Il buon cuore - Anno XIV, n. 14 - 3 aprile 1915/Educazione ed Istruzione

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Il buon cuore - Anno XIV, n. 14 - 3 aprile 1915 Religione

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Il vero vincitore di Waterloo



In un suo vecchio discoro, l'Imperatore Guglielmo II, parlando delle guerre di liberazione e più specialmente della breve e decisiva campagna del 1815 ebbe a insisteere sulla parte importantissima avuta da Blücher e dai suoi soldati nella giornata di Waterloo e ha detto che soltanto l’opportuno arrivo dei Prussiani «aveva potuto salvare l’esercito inglese da certa distruzione.»

Queste parole ci porgono l’occasione di esaminare una questione abbastanza importante dal punto di vista della storia militare; chi, cioè, sia stato vero vincitore della memorabile battaglia; questione che nessuno perisavaa porre e probabilmente i’tes$1.1no pensava che:sarebbe Pasta, la seradellagiarnata del 18-giugno 18 rs, quando, davanti liance,i1Wellington e Bliicher «s’incontratklcinbui) sahttlir’onb scambievolmente. 37iiif1lcitYlPh514t8Mét(iff dgt2t4 nella iscrizione cominernorativaMiefsUleggioSntla facciata della storica casa.

Anzitutto non è inutile ricordare che così la-resistenza di Wellingtorceoiné l’intervento di Blücher, non furono uno di quei colpi nei quali il é4 sorte concorrono in niado che a mala pena si ’ricé a determinare la loro rispettiVa influenza. L’idea-ché comunemente si ha della battaglia di ’Waterlogiué,1 questa: che gli inglesi attateassero Napoleone e si battessero con lui’arrischiando tutto senza sa.pere con precisione e senza preoccuparsi se i loro alleati, i Prussiani, potessero venire in loro aiuto: Bliicher,

d’altra parte, si sarebbe slanciato a caso nella direzione nella quale il suo istinto strategico gli indicava che l’esercito inglese era impegnato, e finalmente sarebbe apparso in buon punto come un deus ex machina per decidere le sorti della giornata. Così sarebbero andate le cose secondo quello che ebbe poi a dire Napoleone; ma in realtà i due generali non si abbandonarono al puro caso, come generalmente si crede, bensì procedettero di comune accordo. Wellington non si decise ad accettare la battaglia di Waterloo se non perchè aveva, non la speranza, ma la certezza assoluta di essere energicamente appoggiato da Bliicher molto prima della fine della giornata. Uno storico non sospetta, il Clausewitz, c’informa ehre (tititfesti2 a’étortli"-fra.1 dtteL’-’generaliL" ~otto l31- sii gi6iiiity605fh Yíl ebtrigiíntLiirreldib 44k: glitikkliiiclfTieé&Phétla di Whiel-18~:5191§teSse; autore.(€1e9FL-bffiMilà.é qiiilnl’PigtAYM’naUVfNa~eilik.htag, iirlinkelidh fsit4Uttiéliat*Nectk112chiarrikit’Ma.’ AranaliAntiViiailef tiéNYnerale ingleie, diceVa che diarantéíì ’Omettigli’? «Wéllington si sarebbe ritiratfb’se avesse potittórnilo.» 3III”i’ Wellington invece, non L’Onsò n’èfrillietiO per 8 o a ritirarii;ià battaglia era iirtcominciata alle i.., rei e mezi2.,érinno di un’ora, &S O, Wellington iSc5t2Va giANdt’élleàalle alture allifglit-Saikt-Jean i Prussiani cir movevano da lontano verso iil, mpo éti begfli?. Mae 4 Napoleone. é roine - `rth doA Esh 1.,’R,Telle-’l’s. l’offensiva. assalend’c?’ i r-i ililt albi- del giorno, data larcfrgtanza d Sf égv iivaìvemticher,‘Meni2tift.ltljea AIE sftRe 1.1As2sa ig di sette od olio are teal Mom&itlf’délilla lèékg cà’ffa appariziakect dei" Prussiarii2 ((rf"Kenfelakséwitz — in questo spazio di temffirripegnare combattere e deciièteije una 1.)é?2 batta0’a - a Wie uguali; sicchè i’nessun agsl ira’ a teMe?W’cll’è Wellington potesse e.ere battuto prirnà dell’arrivo di Bliicher.»:;’bVif dunque senza dubbio una grande e coffi litalti la e ricca di conseguenze quella chP?14 lé? ani riportai-0n° sulle truppe raia.N ifi-e ~11815; ma in quell’episodi° 1MY %i lotfig t:ib/iii° noi non dobbiamo véll’02 vAll ’dr Wig

oA [p. 106 modifica]glioso e ancor meno di miracoloso come qualcuno ha voluto pretendere. Si tratta in fondo di un’azione molto ben combinata e molto bene eseguita. Le sorti della campagna si potevano dire già decise, quando, dopo la battaglia di Ligny (i6 giugno). Napoleone, battuto Bliicher, si lusingò di non aver più nulla a temere da lui, ingannandosi, così, a partito intorno al temperamento e al carattere del «vecchio ussaro» che indubbiamente fu il più audace ed infaticabile dei suoi avversari. Una sola probabilità di vittoria decisiva rimaneva a Napoleone dopo Ligny: inseguire i Prussiani battuti, mettendoli nella impossibilità di riprendere l’offensiva; in tale caso Wellington non avrebbe osato assalire le truppe di Napoleone, giacchè non si sarebbe sentito abbastanza forte per affrontarle. Se noi ci domandiamo, dunque, a"chi sopratutto si debba la decisione della campagna del 1815 nel Belgio, non possiamo esitare a dire che essa si deve ai Prussiani, o meglio al loro generale, alla sua indomabile energia, e alla sua meravigliosa attività. Ma quanto alla battaglia di Watterloo, la risposta non è così facile. Il vecchio Bliicher è indubbiamente ammirabile quando, un giorno dopo essere stato battuto a I,igny, e dopo -essere stato calpestato in quella giornata dai cavalli francesi, corre lungo il fianco delle sue colonne dirette verso Mont-SaintJean e le incoraggia a far presto, gridando: (( Ragazzi, non vorrete ch’io manchi di parola!». Ma non meno ammirabile è Wellington quando, vedendo le sue truppe incalzate da ogni parte dagli assalti della cavalleria e dal fuoco dell’artiglieria francese, risponde a Lord Hill, che gli domanda quali sieno le sue istruzioni nel caso in cui dovesse essere colpito a morte. (( Resistere fino all’ultimo uomo!». Se dopo la battaglia di Ligny i Prussiani fossero fuggiti verso il Reno, evidentemente la battaglia di Watterloo non sarebbe accaduta, giacchè Wellington avrebbe rinunziato a battersi contro le truppe di Napoleone; ma dal momento che il generale inglese sapeva (li poter contare sull’appoggio di Bliicher, la sorte di Napoleone era inevitabilmente decisa, e la sua perdita non era che una questione di ore. D’altra parte, quest’ultima considerazione ci, mette fòrse sulla via della soluzione cercata; infatti, affinchè l’arrivo di Bliicher producesse l’effetto dovuto, bisognava che Wellington resistesse; questa non era una cosa nè così difficile nè così straordinaria, come qualcuno potrebbe immaginarlo, tanto più che dalla parte di Mont-Saint-Jean, Napoleone non aveva che 45.000 uomini da opporre a 70.000 inglesi; ma la resistenza di Wellington era senza dubbio la condizione prima ed essenziale, la condizione sine qua non per ottenere la vittoria. Sicchèse Inglesi e Tedeschi, invece di dividere gli allori della memorabile giornata, vogliono ostinarsi a pesare su una bilancia di. precisione la loro parte rispettiva di gloria, si può dire che la bilancia pende, benchè lievemente, dalla parte di Wellington.