Il buon cuore - Anno X, n. 39 - 23 settembre 1911/Religione

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Vangelo della domenica quarta dopo la Decollazione


Testo del Vangelo.

In quel tempo vedendo il Signore Gesù lungo la strada una pianta di fico, si accostò ad essa, e non vi trovò altro che foglie, e le disse: non nasca mai più da te frutto in eterno. E subito il fico si disseccò. Avendo ciò veduto i discepoli, ne restarono ammirati, e dicevano: Come si è disseccato in un attimo? Ma Gesù rispose, e disse loro: In verità vi dico, che se avrete fede, e non vacillerete, farete non solo quel che è stato di questo fico: ma quand’anche diciate a questo monte: levati e gettati in mare sarà fatto. E ogni qualunque cosa che domanderete nell’orazione credendo, la otterrete.

S. MATTEO, cap. 21.


Pensieri.

Gesù, tornando da Betania a Gerusalemme, vide una pianta di fico ricca di foglie; vi cercò i frutti, non ne trovò e maledì l’albero che all’istante inaridì.

Questo si legge nel Vangelo che oggi la Chiesa propone alla nostra meditazione.

Meditiamo diligentemente la parola sacra, per trarne profitto e vantaggio spirituale.

Che produciamo noi, foglie o frutti? Siamo virtuosi o della virtù non abbiamo che le apparenze? Non riflettiamo che, con l’ipocrisia, si possono ingannare gli uomini, ma non si può ingannare Iddio?

E che Dio scruta nel profondo, giudica nell’intimo, pronunzia il suo verdetto sulle più nascoste contenzioni che inspirano gli atti umani?

A questo esame quali fra le nostre buone azioni rimangono tali?

Ed ora ramentiamo un’altra grave parola: a chi più sarà dato più sarà domandato e ricordiamo, tremando, i doni infiniti di Dio.

Di questi doni che abbiam fatto noi? Che ne facciamo? Come usiamo della nostra salute, della nostra cultura, della nostra agiatezza? E delle grazie divine, di quei misteri di misericordia, che noi solo sappiamo, che frutto rendiamo? E quando la voce santa del mandato da Dio risuonava vicino a noi, che conto ne abbiamo fatto? Siam stati fra quelli che han detto: Il Signore ci ha mandato il suo profeta; o fra coloro che han chiamata folle la parola di verità e degno di morte chi la pronunziava? O si potrebbe dire su noi un altra austera parola del Vangelo, che risuonò già sulle labbra divine di Cristo: se in Tiro e in Sedone fosser stati fatti i prodigi operati davanti a questo popolo esse farebber già penitenza nel sacco e nella cenere!?.. Oh, mio Signore, apri i nostri occhi, perchè noi si conosca il vero in tempo opportuno per poter riparare tutti i nostri errori, tutte le nostre colpe! [p. 307 modifica]

Noi siam povere piante infruttifere, che stentiamo a vivere un po’ di vita spirituale e teniamo alla nostra miseria veste di foglie e i veri pastori delle anime non cessan dal venire a noi in cerca di frutti.... Essi pregano, soffrono, e nella preghiera e nella sofferenza nutrono e tengon viva la loro speranza, la loro fede nel nostro ravvedimento, nella nostra conversione. È una cosa mirabile cotesta, cosa che commuove e insieme sprona, incita a fare ogni sforzo per non lasciar senza corona tanto entusiasmo di bene e di fede.

Rammento l’ardore con cui un santo uomo del Signore parlava della sua sicurezza nel ritorno degli spiriti a Cristo.

Questa vita che ringiovanito me, la mia fede, deve operare anche nelle altre anime, opererà in esse certamente....

Penso che tutti i santi son vissuti con questa grande visione di bene, ma penso anche che tanti son morti con essa.... È triste: eppure le infinite speranze e le ineffabili delusioni son la parte dei grandi.... Che almeno coloro che han sentito passar sul loro spirito il soffio della santità e della grandezza s’affrettino, s’affannino, se non a compiere quella speranza, almeno a non aumentare quella delusione, che è il martirio dei santi.