Il buon cuore - Anno XI, n. 03 - 20 gennaio 1912/Religione

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Beneficenza Società Amici del bene

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Vangelo della domenica terza dopo l’Epifania


Testo del Vangelo.

In quel tempo andò il Signore Gesù di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva convertito l’acqua in vino. Ed eravi un certo Regolo in Cafarnao, il quale aveva un figliuolo ammalato. E avendo questi sentito dire che Gesù era venuto dalla Giudea nella Galilea, andò da lui, e lo pregava che volesse andare a guarire il suo figliuolo che era moribondo. Dissegli adunque Gesù: Voi se non vedete miracoli e prodigi non credete. Risposegli il Regolo: Vieni, Signore, prima che il mio figliuolo si muoia. E Gesù gli disse: Va, il tuo figliuolo vive. Quegli prestò fede alle parole dettegli da Gesù, e si partì. E quando era già verso casa, gli corsero incontro i servi, e gli diedero nuova come il suo figliuolo nivea.. Domandò pertanto ad essi, in che ora avesse cominciato a star meglio. E quegli risposero: Ieri, all’ora settima, lasciollo la febbre. Riconobbe per ciò il padre che quella era la stessa ora, in cui Gesù gli aveva detto: il tuo figliuolo vive: e credette egli e tutta la sua casa. Questo fu il secondo miracolo che fece di nuovo Gesù, dopo che fu ritornato dalla Giudea nella Galilea.

S. GIOVANNI, Cap. 4.


Pensieri.

No, no quella del buon Regolo non era una fede. Egli, avvicinando Gesù, è quasi investito da una luce e grazia superiore. Prega Gesù venga a salvargli il figlio. È mosso dal bisogno del suo cuore paterno a domandare l’opera di Gesù, ma in lui il buon Regolo ha già tutta la fede. Non gli si sarebbe avvicinato se non avesse avuto la fede.

Sente e precede il frutto della fede, e questa speranza fa sì che egli la manifesti in un modo tanto vivace e premuroso, ma si rileva troppo facile dal contesto e dalla lettura del brano evangelico che in Cristo taumaturgo — essere privilegiato, adorno della potenza divina — egli avesse fede. L’avrebbe guarito dietro l’insistenze e l’ansie sue paterne, ma a Cristo egli credeva forte, e da tempo. Aveva già sentito troppo meraviglie, visto tanto bene che con facilità il suo intelletto s’era piegato alla fede di Cristo. Dalla fede osava sperare, e dalla fortissima speranza con cui dimandava il miracolo ci è lecito conchiudere alla altissima fede ch’egli mostrava in Gesù, non certo un confuso nella folla umana, ma un essere superiore, divino. Tanto è vero che — senza troppo presumere — gli si fa vicino e gli chiede senz’altro gli guarisca il figlio. Non domanda una visita, un consiglio, una norma da seguire: vuole la guarigione da lui... Sa che Cristo lo può.

Ho detto che il buon Regolo aveva la fede, non una fede: giacchè una fede — il bisogno del credere — non è possibile si sottragga all’uomo. Anche senza la fede nel senso cristiano l’uomo ha bisogno di credere, di spiegarsi colla fede una lunga serie di fatti, misteri anche naturali che il suo intelletto e la sua scienza non si sanno spiegare. Siamo davanti all’incognoscibile, innanzi al quale lo Spencer s’inchina e non osa. Dubita. Qui pure c’è — come in tutti — una fede in un non so che di nebuloso, d’oscuro, di misterioso.

No! il Regolo sa cosa deve credere. Crede in Cristo. E quando Gesù lamenta che s’aprono gli occhi solo davanti ai prodigi, il Regolo che gli crede innanzi tempo a quanto sta per fare, non si cura di rispondere, solo fa premura perchè gli salvi il figlio. Toccherà agli altri che sono d’attorno a Cristo a rispondere al lamento. Il Regolo crede ed alla fede — a cui tutto è promesso, a cui nulla si nega anche il trasferire i monti — alla sua fede in Cristo domanda la guarigione del figlio.

S’unisce e si fonde in un’armonia sublime l’amor [p. 23 modifica] del credente e l’amor del padre nella stretta angosciosa del pericolo famigliare. Ha creduto forte, ha osato tanto... interamente credeva, tutto egli domandava!...

Non è difficile — dopo venti secoli di glorie, miracoli di virtù, prodigi di scienza, storie di lotte gloriose e sante — chinare il capo davanti a Cristo e lodarsi d’essere figli della cattolica chiesa. Roma ha — per Cristo — una voce potente, una suggestione misteriosa, riverbera troppa luce sui figli devoti perchè questi abbiano difficoltà a chinarsi innanzi al suo magistero sublime. Ma....

Non è difficile neppure anche al credente oggi mancare di fede. Meglio: non è difficile trovare chi questo tesoro occulta, nasconde, piega alle contingenze della società, agli usi e costumi del secolo, ai postulati del sapere orgoglioso e petulante.

Si crede. Protestiamo contro chi ci nega in tutto od in parte l’appellativo di cristiano, cattolico, romano anche. Ma siamo pronti a lamentare il rigore, l’inflessibilità del dogma....

Nella sostanza il dogma sta: oggi lo si vuol meglio interpretare col pretesto filosofico, colla mentalità di oggi....

Insorgiamo contro i nemici della Chiesa: lamentiamo le sue sagge disposizioni, le critichiamo, si capisce, colla formola parlando umanamente.... Lamentiamo una società che si corrompe, si sgretola.

Chiudiamo un’occhio, due anche su teorie moderne, l’assiste.

Il caso pietoso d’una famiglia, di due caratteri irreconciliabili che richiede — noi siamo del parere — un ordinamento di famiglia col divorzio non colla riforma degli individui: i capricci d’una signorina, le velleità incomposte li compatiamo collo spirito moderno, coll’audacie balde del femminismo... le mollezze, la moda libera che arieggia lo scollacciato sono i diritti della civiltà, dell’eleganza, della situazione, dello spirito nuovo, sono... l’igiene!

Contro la Chiesa, la morale oh! no, no, mai, mai! Sul tavolino da lavoro, nel salotto, sul comodino c’è l’autore geniale, il cultore dell’arte, il poeta fascinante, altre volte pornografico ed immondo, più pericoloso della caricatura, del grottesco, dello spudorato che fa pompa di sè sul tavolo del taverniere soffocato tra le tazze degli avvinazzati ed il fumo acre dei fumatori!...

Crediamo a Cristo e ci scandalizza la povertà, la miseria, il sacrificio, il dolore... Crediamo a Cristo e crediamo ancora di spegnere il dolore, di lenire il sacrificio, togliere la povertà e la miseria solo coll’opera nostra gretta, piccina, umana, solo coll’accorrere ad un ballo, col partecipare ad una festa di beneficenza, col lasciar cadere dal cocchio dorato, dall’automobile che vola veloce, un soldo in una mano che si leva scarna ad implorare la pietà di Cristo al... fratello!

È fede? È la fede dei Santi? che creò i martiri?

Non è forse la nostra una fede, ben diversa da quella che è la fede di Cristo?

R. B.

Donna Maria Greppi Padulli

Stava per compiere lietamente l’ottantesimo anno ed era il perno degli affetti famigliari, quando veniva rapita da una breve ma inesorabile malattia.

Nel pensare al dolore dei figli che devotamente circondavano la venerata gentildonna, ci ritorna sulle labbra e sulla penna un lamento: «La madre non dovrebbe mai morire!». Il lamento è profondo anche stavolta, perchè trattasi di una madre che fu educatrice esemplare, e fu altamente buona con tutti, e sommamente, dolcemente caritatevole. Modesta e pia pur nel distinto posto che teneva per nobiltà di lignaggio, per censo e per la distinzione della figliolanza, specie dell’onorevole Emanuele, dapprima deputato ed ora sindaco di ili coll’esercizio Milano, Ella sapeva confortare gli di quella dote che di tutte è la più grande ed efficace nella vita sociale, una bontà innata, profonda tanto, da suscitare nell’ambiente famigliare, nei dipendenti, negli sventurati, i migliori sentimenti di tenerezza, di riconoscenza, di ammirazione.

Sollecita per tutte le opere buone, Donna, Maria non lasciava mancare mai il suo appoggio a nessuna intrapresa di carità ed allietava sempre di sua presenza anche le fiere tendenti a scopi altamente benefici. Ci sembra di rivederla ancora in uno di quei momenti nei quali noi ci permettevamo di salutarla scherzosamente con questa frase: «Ecco la degna madre dei malfattori di via S. Antonio, n. 12!». Ella sorrideva e rispondeva dolcemente: «Si fa quel poco che si può» — e si compiaceva dello scherzo nel quale vedeva riconosciuta, oltrechè la bontà di Lei, quella de’ figli suoi e de’ suoi congiunti.

La memoria di Donna Maria Greppi Padulli rimarrà in venerazione.

A. M. Cornelio.

Enciclopedia dei ragazzi

È uscita la 37.a dispensa.


Contiene:
LA CANAPA E LA FUNE — LA DECORAZIONE DELLE CHIESE ROMANICHE — LA NATIVITÀ DI GESÙ — ANIMALETTI STRISCIANTI OD ARRAMPICANTI — PERCHÈ LE FABBRICHE HANNO COSI ALTI CAMINI? — I PIÙ PICCOLI STATI E GLI AVAMPOSTI D’EUROPA LA GIOVINETTA MARTIRE — COME IL MOVIMENTO MUTA LA MATERIA — IL GIRO DEL MONDO IN OTTANTA GIORNI LA FORESTA DI NERVI CHE STA NEL NOSTRO CORPO — IL SECENTISMO E IL SUO PRINCIPALE RAPPRESENTANTE — LE LEZIONI DI MUSICA E DI FRANCESE — NOVELLE, POESIE, PASSATEMPI, ECC.

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