Il buon cuore - Anno X, n. 36 - 2 settembre 1911/Beneficenza

Beneficenza

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Il buon cuore - Anno X, n. 36 - 2 settembre 1911 Religione

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Il secondo Congresso degli italiani all’estero


Relazione dell’ITALICA GENS


(Continuazione, vedi n. 34).


Un serio esame ha pure fatto il Congresso, dell’ordinamento delle rappresentanze diplomatiche e consolari nei riguardi della funzione di tutela che spetta loro esercitare; le deficienze che sono state rilevate si riferiscono specialmente alla insufficienza numerica dei funzionari: colla grande emigrazione nostra, collo spostamento continuo e considerevole delle nostre popolazioni emigranti, occorre si istituisca un certo numero di nuovi consolati, specialmente nelle due Americhe e soprattutto nei nuclei agricoli che vanno formandosi lontani dai centri già esistenti.

Si è riconosciuta anche la necessità di inviare consoli di carriera in tante colonie dove non può spiegare azione adeguata un console onorario, e di far sì che il personale impiegato nei Regi Consolati sia esclusivamente italiano.

Il tema dell’assistenza degli operai italiani all’estero è stato trattato in alcuni dei suoi aspetti importanti, fra i quali primo quello di accordi internazionali da promuoversi a tale scopo; accordi che dovrebbero tornare a vantaggio comune dei paesi di emigrazione e di immigrazione e che vorrebbero pure, come principio fondamentale, la eguaglianza degli operai stranieri e dei loro aventi causa con gli operai nazionali in tutti i rapporti giuridici, la parità di trattamento per quanto riguarda libertà di movimento, di organizzazione, di godimento dei benefici della legislazione sociale. Fu discussa con particolare cura l’assistenza degli emigrati e delle donne italiane in Europa. Per l’emigrazione transoceanica si toccarono più specialmente gli argomenti della tutela delle rimesse e dei risparmi degli italiani e l’assistenza legale ai nostri operai negli Stati Uniti del Nord America: quest’ultima è infatti una delle forme di tutela che in quel continente da qualche anno più si sono rese necessarie; ad essa provvedono già in parte gli uffici legali colà istituiti dal nostro Governo ed è specialmente coll’incremento e con le opportune modificazioni nel funzionamento dei medesimi che si crede possa esplicarsi nel miglior modo quella forma di tutela.

I due argomenti che a parer nostro offrivano un interesse speciale, erano il problema della scuola italiana all’estero e quello della cittadinanza dei nostri emigrati, per la evidente importanza decisiva di fronte ai nostri destini nazionali, e molto più perchè al riguardo di essi si attendeva, con certa ansia, di poter trarre presagi da un indice importantissimo, quale l’orientamento di idee e di sentimenti che i rappresentanti delle collettività italiane all’estero avrebbero spiegato.

La questione della scuola inquadrata nel tema più comprensivo dei mezzi più adatti alla diffusione della cultura italiana, di cui essa è il nucleo sostanziale, è stata esaminata singolarmente pei vari paesi dove più specialmente è diretta la nostra espansione coloniale, cioè per il Levante e per le due Americhe.

Veniamo a queste ultime che ci interessano più direttamente: crediamo utile dare uno sguardo alle due relazioni fatta con studio e competenza, le quali mettono in vista una situazione corrispondente a quella che noi abbiamo constatata e più volte indicata.

Il prof. Carlo Parlagreco, relatore per l’America Latina, prima di venire ad esaminare l’azione che svolge la scuola italiana nel Sud America, constata la scarsa situazione ivi occupata dalla cultura e dalla lingua italiana, in considerazione della proporzione numerica che la gente emigrata dall’Italia vi rappresenta nel totale della popolazione, e dimostra come questa nostra [p. 282 modifica]espansione intellettuale, mancata fino ad ora per l’ignoranza predominante nelle nostre masse emigrate, troppo trascurate dalla patria, sia dovere, d’ora innanzi, propugnare con ogni forza: tutti ormai riconoscono quanta vitalità, quanto genio, quanta energia potenziale di civiltà sia in quei milioni di italiani, purtroppo talvolta giudicati con disprezzo in base alle apparenze del momento; ed è necessario che essi siano il punto d’appoggio della espansione intellettuale della nostra nazione, espansione che non potrebbe trovare ambiente più adatto dell’America Latina.

Il relatore dice che grande influenza a questo scopo possono esercitare la visita di uomini illustri, di buone compagnie teatrali, tutto ciò che è manifestazione di intelligenza e di capacità, ma afferma che «il nerbo principale di un’azione organica e cosciente dovrebbe esercitarsi anzitutto nella scuola», e non si nasconde che il cammino da percorrere per giungere ad un minimum di risultati soddisfacenti è irto di tali e tante difficoltà da spaventare i più volonterosi e i più audaci, disposti a dedicare a quest’impresa tempo, intelligenza ed energie.

Egli espone le cifre statistiche dell’annuario delle scuole italiane all’estero pubblicato nel 1910 dal R. Ministero degli Esteri, secondo le quali 24.357 alunni frequenterebbero scuole in cui si fa insegnamento italiano nell’America del sud: di queste scuole 283 sono laiche, 89 da Salesiani, 23 da altri istituti religiosi. E riferendosi a quelle statistiche egli commenta così:

«La semplice lettura delle cifre di questo documento di fonte ufficiale ci fa conoscere che il lavoro organico più completo per la fondazione di scuole e di collegi all’estero lo hanno fatto i Salesiani che hanno steso ovunque una ramificazione equilibrata del loro istituto, e che non si sono arrestati innanzi a nessuna difficoltà e a nessuna preoccupazione per pericoli di clima, di ostilità locali e di epidemie; e le loro scuole metterebbero l’istituto di Don Bosco in prima linea se numericamente non le avessero lasciate indietro le 230 scuole laiche fondate dalle diverse collettività italiane, dai maestri agenti e da privati cittadini nel Brasile.

«Le scuole confessionali godono per lo più un’ascendente notevole sulle classi dirigenti dei diversi paesi, perchè sono le sole che hanno qualche scuola secondaria e degli istituti di arti e mestieri largamente favoriti e sussidiati dai Governi locali e frequentati dalle popolazioni indigene, perchè, diciamolo francamente, molto bene organizzati ed amministrati.

«Le scuole laiche sorte o per opera dei diversi sodalizii italiani sparsi nelle colonie, o per iniziative di cittadini privati desiderosi di farsene un mezzo di sussistenza, o per sforzi di maestri agenti e di società sorte col fine esclusivo dí favorire la coltura italiana, o per soggestione e incoraggiamento del Consiglio Centrale e di qualche comitato della Dante Alighieri, sono lontane, disgraziatamente, dal, rappresentare una media soddisfacente di risultati intellettuali e morali, quali sono desiderati dagli italiani d’Italia e dalle stesse colonie.

«Questo non vuol dire che manchino delle scuole italiane buone nell’America latina, e che non ve ne siano delle utilissime anche tra le mediocri e tra le cattive; tutto sta a tener nel debito conto il valore della loro azione negli ambienti in cui sorgono.

A Buenos Ayres e a San Paolo, per esempio, nei due centri principali di colonizzazione italiana, si trovano delle buone scuole: ma esse non possono resistere alla concorrenza delle ’scuole indigene, che sono superiori in qualità e in numero e che hanno mezzi e materiali che le nostre più floride non hanno potuto mai conseguire».

(Continua).

R. Venerosi.