Il buon cuore - Anno XI, n. 33 - 17 agosto 1912/Religione

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Beneficenza Educazione ed Istruzione

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Vangelo della domenica dodicesima dopo Pentecoste


Testo del Vangelo.

Diceva il Signore Gesù ai suoi discepoli: Io vi dico che, se la giustizia vostra non sarà più perfetta di quella dei Scribi e dei Farisei, non entrerete nel regno dei cieli. Avete sentito, ch’è stato detto agli antichi: Non ammazzare; e chiunque avrà ammazzato, sarà reo in giudizio. Ma io vi dico, che chiunque si adirerà contro del suo fratello, sarà reo in giudizio. E chi avrà detto al suo fratello raca, sarà reo nel consesso. E chi avrà detto stolto, sarà reo del fuoco della gehenna. Se adunque tu stai per fare l’offerta all’altare, e ivi ti viene in mente che il tuo fratello ha qualche cosa contro di te, posa lì la tua offerta davanti all’altare, e va [p. 259 modifica]a riconciliarti prima col tuo fratello, e poi ritorna a fare la tua offerta.

S. MATTEO, cap. 5.


Pensieri.

Vivendo in Società, facendo gli uni vicino agli altri il nostro viaggio, avviene che si resti offesi e si offenda. Come comportarci in queste contingenze? La risposta l’abbiamo nel Vangelo odierno.

Osserviamo, dapprima, che, quando siamo offesi, proviamo un risentimento, un bisogno di allontanare da noi la causa della nostra angustia, di sopprimerla: è un istinto, comune agli animali e agli uomini; è l’ira....

Ma altro è l’ira dell’animale, altro è quella dell’uomo, nel quale, all’istinto, s’unisce l’idea del disprezzo, dell’avvilimento per la persona che offende. E questa parte intellettuale è peccato.

La legge ebraica, proibiva che l’istinto, il desiderio di sopprimere l’offensore s’attuasse. E questa proibizione, era già qualche cosa; ma non adeguava la legge morale, e Cristo non se ne poteva contentare.

Egli non solo approva la proibizione della legge, ma, logicamente, non volendo l’effetto, non vuole nemmeno la causa che lo produce.

Si deve dunque reagire contro il sentimento che toglie internamente, quello che non si toglie esteriormente....

Meditiamo bene la richiesta del Maestro, la sua esigenza morale: rientriamo in noi stessi e vediamo fin dove è necessario spingere la riforma, la purificazione interiore, per rispondere alla nostra vocazione cristiana.

Ma c’è di più. Quando siamo irati, noi diciamo sciocco, noi diciamo stolto (nel linguaggio ebraico vale empio) al nostro fratello e lo offendiamo, così, lo menomiamo intellettualmente e moralmente, fosse l’uomo più sapiente e più santo del mondo. (S’intende che c’è peccato in queste nostre espressioni, quando noi giudichiamo ingiustamente con ira, per sentimento di vendetta; non quando, oggettivamente, riconosciamo che uno è stupido, empio, come, altrimenti, asseriamo che uno è zoppo, l’altro cieco, un terzo sordo).

Questi, dice Cristo, sono rei della gehenna, del tribunale, del giudizio!

Deduciamo che noi non dobbiamo giudicare mai quando siamo irati, perchè, sicuramente, giudicheremmo male....

Salviamoci da noi stessi: nei momenti di commovimento interno, di passione, sospendiamo il giudizio, mettiamoci in calma.... Nella luce della ricuperata serenità, le cose appariranno nel loro oggettivo aspetto, e ben diverse da quello di cui le coloriva la nostra passione....

Quanto male sparirebbe dal mondo, se ognuno di noi, sapesse porre un freno ai propri istinti eccitati, e riuscisse a dominarli!...

Quando uno aveva offeso il suo prossimo, bastava, secondo la legge ebraica, che offrisse un sacrifizio al tempio, così tutto era finito, e si restava in pace con Dio.

Ma il sacrificio non ha valore (ed era questa la grande ignoranza degli Ebrei), il sacrificio non ha valore, se non è accompagnato dal pentimento, dalla riparazione.

Se il tuo fratello ha qualche cosa contro di te, e tu stai facendo l’offerta, lascia l’offerta, e conciliati prima col tuo fratello.

Sì, se noi abbiamo offeso il nostro prossimo, dobbiamo fare le nostre scuse, avanti tutto, se no, nè sacramenti, nè rosari, non ci giustificheranno davanti a Dio.

Se, contro la verità, una persona si ritenesse offesa da noi, non è dovere di giustizia, ma è carità, dare quella spiegazione, dire quella parola che può far capire l’equivoco, e togliere un cruccio al nostro prossimo....

Se dobbiamo vivere con persone malate, afflitte dalla mania di persecuzione, che prendono tutto alla rovescia.... abbiamo pazienza, serbiamo il silenzio.... offriamo la nostra pena a Dio come espiazione di offese recate ai nostri fratelli e non riparate.