Il cavallarizzo/Libro 1/Capitolo 5

Capitolo 4 Capitolo 6
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Cap.5. Del diletto che dà il cavallo.


Molta dilettatione, & piacere dà il cavallo all’homo; & parte ne è stato detto di sopra nelle cose dell’utile, & dell’honore; essendo queste cose talmente concatenate, che una per forza partecipa dell’altra. Ma non è dubbio però, che scacciando il cavallo la malenconia necessariamente reca allegrezza, & conseguentemente piacere. Reca ancora piacere con la commodità di portar l’hom senza fare, che patischi fatica, & con temperato essercitio, & moto. Si che non affaticandosi il corpo, ne riscaldandosi fuor del dovere, si pò andare, benche lontano, senza perturbarsi da caldo, ò da fango, & humido, ò altra cosa, che offenda. Et che sia vero si vede, che quel gran piacere, & allegrezza, che dà à gl’homini la vista della campagna lontano dal tumulto delle città, & la bontà del tempo, & serenità del cielo, malagevolmente si potrebbe godere senza il cavallo, non potendovisi andare à piede senza molta fatica, & incommodità, la quale levarebbe il piacere, ò in tutto ò in gran parte. Dà similmente gran diletto nelle caccie, nel veder varij luoghi, varij siti, varie genti, varij animali; & col mezzo d’esso seguir le fiere, far prova in che più vagliano, ò di fortezza, ò velocità, ò di ardire; & ritornarsene al fine con haverle prese parendo all’homo, che il cane sia stato instrumento à pigliarle; ma che esso con l’aiuto del suo cavallo le habbi prese, & veramente vinte. Dà piacere al populo, alle donne, à gl’homini, benche severi; il veder la maestria, & bellezza d’un bon cavallo, ò nel correre ò nell’incontrare arditamente con la lanza un adversario, nel maneggiar di più sorti, nel passeggiar sciolto, & leggiero, vivace, & ordinamento. Et io per me non sono di parere, che tra tutti i spettacoli, quelli, che si sanno con i cavalli, così come sono li più magnifichi, & honorevoli, così anco siano li più dilettevoli; empiendo l’homo di diletto, & maraviglia. Del quale piacere come di cosa naturale all’homo, cercandone io la causa, mi sono indotto à credere, che per tre ragioni gl’homini habbiano tanto piacere dei cavalli; & la prima credo, che sia l’immitatione della quale più si dilettano gl’homini, che d’altra cosa. Il che si vede chiaramente nella poesia, & pittura, che sommamente dilettano ogn’homo benche rozzo, & severo; solo perche consisteno nella imitatione. Alla quale pare che l’homo naschi molto inclinato. Essendo adunque il cavallo animale molto docile, come di sotto si dirà nel suo luogho, & atto ad immitare ciò che li sia insegnato; l’homo se ne diletta molto, & sempre attende ad insegnarli cose, che li possino far honore, & recar diletto. La seconda cagione è che gl’homini si dilettano molto dell’ubidientia, essendo proprio di tutti, & molto più de’ nobili, di desiderare dominio, & maggioranza; [p. 14v modifica]& quanto più possono ubendientia. Da i quali desiderij sono nate le politiche, i governi, & al fine le tirannidi; & essendo il cavallo tra il fiero, & il domestico molto atto all’ubidientia, se sarà bene inteso, & à tempo pigliato par che l’homo se ne diletti assai per tale cagione. La terza causa è per la similitudine che ha con l’homo più, che altro animale in haver ingegno, memoria, amore, & molt’altre parti simili all’homo. Donde fu dato luogo alla favola del Centauro, che fingano esser nato da Centauro figliolo di Isione, il quale libidinosamente vogliono, che usasse con le cavalle de’ Magnesii sotto il ponte Pelio; volendosi sotto il velo della favola dimostrare la somiglianza tra cavallo, & l’homo; & per questo insegnarci, che naturalmente siamo inclinati ad amarlo; & lo debbiamo amare portandoci egli uniti con esso lui quasi un corpo istesso. Et però il Centauro è stato finto dal mezzo in giù cavallo, & dal mezzo in su homo. Il che dimostra anco, che la parte superiore del cavallo cioè l’intelligentia è ragionevole quasi simile à quella dell’homo, & che tiene soggetta la parte inferiore affatticandola com’essa vole. Ne è per questo da maravigliarsi della favola del congiungersi l’homo con la cavalla, dalla quale sia nato il figlio dal mezzo in su homo, & dal mezo in giù cavallo; atteso che ancora da una cavalla, secondo che vuol Plutarco, ne nacque Cena fanciulla. Ma lasciando le favole, Aristotile dice, che il cavallo ha molta similitudine con la natura dell’homo; & che è sottoposto quasi alle istesse passioni dell’animo, & del corpo, alle quali è sottoposto l’homo. Ma come che sia, non è dubbio però, che rechi piacer grande à gl’homini, con i quali ha così gran somiglianza. Et perche questo si tocca con mano, ne ha bisogno di prova alcuna, io non starò à perderci tempo; ma passerò oltra à cose più necessarie.