Il capitano della Djumna/Parte prima/5. Il saniasso della Djumna
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5. IL SANIASSO DELLA DJUMNA
I bungalow dell'India, come si disse, sono case di campagna o meglio delle palazzine che hanno uno stile particolare, adattatissime alle necessità del clima e che non mancano d'una certa eleganza. Sono tutte ad un solo piano, il quale si alza su di un basamento di mattoni e sormontate da un tetto in forma piramidale, che difende molto bene le stanze dall'eccessivo calore del sole.
Tutto all'intorno gira una galleria chiamata varanga, sostenuta da eleganti colonne e riparata da stuoie di coccotiero, mentre le cucine e le scuderie si prolungano ai fianchi della costruzione principale, formando due ali. Le stanze sono tutte ampie, bene arieggiate ed ognuna ha annesso un gabinetto da bagno, usando gli abitanti immergersi al mattino e alla sera. Le mobilie invece sono poche, ma utilissime: qualche tavola, qualche cassettone di acajù, delle grandi sedie ad alti schienali, lunghe un metro per poter distendere comodamente le gambe, e vasti letti coperti da ampie zanzariere per difendersi dalle migliaia di zanzare che popolano le rive dei corsi d'acqua. Il bungalow di Garrovi era costruito come tutti gli altri, ma invece di essere tutto cinto da un giardino, la sua facciata si specchiava nelle acque del Gange, sicché il suo proprietario, dalla varanga, poteva dominare buon tratto di quell'immenso fiume.
Il presidente della «Young-India,» a cui nulla sfuggiva, prima d'appressarsi alla porta comandò a quattro dei suoi uomini di celarsi fra i cespugli che crescevano sulla riva, poi dispose gli altri intorno all'abitazione, per impedire qualsiasi tentativo di fuga da parte del traditore.
Ciò fatto si diresse verso la porta seguito da Punya, da Oliviero e dal vecchio marinaio e percosse un gong che stava sospeso ad una colonna della varanga. Un istante dopo, un servo del bungalow appariva sul pianerottolo della piccola gradinata di pietra.
— È in casa il tuo padrone? — gli chiese il presidente.
— Sì — rispose il servo inchinandosi.
— Introducimi da lui.
— Ma io ignoro chi tu sei.
— Il presidente della «Young-India».
Bastò il nome di quella potente e popolare associazione, perché la porta si aprisse interamente.
— Entra — disse il servo. — Vado ad avvertire il padrone.
— È inutile — rispose l'indiano, sollecitamente. — Guidaci da lui senza perdere tempo.
Preceduti dal servo, i tre uomini ed il giovanotto attraversarono un salotto ed entrarono in una stanza illuminata da una grande lampada, in mezzo alla quale, comodamente sdraiato su di un seggiolone di rotang, stava un uomo occupato ad aspirare il fumo profumato del guracco che bruciava entro una di quelle grandi pipe alte due piedi, di porcellana finissima e che vengono chiamate hukah.
Era un indiano di statura poco superiore alla media, ma magro come lo sono in generale quasi tutti gl'indostani. Le sue braccia nude, parevano bastoni coperti di cuoio, ma certe rigonfiature dimostravano come quell'individuo, pur essendo così esile, dovesse possedere una forza muscolare notevole. Il suo viso, dalla pelle d'un bronzo molto cupo senza riflessi, non aveva quei lineamenti così fini come si riscontrano nelle razze pure delle popolazioni dell'India. Aveva la fronte depressa, il naso un po' grosso, gli zigomi assai sporgenti, le labbra carnose ed i suoi occhi, di un nero profondo, avevano qualche cosa di feroce e di tetro.
Una larga cicatrice, che gli attraversava il volto dall'orecchio destro alla guancia sinistra, lo rendeva ancor meno simpatico.
Indossava però un ricchissimo dubgah di seta bianca fiorata con fiocchi e frange d'oro, il quale gli nascondeva il petto e le gambe, ed il suo cranio, accuratamente rasato e unto di recente d'olio di cocco profumato, era semicoperto da una pezzuola di seta rossa.
Vedendo entrare quegli sconosciuti, l'indiano si era alzato con un'agilità da felino ed i suoi sguardi si fissarono sul presidente e sui due europei con un'epressione di viva inquietudine.
— Cosa volete voi? — chies'egli, balzando in piedi. — Chi vi ha introdotti, senza farvi prima annunciare?
— Era inutile — disse il vecchio indiano. — Io sono il presidente della «Young-India».
— A quale onore devo la visita del capo della potente associazione?
— Ora lo saprai.
— Ma... cosa vogliono quegli europei?
— Sono miei amici.
— Io non li conosco — disse l'indiano, le cui inquietudini pareva che aumentassero.
— Non importa: ascoltami.
— Parla.
— Sei tu che ti chiami Garrovi?
— Sì.
Il presidente girò intorno gli sguardi ammirando i mobili di acajù, le cortine di seta delle finestre e la lampada dorata che pendeva dal soffitto, poi incrociando le braccia e fissando l'indiano che lo osservava stupito, disse con voce beffarda:
— L'antico membro dei poveri saniassi si è circondato d'un lusso principesco, a quanto pare? Hai fatto fortuna o hai trovato il tesoro del grande Mogollo, Garrovi?
L'indiano, udendo quelle parole, era diventato pallido, ossia grigiastro e un vago terrore si era manifestato sul suo viso.
— L'antico saniasso! — balbettò. — Io credo che tu t'inganni.
— Infatti, — proseguì il presidente con ironia marcata, — tu non hai più né la barba né i capelli lunghi ed incolti, né il viso imbrattato di fango e di terra colorata, né il bastone, né il vaso di rame come quei saccheggiatori insolenti che chiamansi saniassi, ma io non mi inganno, Garrovi. Tu sei l'ex-saniasso e vengo a chiederti cosa sia accaduto d'una grab sulla quale tu ti eri imbarcato.
— D'una grab! — esclamò Garrovi, fissando sul presidente due occhi terrorizzati. Poi facendo uno sforzo supremo, proruppe in uno scroscio di risa, dicendo:
— Ma di che grab parli tu?... Io non ho mai lasciato il Bengala, io non sono mai stato un saniasso e temo che tu prenda me, per chissà quale furfante che porta un nome simile al mio.
— Adunque tu non conosci la Djumna?
— La Djumna!... — esclamò il miserabile, con un tremito nella voce.
— Tu adunque non hai conosciuto Alì Middel? — continuò implacabile il presidente della «Young-India».
— Alì Middel!...
— E tu adunque non hai abbandonato quel disgraziato in mezzo al golfo del Bengala, dopo d'aver aperti i fianchi della grab?
Garrovi questa volta non fu capace di parlare: un terrore inesprimibile gli paralizzava la lingua. I suoi sguardi, smarriti, correvano dall'indiano a Oliviero, da Harry a Punya.
— E della cassa contenente le diecimila sterline, cosa ne hai tu fatto? — chiese il presidente. — Rispondi, nega ora, se tu l'osi!
A quest'ultima accusa, un orribile sogghigno contorse le labbra del miserabile e nei suoi occhi balenò un lampo sanguigno.
— Parla! — ripetè il presidente, avvicinandogli.
Garrovi non rispondeva: di passo in passo che faceva il capo della «Young-India indietreggiava, avvicinandosi alla porta che metteva sulla varanga.
— Parla, canaglia! — ripetè ancora il vecchio indiano.
— Eccoti la risposta!... — urlò ad un tratto l'ex-saniasso.
Con un rapido gesto aveva rialzato il dubgah ed aveva impugnata una lunga pistola. Un lampo balenò seguito da una detonazione, ma il capo della «Young-India» era rimasto in piedi, fra la nuvola di fuoco.
Oliviero si era lanciato innanzi colla sciabola sguainata, mentre Harry aveva rapidamente estratto il suo coltello da marinaio, ma Garrovi non li aveva attesi.
Con un balzo da tigre si era slanciato sulla varanga e superato il parapetto, era piombato nel fiume sottostante.
— Il miserabile!...
— È affar mio — gridò Harry.
Stava per balzare sopra il parapetto, quando il presidente della «Young-India», sfuggito miracolosamente alla morte per la troppa precipitazione dell'avversario, lo arrestò, dicendogli con voce tranquilla: — È inutile: lasciate fare ai miei uomini.
— Ma quel furfante fugge!...
— Non andrà lontano: guardate.
I quattro indiani che si tenevano nascosti fra i cespugli, scendevano allora rapidamente la riva, tenendo fra le labbra i loro pugnali. S'arrestarono un istante come per consigliarsi, poi si gettarono in acqua, due sopra il bungalow e gli altri cento metri più sotto, in modo da impedire al nuotatore ogni scampo. La luna che brillava in un cielo purissimo, permetteva di distinguere nettamente il corso dell'Hugly per un tratto di parecchi chilometri e gli uomini che davano la caccia al miserabile.
Il presidente, Oliviero, Harry e Punya, curvi sul parapetto, guardavano in mezzo al fiume, spiando la comparsa di Garrovi, mentre i loro uomini, introdottisi nel bungalow, impedivano ai servi di accorrere in aiuto del loro padrone.
I quattro nuotatori s'avanzavano mantenendo la distanza stabilita e di tratto in tratto si tuffavano, temendo forse che l'ex-saniasso fuggisse nuotando sottacqua.
Doveva però quell'uomo essere ben forte e ben abile, poiché un buon minuto era già trascorso senza che avesse fatto vedere a fior d'acqua l'estremità del suo naso.
Ad un tratto però, a trenta metri della riva, si vide apparire una macchia oscura, ma che subito scomparve.
— Ha fatto la sua provvista d'aria — disse Harry. — Il briccone è più abile d'un pescatore di perle del banco di Mànaar.
— Non temete — disse il vecchio indiano. — I miei uomini valgono quanto lui: guardate!
I quattro nuotatori, che si erano certamente accorti della comparsa di Garrovi, si erano pure tuffati, guizzando fra due acque.
Passò un altro minuto, poi in mezzo al fiume si vide riapparire la macchia oscura, forse il cranio di Garrovi, ma questa volta non s'immerse subito, poiché si videro sorgere pure altre quattro teste.
Un grido s'udì al largo, poi si videro dei corpi dibattersi a fìor d'acqua sollevando degli sprazzi di spuma, quindi echeggiò una voce limpida: — È nostro!...
— Ve lo avevo detto che l'avrebbero preso — disse il presidente della «Young-India», volgendosi verso Harry.
— Lo condurranno qui? — chiese Oliviero.
— Sì, signor tenente.
— Lo interrogheremo subito?
— Appena sarà giunto.
— Ma parlerà?
— Ormai non può negare di essere l'autore del tradimento: con quel colpo di pistola e colla fuga si è smascherato. D'altronde sa che noi indiani possediamo dei mezzi infallibili per far sciogliere le lingue.
— Non c'ingannerà?
— Lo avvertiremo prima, che rimarrà in nostra mano fino al giorno in cui saremo certi degli avvenimenti svoltisi nel golfo del Bengala.
— Eccoli che ritornano — disse Harry. — Il furfante mi sembra avvilito.
— Conducetelo sopra — gridò il presidente, vedendo i suoi uomini risalire la sponda, trascinando con loro l'ex-saniasso.