oh! — esclamò. — Io conosco questo fracasso.

— È quello d'una mitragliatrice, è vero, marinaio?

— Sì, Cardozo. Che il dottore si sia provvisto di un tale arnese per abbrustolire e foracchiare i magri dorsi dei selvaggi? Sarei contento, figliuolo mio, se il nostro arsenale avesse un simile rinforzo. Ehi, Coco, dammi il mio snider!

Armò il fucile recatogli dal selvaggio e lo scaricò tre volte in aria. Un'altra detonazione partì dal canotto.

— È lui! — esclamò Diego. — Pronti al saluto, Cardozo!

— Pronto, marinaio! — disse il giovane Cardozo ridendo.

La scialuppa a vapore segnalata, ingrandiva a vista d'occhio. In meno di un quarto d'ora non fu che a duecento metri dalla costa. Era montata da quattro uomini; tre sembravano marinai o battellieri australiani, il quarto che si teneva ritto a prua era un bell'uomo sui trentacinque anni, alto, robusto, abbronzato, cogli occhi neri, le labbra ombreggiate da un paio di baffi pure neri, un uomo insomma che non doveva essere meno audace di Cardozo, né meno robusto di mastro Diego.

Appena la scialuppa toccò la sponda, il dottore balzò agilmente a terra, s'arrampicò su per le rocce e si fermò dinanzi al mastro e al giovane marinaio che lo salutavano militarmente.

— Grazie, miei cari amici — diss'egli. — Giù le mani e date una buona stretta alla mia; qui siamo tutti uguali!

— Troppo onore — disse il mastro.

— Stringi, mio vecchio marinaro, — disse Alvaro, porgendogli la destra — e tu pure mio bravo Cardozo. Qui siamo tre amici.

Poi volgendosi verso gli uomini del battello a vapore, gridò:

— Scaricate.

I quattro marinai portarono a terra un grosso involucro coperto d'una tela cerata e con mille precauzioni s'arrampicarono su per la rocciosa riva deponendolo presso il gruppo d'alberi.

— Guarda un po' se riconosci questo arnese — disse Alvaro a mastro Diego.

— Cospettaccio! — esclamò il marinaio, levando la coperta. — È la mitragliatrice che ho udito tuonare poco fa.

— Sì, mio bravo mastro, una mitragliatrice perfezionata a venticinque canne distese a ventaglio e che farà stare lontani i selvaggi dell'interno se verranno ad assalirci. L'affido a te, giacché conosci questo ninnolo.

— La farò cantare a momento opportuno, dottore, e vedrete come spazzerò gli assalitori.

Un altro pacco, ma molto più leggero e più piccolo, venne sbarcato dalla lancia a vapore e portato sulla sponda.

— Un altro ninnolo? — chiese il mastro.

— No, — disse il capitano, — ma anche quest'oggetto può esserci di grande utilità. Scopri ed esamina.

Il mastro strappò le corde e la tela che lo copriva e ai suoi occhi apparve un rotolo di gomma.

— Cos'è questo? — chiese.

— Non lo indovini?

— No davvero.

— È un battello.

— Un battello! Eh via! Voi volete scherzare, dottore.

— Non burlo, Diego. È un canotto di gomma, molto facile a portarsi come ben vedi, perché non pesa più di dieci chilogrammi ma che può portare comodamente quattro persone. Basta gonfiarlo con un soffietto per vederlo galleggiare meglio di una scialuppa.

— Ecco una cosa che non ho mai veduta, e tu Cardozo?

— Nemmeno io, marinaio.

— Ne inventano sempre di nuove, ma già si sa, siamo nel secolo delle scoperte.

I marinai della scialuppa a vapore scaricarono in seguito una cassa di munizioni destinate alla mitragliatrice, quattro paia di remi pel canotto di gomma e parecchie casse di viveri conservati. Ciò fatto augurarono al dottore buon viaggio, tornarono nella loro scialuppa e s'allontanarono a tutto vapore dirigendosi verso il sud.

Il dottore li seguì per alcuni istanti cogli occhi, poi volgendosi verso i due marinai:

— Avete preparato ogni cosa per la spedizione? — chiese.

— Abbiamo un dray gigantesco, sei paia di buoi, tre cavalli che devono correre come il vento, sei fucili Snider e sei rivoltelle, munizioni in abbondanza, viveri per sei od otto mesi, tende, coperte, vesti di ricambio, una piccola farmacia, scuri, coltelli, una cucina portatile. Credo che non manchi nulla, dottore.

— Bravo Diego, e anche tu, mio valoroso Cardozo. Ma sapete dove andiamo noi?

— Non ancora, signore, ma che si vada qua o colà poco importa — disse Cardozo.

— Non lo sospettate?

— Pare che si attraversi questo continente misterioso.

— È proprio così, Cardozo. Voi non temete le lunghe escursioni, voi che avete attraversato la pampa patagone, che avete provato pericoli d'ogni sorta, che avete superato ostacoli incredibili.

— Bah! Non ci badiamo alle lunghe passeggiate, dottore — disse Diego.

— Vi avverto però, che vi conduco attraverso a regioni quasi inesplorate.

— Le esploreremo meglio noi.

— Che dovrete attraversare degli orribili deserti.

— Si attraverseranno — disse Cardozo.

— Che dovremo sostenere degli assalti da parte degli indigeni.

— Bah! Abbiamo affrontato ancora i selvaggi — disse il mastro.

— Grazie, amici; sapevo nel condurvi assieme a me attraverso al mondo, di avere due fedeli e bravi marinai che non indietreggiano dinanzi ad alcuna difficoltà. Sediamoci dietro al tronco di quel colossale eucalipto e vi dirò dove noi andremo e vi spiegherò il motivo che mi spinge a intraprendere il grande viaggio destinato a far epoca nella storia delle esplorazioni. Niro-Warranga, portaci una bottiglia di Champagne!

Mentre quel brutto selvaggio dalla testa di scimpanzè portava la bottiglia chiesta e le tazze, il dottore e i suoi due marinai si sedevano dietro il tronco dell'albero, unico posto dove si potesse godere un po' d'ombra essendo grossissimo, tale anzi che sei uomini non sarebbero stati capaci di abbracciarlo.

— Alla vostra salute, amici! — disse il dottore alzando la tazza ricolma.

— Alla vostra, signore, e alla buona riuscita della spedizione — risposero i marinai.

Tracannato d'un sol fiato lo spumeggiante vino, il signor Cristóbal accese una sigaretta mentre il mastro si cacciava in bocca un grosso pezzo di sigaro, poi riprese:

— Vi avevo condotti con me per fare una semplice corsa attraverso al mondo con qualche fermata nei punti più interessanti e qualche scorreria sotto i grandi boschi australiani, o nelle folte jungle della penisola indostana o fra i baobab giganti dell'Africa. Ma, come ben dicono i marinai d'oltreoceano, l'uomo propone e Dio dispone, e questo proverbio s'è proprio avverato a mio riguardo. Noi, amici miei, stiamo per interrompere la nostra corsa attraverso il globo per una passeggiata attraverso a questo continente misterioso.

— Le nostre gambe sono solide, signore — disse il mastro. — Che si vada qua o colà, per noi poco importa, non è vero, Cardozo?

— È tutt'uno — rispose il giovane marinaio. — Invece di vedere l'India, l'Africa o qualche altra regione, visiteremo questo continente che è forse il più interessante di tutti.

— Ben detto, Cardozo — disse il dottore. — Ma voi ignorate senza dubbio lo scopo di questa spedizione.

— Assolutamente — disse Diego.

— Si tratta di ritrovare un nostro compatriota partito da Melbourne sei mesi or sono per una esplorazione nell'interno del continente e che più non riapparve.

— E chi è questo nostro compatriota? — chiesero ad una voce Diego e Cardozo.

— Il signor Benito Herrera, un valente scienziato che si era proposto di esplorare i deserti di pietre dell'interno e di raggiungere le coste settentrionali del golfo di Carpentaria, un uomo illustre che ha dato al nostro paese delle splendide collezioni di animali, di piante, di insetti, raccolte in cento regioni del globo.

"Dopo d'aver fatta una esplorazione nella Birmania, verso le sorgenti dell'Irawaddy, era sbarcato in Australia curioso di visitare questo continente così strano, ma come vi dissi non diede più sue notizie e si teme che si trovi prigioniero presso le tribù del lago Wood.

"Il governo inglese, interessato e pregato dal nostro, ha già fatto delle ricerche, ha fatto interrogare tutti i selvaggi che vengono dell'interno, ma con poco frutto. Si sa solo che tre mesi or sono un uomo bianco, i cui tratti corrisponderebbero al nostro compatriota, è stato visto aggirarsi solo nei pressi del lago Wood, ma niente di più. Si crede però che non sia morto, ma che sia stato fatto prigioniero da qualche tribù, dopo d'avergli distrutta l'intera sua scorta.

"Avendo io telegrafato ai miei amici del Paraguay il mio arrivo ad Adelaide, ricevetti un dispaccio del nostro governo il quale mi pregava di fare, potendolo, delle ricerche sulla scomparsa del nostro disgraziato compatriota, autorizzandomi a prolungare il mio permesso, qualora fosse necessario.

"Lo ricevetti quando già noi ci eravamo recati ad Augusta. Ripartii tosto per Adelaide senza nulla dirvi sullo scopo del mio repentino viaggio, e di là telegrafai di concedermi un permesso di un anno, avendo deciso di intraprendere una esplorazione nell'interno."

— Alla ricerca del vostro compatriota?

— Sì, Cardozo — rispose il dottore.

— Siamo pronti a seguirvi, signore, — disse Diego — disponete interamente di noi.

— Lo sapevo che mi avreste accompagnato, amici, ed è perciò che vi mandai qui con tutto l'occorrente per non perdere un tempo prezioso.

— Partiremo noi tre soli?

— Sì, Cardozo.

— E Coco?

— Ci accompagnerà — disse il dottore ridendo. — Il tuo Coco è un bravo uomo, brutto come il diavolo, ma fedele e conoscitore dell'interno. Ha accompagnato l'esploratore Burke per un lungo tratto e forse non lo avrebbe lasciato se non avesse dovuto ritornare colla seconda spedizione guidata da Wright.

— Durerà molto questo viaggio? — chiese Cardozo.

— Tutto dipende dagli ostacoli che incontreremo. Possiamo compirlo in sei mesi e potrebbe prolungarsi fino a otto, dieci, dodici e fors'anche di più.

— Contate di attraversare tutto il continente?

— Lo ignoro, Cardozo, non sapendo dove troveremo il nostro compatriota o almeno le sue tracce. È probabile però che l'attraverseremo; anzi, ho dato incarico ad un signore inglese mio amico, che aveva messo a mia disposizione il suo yacht, di mandarlo alle isole Edward Pellew, nel golfo di Carpentaria fra quattro mesi, onde ritornare poi per mare. Tengo la sua parola e se saremo costretti a spingerci fin là, lo troveremo.

— E ci attenderà molto?

— Tre mesi.

— Generoso quell'inglese — disse il mastro.

— È un riccone ed era amico del nostro compatriota; anzi fece fare delle lunghe ricerche a proprie spese.

— Quanto misura il continente? — chiese Cardozo.

— Duemilaquattrocento miglia dall'est all'ovest e millesettecento dal nord al sud — rispose il dottore.

— Lo attraverseremo dal sud al nord?

— Sì, Cardozo, e ci terremo fra il 134°, 135°, 136° e 137° di longitudine, trovandosi la direzione presa da Herrera fra questi gradi.

— Ne sappiamo fin troppo ora, signore — disse il mastro. — Non domando che di partire.

— E anch'io — disse Cardozo. — Sono appena le dieci del mattino e prima di sera avremo percorso un bel tratto.

— Sono pronti gli animali?

— I buoi sono già aggiogati al dray, — rispose Diego — e i nostri cavalli sono sellati.

— Un momento e poi partiremo.

Il signor Cristóbal si levò dalla cintola il suo lungo coltello spagnolo, una vera navaja, strappò dal colossale albero un pezzo di corteccia e sul tronco incise: dottore Alvaro Cristóbal — 30 novembre 1870.

Poi disse:

— Ora, partiamo, amici.

Entrarono sotto il gruppo d'alberi giganti in mezzo ai quali si udivano muggiti e nitriti.

Colà un dray immenso, uno di quei carri monumentali coperti di una tela bianca che i pastori australiani conducono nelle loro lunghe escursioni, vere fortezze entro le quali possono difendersi contro gli attacchi dei feroci selvaggi e dove si riparano di notte per dormire al sicuro, si trovava pronto alla partenza. Le sei coppie di buoi, robusti e grandi animali, non aspettavano che il segnale del conduttore per partire.

Dietro a quella casa viaggiante, tre superbi cavalli, veri purosangue che avrebbero formato l'orgoglio di una scuderia europea, scalpitavano e nitrivano, impazienti di muovere le gambe.

Il dottore dopo d'aver esaminato accuratamente il pesante carro e le numerose casse che conteneva ed ammirato da vero conoscitore gli animali, disse:

— Al tuo posto, Niro-Warranga, e noi, a cavallo.

Il negro si sedette dinanzi al carro impugnando una frusta lunga non meno di otto piedi; il dottore e i due marinai balzarono sui loro cavalli dopo di essersi messi ad armacollo i fucili e d'aver collocate le rivoltelle nelle fonde delle selle e la carovana si mise in marcia verso il nord costeggiando il bosco. Il caldo era intenso, essendo già cominciata l'estate, stagione che in Australia principia quando nei nostri climi scendono le prime nevicate. Il sole lasciava cadere proprio verticalmente sulle teste degli audaci esploratori raggi ardenti che le foglie degli alberi, per la loro strana disposizione che è più verticale che orizzontale, non riuscivano a mitigare, ma nessuno si lagnava essendo i tre bianchi abituati ai calori del Paraguay e il negro Niro-Warranga a quegli infuocati dell'interno del continente australiano.

Perfino quel bosco, formato per la maggior parte di black-wood o legni neri, di stryn-back o alberi dalla scorza fibrosa e di blood-wood o legni di sangue, pareva che fosse diventato una vera fornace, poiché, per una bizzarria inesplicabile i boschi australiani, invece di essere freschi e umidi come i nostri, sono invece secchi, senz'ombra, monotoni, d'aspetto triste.

— Strano paese! — esclamava Diego che cavalcava con sufficiente grazia dietro al pesante dray, assieme al dottore e a Cardozo. — Si può trovarne uno di peggiore sotto la cappa del cielo? Nemmeno sotto i boschi si può stare un pochino freschi.

— E questo è ancora nulla — disse Alvaro. — Quando avremo raggiunti i deserti di pietre dell'interno, sentirai come si cucina bene la pelle.

— Cosa dite, signore? Dei deserti di pietre? Ma sono differenti anche i deserti in questo continente?

— Tutto è diverso qui, amico Diego. È un continente stravagante; anzi lo è tanto che alcuni scienziati da strapazzo, altamente meravigliati, hanno ritenuto questo paese un pezzo di cometa precipitato sulla terra o un bolide immenso.

— Ma ditemi, signore, sono vere pietre quelle che coprono i deserti o grossi grani di sabbia?

— Pietre monumentali, disseminate su di uno spazio immenso.

— Il vento non le solleverà come le sabbie dei deserti, speriamo.

— No, Diego.

— Ma chi le ha collocate colà?

— Chi lo sa? È caduta, su quelle regioni, una pioggia di aeroliti in tempi antichissimi, o si devono a un fenomeno che finora nessuno ha saputo spiegare? Ecco quello che tutti ancora ignorano.

— E fa caldo fra quei sassi?

— Da bruciare vivi, Diego.

— E attraverseremo anche noi quel deserto?

— Sì, lo attraverseremo.

— Ditemi, signore, è molto tempo che si conosce questo fenomenale continente? — chiese Cardozo.

— È una cosa piuttosto difficile a dirsi, Cardozo, poiché s'ignora ancora chi lo abbia scoperto e l'epoca precisa. I più danno il merito ad Abele Tasman, senza curarsi di fare altre investigazioni, altri a Teodoro Hertoge, ma sembra che l'onore della scoperta spetti, invece che agli olandesi, ai portoghesi, i quali avrebbero veduto questo continente nel 1500. Può essere però che invece di averlo veduto, abbiano solamente avuto notizia della sua esistenza dai malesi che si recavano su quelle coste per la pesca del trepang, una specie di mollusco coriaceo ma molto apprezzato sui mercati cinesi, ma io so pure che nel museo di Londra esiste un manoscritto francese del XV secolo, il quale contiene una carta segnante una terra che porta molti nomi portoghesi e che pare sia precisamente l'Australia.

"L'onore però di aver fatto conoscere l'esistenza di questo continente, spetta all'olandese Hertoge il quale lo chiamò dapprima Eendrachttland o Terra della Concordia ed esplorò le sue coste occidentali nel 1616.

"Dopo di lui esplorarono le coste dal 1618 al 1626 parecchi altri capitani olandesi, Pedels, il Cartens, il Nuitz, il Witt che impose il proprio nome a un tratto della costa del nord-ovest, il Pellesart e infine Tasman che esplorò le coste meridionali nel 1642 scoprendo l'isola di Van Diemen che egli credette dapprima fosse un prolungamento del continente e le coste settentrionali nel 1644, addentrandosi nel golfo di Carpentaria. Fu lui che la chiamò Nuova Olanda, nome che le è rimasto quantunque oggi si chiami per lo più Australia."

— E l'Olanda non pensò ad occuparla?

— Mai, ed ha avuto torto poiché si sarebbe arricchita di una delle più splendide colonie.

— E quando la occupò l'Inghilterra?

— Poco più di cent'anni fa, e precisamente nel 1787 dietro consiglio del celebre navigatore Cook e anche per rifarsi della perdita delle sue ricche colonie dell'America del Nord. Fu affidato l'incarico dell'occupazione al commodoro Philipp il quale salpò dall'Inghilterra con una squadra di undici navi montata da millecentosessanta persone fra cui settecentocinquantasette forzati e centonovantadue donne condannati tutti alla deportazione. Prima, il governo inglese aveva deliberato di mandare i suoi forzati in Africa, nella colonia del Capo, ma poi li diresse invece in Australia, ed ha fatto bene.

"Philipp sbarcò in una baia che chiamò Botany-bay, ma, non essendogli sembrato opportuno il luogo, fondò una colonia cinque leghe più lontano chiamandola Paramatta e in seguito Sidney, ove ebbe stanza definitiva il governo della colonia.

"Ma i primi momenti furono assai difficili non avendo Philipp portato con sé che un toro, quattro mucche, un vitello, uno stallone, tre cavalle, trentaquattro pecore, cinque montoni e alcuni maiali. I primi coloni passarono dei tristi momenti e soffrirono la fame parecchie volte, poiché i forzati invece di dissodar la terra fuggivano nei boschi per godersi la libertà. Anzi, uno dei più ragguardevoli funzionari scriveva ai suoi parenti che si aspettava di giorno in giorno di morir di fame!

"Ebbene, da quel migliaio di persone in poco meno di cent'anni uscì la colonia che ora vedete, ricca, prosperosa, popolosa, con città opulenti, e quei pochi animali si propagarono talmente che oggi in Australia si contano seicentomila cavalli, cinque o sei milioni di buoi e quaranta milioni di pecore! Chi avrebbe detto a Philipp e a quel funzionario che temeva di morir di fame, che un secolo dopo quella microscopica colonia avrebbe fornito perfino la vecchia Europa dei suoi prodotti?"

— La storia di questa colonizzazione è meravigliosa — disse Cardozo.

— Meravigliosa è poco; è unica, è incredibile, ragazzo mio.

— Alto! — disse in quel momento Niro-Warranga. — Il Gamber!...


Note

  1. Piccoli pesci che vivono in grandi torme nei fiumi dell'America del Sud e che hanno tali denti da spolpare un uomo in pochi minuti.