Il buon cuore - Anno X, n. 35 - 26 agosto 1911/Religione

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Beneficenza Educazione ed Istruzione

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Vangelo della dodicesima domenica dopo Pentecoste



Testo del Vangelo.

Diceva il Signore Gesù ai suoi discepoli; Io vi dico, che, se la giustizia vostra non sarà più perfetta di quella dei Scribi e dei Farisei, non entrerete nel regno dei cieli. Avete sentito, ch’è stato detto agli antichi: Non ammazzare; e chiunque avrà ammazzato; sarà reo in giudizio. Ma io vi dico, che chiunque si adirerà contro del suo fratello, sarà reo in giudizio. E chi avrà detto al suo fratello raca, sarà reo nel consesso. E chi avrà detto stolto, sarà reo del fuoco della gehenna. Se adunque tu stai per fare l’offerta all’altare, e ivi ti viene in mente che il tuo fratello ha qualche cosa contro di te, posa lì la tua offerta davanti all’altare, e va a riconciliarti prima col tuo fratello, e poi ritorna a fare la tua offerta.

S. MATTEO, cap. 5.


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Pensieri.

«Se la vostra giustizia non sarà maggiore a quella degli Scribi e dei Farisei non entrerete nel regno dei Cieli».

La sapienza divina ha detto una parola grande per i credenti di tutti i secoli!

La giustizia che apre le porte de’ Cieli non è quella degli Scribi e dei Farisei, di coloro che della religione han fatto una rete di precetti, di osservanze esteriori, traendone vantaggi, facendosene un comodo sgabello per elevarsi davanti alla moltitudine. Ben altra cosa intendeva per giustizia Gesù e lo dice, pur sapendo d’incontrare, per ciò, odii mortali, di svegliare passioni mal celate, di suscitare repressioni crudeli.

Ma Gesù usa tutta la libertà del Figlio di Dio, non inceppata per nulla nemmeno dal timore di ciò che possono gli uomini, e parla la parola severa che doveva suonare rimprovero solenne ai più riveriti e ossequiati fra gli Ebrei.

Gesù è il nostro maestro, la via per andare al Padre: la sua vita è il nostro esemplare: lo seguiamo noi, come l’han seguito e lo seguono gli apostoli, i martiri, quando siam nella contingenza di perder tutto per amore della verità?

«Quel che mi desti a fare l’ho fatto, Padre».

Questa parola di Gesù che il Vangelo ci ha conservato, quanti fra i cristiani la posson ripetere? E che missione ci dà il Padre, che non sia missione di carità, di verità?

I quattro versetti evangelici che oggi meditiamo chiedono una pienezza di moralità sconosciuta agli antichi, quasi incomprensibile ai contemporanei di Gesù, che dalle loro guide spirituali (quali guide!) non si sentivano predicare che la necessità di atti esterni di culto e inculcare che osservanze legali.

La predicazione di Gesù suonava vera inversione di valore, quasi parola empia e rivoluzionaria. Così è salutato sempre nel mondo l’apparire della verità! Così, anche coloro che credono servirla, cominciano con il contrastarla e combatterla: pare fatale che sia così! Che almeno nel dibattito, non si nascondano passioni indegne, interessi volgari: che chi vede di più e chi vede di meno abbiano almeno uguale amore nel cuore ed uguale desiderio di bene!

Oh, lo spettacolo orrendo alle anime non è la discordanza d’opinioni, l’inevitabile cozzo del pensiero degli uni con quello degli altri; ciò che turba è la malvagità, l’insidia, la mancanza di carità....

Chi può dire se al cuore di Gesù fu strazio più crudo la morte o le nere mene de’ nemici suoi?

«Se stai per fare l’offerta all’altare e ti viene alla memoria che il tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia l’offerta e riconciliati prima con il tuo fratello».

Una parola breve: davanti al precetto profondo di amore e alla nostra insufficiente attuazione, che altro possiam fare se non umiliarci e implorare pietà?

Misuriam bene quanto siam lungi dall’attuare il comando di Gesù e, prima di riaccostarci all’altare, facciam frutti degni di penitenza, riaccendiamo nel cuor nostro il più puro, più vivo amore per ognuno dei nostri fratelli.