Il comento alla Divina Commedia e gli altri scritti intorno a Dante/V. Rubriche in prosa alla "Divina Commedia"/Paradiso

V. Rubriche in prosa alla "Divina Commedia" - Paradiso

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V. Rubriche in prosa alla "Divina Commedia" - Purgatorio Nota

[p. 267 modifica] Comincia il canto trigesimo del Purgatoro. Nel quale l’autore dimostra come Beatrice sopra il triunfal carro gli appari, e come, essendo Virgilio partito, ella il chiamò per nome e gravemente il riprese, mostrando poi alle sante creature, che dintorno al carro erano, perché degno era di riprensione.

Comincia il canto trigesimoprimo del Purgatoro. Nel quale l’autore distesamente discrive la grave riprension fattagli da Beatrice, e il dolore che per quella senti; e appresso come, fuor di sé essendo e risentendosi, si trovò tirato dalla donna, che prima trovata avea, nel fiume, e in quello da lei tuffato; e avendo dell’acqua bevuta, fu dalle quattro donne presentato a Beatrice, e come lei, levato dal viso il velo, apertamente vide. Comincia il canto trigesimosecondo del Purgatoro. Nel quale l’autore discrive come il triunfo celeste si volse a tornare indietro, e come, ad un albero senza foglie smontata Beatrice del carro, esso vi fu legato dal grifone; e appresso come s’addormentò, e, svegliato, vide il grifone esser partito e Beatrice rimasa, la quale gli fa rimirare il carro, sopra ’l quale per figura vede certe cose alla Chiesa di Dio avvenute e che doveano avvenire. Comincia il canto trigesimoterzo del Purgatoro. Nel quale l’autore significa certe cose future a lui da Beatrice predette, e come, da Matelda bagnato in Eunoè, puro tornò a Beatrice. Qui finisce la seconda parte della Cantica, overo Commedia, di Dante Alighieri, chiamata Purgatoro. PARADISO Comincia la terza parte della Cantica, overo Comedia, chiamata Paradiso, del chiarissimo poeta Dante Alighieri di Firenze. E di questa terza parte comincia il canto primo. Nel quale l’autore, poi che dimostrato ha sommariamente quello che in essa intende di trattare e fatta la sua invocazione, discrive come appresso a Beatrice se ne salisse nel primo cielo, e come ella gli solvesse un dubbio per lo suo veloce montare venutogli. Comincia il canto secondo del Paradiso. Nel quale l’autore, poi che a quegli che meno sofficienti sono alla presente considerazione ha detto che si rimangano, dimostra la cagione de’ segni bui, li quali nel corpo della luna veggiamo. [p. 268 modifica] Comincia il canto terzo del Paradiso. Nel quale l’autore parla con madonna Piccarda; e ella gli solve un dubbio, mostrandogli ciascuna anima esser contenta nel luogo dove posta è in paradiso; e poi gli mostra Costanza imperadrice.

Comincia il canto quarto del Paradiso. Nel quale Beatrice solve il dubbio della doppia volontá e del tornar dell’anime alle stelle. Comincia il canto quinto del Paradiso. Nel quale Beatrice dichiara all’autore se per alcuna permutazione si può adempiere il boto fatto. E quindi, saliti nel secondo cielo, vede l’autore molti spiriti gloriosi, de’ quali uno, offertoglisi, domanda chi el sia. Comincia il canto sesto del Paradiso. Nel quale Giustiniano imperadore se medesimo manifesta all’autore, mostrando appresso molte cose magnifiche fatte sotto il segno dell’aquila, e quanto falli chi quello senza giustizia s’apropri; e ultimamente dice quivi esser l’anima di Romeo.

Comincia il canto settimo del Paradiso. Nel quale Beatrice chiarisce all’autore come giusta vendetta fosse giustamente vengiata; e appresso perché a Dio, a rilevare l’umana generazione dalla colpa del primo padre, piacque piú di dare se medesimo che altro modo; e ultimamente perché gli elementi sieno corruttibili. Comincia il canto ottavo del Paradiso. Nel quale l’autor mostra come salisser nel terzo cielo; e quivi parla con Carlo Martello, il quale gli dichiara come di dolce seme possa nascere amaro frutto.

Comincia il canto nono del Paradiso. Nel quale l’autor discrive come madonna Cuniza alcune cose gli predice contra i lombardi, e appresso Folco contro a’ pastori della Chiesa. Comincia il canto decimo del Paradiso. Nel quale l’autor discrive come nel cielo del sole pervenissero, dove gli parla Tommaso d’Aquino, e nominagli piú altri spiriti, li quali tutti furon gran letterati; e tra gli altri gli nomina Alberto di Cologna, Salomone e Boezio.

Comincia il canto decimoprimo del Paradiso. Nel quale Tommaso d’Aquino mirabilmente commendando onora san Francesco. Comincia il canto decimosecondo del Paradiso. Nel quale Bonaventura da Bagnorea mirabilmente parla di san Domenico, e nomina piú altri beati spiriti, li quali quivi dice gloriarsi. Comincia il canto decimoterzo del Paradiso. Nel quale l’autore mostra come san Tommaso d’Aquino gli chiarisse quello che di Salamon detto avea: «non surse il secondo». [p. 269 modifica] Comincia il canto decimoquarto del Paradiso. Nel quale primieramente l’autore mostra come chiarito fosse come, dopo la universal resurrezione, i santi avranno quello medesimo splendore che al presente hanno, e forza visiva a riguardarlo; e appresso come, nel quinto cielo salito, vide in quello una croce, e in quella lampeggiar Cristo.

Comincia il canto decimoquinto del Paradiso. Nel quale l’autore mostra come con festa ricevuto fosse da messer Cacciaguida, suo antico, e come da lui udisse certe cose degli antichi costumi fiorentini, e dove e a che tempo nascesse, e dove abitasse, e poi morisse.

Comincia il canto decimosesto del Paradiso. Nel quale messer Cacciaguida mostra all’autore quali fossero le piú notabili famiglie di Firenze al suo tempo.

Comincia il canto decimosettimo del Paradiso. Nel quale messer Cacciaguida, domandato, predice all’autore il suo futuro esilio, e che per quello gli debba seguire; e confortalo a scrivere le cose vedute e udite, a cui che elle si debbano parer gravi. Comincia il canto decimottavo del Paradiso. Nel quale messer Cacciaguida nomina piú famosi spiriti che in quello cielo son gloriosi. E appresso l’autore, mostrato come nel sesto cielo salito sia, discrive molti santi spiriti ne’ loro movimenti fare diverse figure di lettere, e quelle finire in una M, e di quella farsi una aquila.

Comincia il canto decimonono del Paradiso. Nel quale mostra l’autor dalla sopradetta aquila essergli dichiarato quello che creder [si de’] d’uno non battezzato e che mai di Cristo alcuna cosa non udí ragionare, ma per ogni altra cosa è buono; e ultimamente quello che contro a piú cristiani dicesse la predetta aquila. Comincia il canto vigesimo del Paradiso. Nel quale l’autor discrive come la detta aquila gli nominò alquanti degli spiriti che in essa erano gloriosi; e appresso gli mostrò come Traiano imperadore e Rifeo troiano, li quali da lei erano stati nominati, non moriron pagani come esso stimava.

Comincia il canto vigesimoprimo del Paradiso. Nel quale l’autor dimostra come, pervenuto nel settimo cielo, vide una scala altissima, per la quale salivano e scendevano molti spiriti; de’ quali venne a lui Pietro Dammiano, il quale, ad alcuna sua domanda avendo risposto, alcune cose dice contro a’ pastori della Chiesa. [p. 270 modifica] Comincia il canto vigesimosecondo del Paradiso. Nel quale l’autore narra come parlò con san Benedetto, il quale piú altri santi spiriti contemplativi gli nominò, e piú cose gli disse in vitupèro de’ presenti religiosi; poi dietro a lui su per la scala se ne sali nell’ottavo cielo; e quindi vólto in giú, discrive quali vedesse la terra e tutti gli altri cieli.

Comincia il canto vigesimoterzo del Paradiso. Nel quale l’autore discrive come la celeste milizia mirabil festa facesse dintorno alla Vergine Maria.

Comincia il canto vigesimoquarto del Paradiso. Nel quale l’autore, con san Pietro parlando, mostra quello che è fede e quello eh’ e’ crede.

Comincia il canto vigesimoquinto del Paradiso. Nel quale l’autore scrive come, da sa’ Iacopo apostolo domandato, dice che cosa è speranza; e appresso come, essendo sopravenuto san Giovanni evangelista, ode da lui non essere in cielo alcuno altro col proprio corpo che Cristo e la madre.

Comincia il canto vigesimosesto del Paradiso. Nel quale l’autore, a domanda di san Giovanni evangelista, dice che cosa è caritá; e appresso come, con Adam parlando, da lui ode quando creato fosse, quanto vivesse, e dove.

Comincia il canto vigesimosettimo del Paradiso. Nel quale l’autore primieramente racconta parole dette da san Piero contro alli moderni pastori; e appresso discrive come pervenisse nel nono cielo. Comincia il canto vigesimottavo del Paradiso. Nel quale l’autore discrive la gloriosa festa de’ nove cori degli angeli. Comincia il canto vigesimonono del Paradiso. Nel quale Beatrice dimostra all’autore l’ordine della creazione delle cose; e appresso ragiona della natura angelica; e ultimamente parla contro alla vanitá d’assai moderni predicatori.

Comincia il canto trigesimo del Paradiso. Nel quale l’autore scrive sé esser salito nel decimo cielo; dove prima in forma d’un fiume, poi in forma d’una rosa, vede la celeste corte, e in quella la sedia d’Arrigo imperadore; del quale e di Clemente papa Beatrice alcuna cosa gli predice.

Comincia il canto trigesimoprimo del Paradiso. Nel quale l’autore dice come, in luogo di Beatrice, trovò san Bernardo, il quale gli mostrò lei sedere nel luogo a’suoi meriti sortito; ed egli le fece orazione; poi, dicendogliel san Bernardo, volse gli occhi alla letizia de’ gloriosi. [p. 271 modifica] Comincia il canto trigesimosecondo del Paradiso. Nel quale l’autor narra come san Bernardo gli mostrasse la Vergine Maria e Èva e nominatamente piú altri santi uomini e donne, e la letizia dell’agnolo Gabriello, e poi lui ad orare con seco, per grazia impetrar, disponesse.

Comincia il canto trigesimoterzo del Paradiso. Nel quale discrive l’autore l’orazione fatta da san Bernardo, e come con lo sguardo penetrasse alla divina essenzia; e fa fine. Qui finisce la terza e ultima parte della Cantica, overo Commedia, di Dante Alighieri, chiamata Paradiso. [p. 272 modifica] .