Il buon cuore - Anno X, n. 18 - 29 aprile 1911/Religione

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Beneficenza Educazione ed Istruzione

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Vangelo della seconda domenica dopo Pasqua



Testo del Vangelo.

Giovanni vide Gesù, che venivagli incontro, e disse: Ecco l’Agnello di Dio: ecco colui che toglie i peccati del mondo. Questo è colui, del quale ho detto: Dopo di me, viene uno, che è da più di me, perché era prima di me. E io nol conosceva; ma affinché egli fosse riconosciuto in Israele, per questo io sono venuto a battezzare nell’acqua. E Giovanni rendette testimonianza dicendo: Ho veduto lo spirito scendere dal cielo in forma di colomba, e si fermò sopra di lui. E io nol conosceva; ma chi mandommi a battezzare nell’acqua, mi disse: Colui sopra del quale vedrai discendere e fermarsi lo Spirito, quegli è colui che battezza nello Spirito Santo. E io ho veduto: e ho attestato com’egli è il Figliuolo di Dio.

S. GIOVANNI, Cap. 1.


Pensieri.

Ecco l’agnello di Dio!

Ecco una vittima, una vittima santa e grande, santa perchè grande e grande perchè santa!

E, si potrebbe aggiungere, vittima, appunto in conseguenza della grandezza e della santità sua!

Come mai? Non contrasta l’idea di vittima con quella di bontà, di virtù, soprattutto di bontà e di virtù eccezionali?

Sì, un contrasto c’è, se ci appelliamo al giudizio della nostra coscienza; ma la cosa pare fatale, se ci rivolgiamo alla esperienza nostra.

Ogni grandezza, soprattutto ogni grandezza morale, che, rifulgendo agli occhi degli uomini come suprema bellezza assume però anche il valore di un monito, di una meta da raggiungere, ma con fatica e con dolore, ogni grandezza morale soprattutto è fatta segno a biasimo, a riprovazione, anche a maledizione, e i grandi son fatti bersaglio alle ire, alle invidie, agli odii.

Guardiamo a Gesù: egli fu crocifisso: e i suoi santi, quasi tutti, l’hanno seguito sulla via del Calvario e la loro grandezza ha raggiunto la sovranità appunto essendo recinta, come quella di Gesù, da una corona di spine.

Ecco l’agnello di Dio che toglie il peccato dal mondo.

C’è dunque una relazione fra il peccato degli empi e la sofferenza dei buoni?

Si, c’è una doppia relazione: gli eletti soffrono per le cattive arti dei tristi e il loro soffrire torna a beneficio dei loro oppressori. Non un sospiro, non una lagrima va perduta nel mondo morale, ogni stilla di pianto innocente, ogni sospiro d’anima dolente hanno un valore immenso agli occhi di Dio e adunano i tesori di grazia di cui tutti fruiscono, anche quelli che quelle lagrime e quei sospiri hanno provocato!

[p. 139 modifica]È questo dolore innocente che bilancia il male del peccatore e le sue fosche passioni.... fu il dolore del giusto e del santo per eccellenza che operò la redenzione del mondo.

Dal massimo delitto è sgorgata la sorgente della più ineffabile misericordia.

Di quella misericordia di cui tutti noi abbiamo bisogno infinito. Tutti invochiamo, col poeta, sui fratelli e su noi quel sangue divino, che, mite lavacro, ci purifichi dai nostri peccati.

Tutti noi cristiani siamo invitati ad imitare Gesù, soffrendo con Lui, espiando con Lui. A noi non è data una croce cruenta e non siamo fatti martiri... certo, perchè non siam santi.

Ma santi dobbiamo diventarlo e vittime con Gesù dobbiamo esserlo.

Gesù fece la volontà del Padre e gli fu ubbidiente fino alla morte di croce. Facciamo anche noi la volontà del Padre, quella divina volontà su di noi, che ci si rivela nelle circostanze nelle quali veniamo a trovarci; nella voce dei buoni posti vicino a noi, nelle ispirazioni di Dio nell’intimo della nostra coscienza. Se noi saremo vigili nell’ascoltare e nell’accogliere questo volere celeste e nell’effettuarlo, noi non faremo forse nulla di straordinario agli occhi degli uomini, ma certo il meglio per noi.... E se in questo spirito di pietà noi compiremo la nostra carriera, noi porteremo la parte di pena che grava su ogni esistenza umana, noi, così facendo il volere del Padre, compiremo quel sacrifizio, che è il migliore che, dopo la morte di Cristo, si possa offrire alla divinità.