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DEL CAVALLARIZZO

ranza; & quanto più possono ubendientia. Da i quali desiderij sono nate le politiche, i governi, & al fine le tirannidi; & essendo il cavallo tra il fiero, & il domestico molto atto all’ubidientia, se sarà bene inteso, & à tempo pigliato par che l’homo se ne diletti assai per tale cagione. La terza causa è per la similitudine che ha con l’homo più, che altro animale in haver ingegno, memoria, amore, & molt’altre parti simili all’homo. Donde fu dato luogo alla favola del Centauro, che fingano esser nato da Centauro figliolo di Isione, il quale libidinosamente vogliono, che usasse con le cavalle de’ Magnesii sotto il ponte Pelio; volendosi sotto il velo della favola dimostrare la somiglianza tra cavallo, & l’homo; & per questo insegnarci, che naturalmente siamo inclinati ad amarlo; & lo debbiamo amare portandoci egli uniti con esso lui quasi un corpo istesso. Et però il Centauro è stato finto dal mezzo in giù cavallo, & dal mezzo in su homo. Il che dimostra anco, che la parte superiore del cavallo cioè l’intelligentia è ragionevole quasi simile à quella dell’homo, & che tiene soggetta la parte inferiore affatticandola com’essa vole. Ne è per questo da maravigliarsi della favola del congiungersi l’homo con la cavalla, dalla quale sia nato il figlio dal mezzo in su homo, & dal mezo in giù cavallo; atteso che ancora da una cavalla, secondo che vuol Plutarco, ne nacque Cena fanciulla. Ma lasciando le favole, Aristotile dice, che il cavallo ha molta similitudine con la natura dell’homo; & che è sottoposto quasi alle istesse passioni dell’animo, & del corpo, alle quali è sottoposto l’homo. Ma come che sia, non è dubbio però, che rechi piacer grande à gl’homini, con i quali ha così gran somiglianza. Et perche questo si tocca con mano, ne ha bisogno di prova alcuna, io non starò à perderci tempo; ma passerò oltra à cose più necessarie.


Cap. 6. Dell'intelletto, overo intelligentia del cavallo.


Quanto ingegno, & intelletto habbi il cavallo, & quanto s’ingannino quelli, che pensando, che poco, ò nulla ne habbi; poco lo stimano mi sforzerò di mostrare nel presente capitolo, & in altri luoghi, & anco, che l’intelleto, & la docilità del cavallo si possi dimostrare per molti chiari esempi, & antichi, & moderni, li quali io non intendo di andar raccogliendo d’un per uno, nondimeno con quelli pochi, ch’io ci addurrò, hora lo farò chiaro. Et cominciando con l’essempio di Sebariti populi & Cardiani, dico, che questi avezzavano di lor cavalli à danzare con certa misura, ordine, & numero di salti, al suono della tibia trombetta, over Zampogna che vogliamo dire, et l’introducevano dipoi nelli conviti, dove con certi gesti di ballare sopra i due piedi di dietro, con gesti in aria di quelli dinanzi, che à un certo modo, in questo caso, si possono chiamare mani, davano gran piacere à convitati; come vol Celio, & Athenio auttori gravissimi. Il che nondimeno fu dannoso alcune