Il buon cuore - Anno IX, n. 16 - 16 aprile 1910/Educazione ed Istruzione

Educazione ed Istruzione

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Il buon cuore - Anno IX, n. 16 - 16 aprile 1910 Religione

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L’ITALICA GENS

Il fenomeno dell’emigrazione, che venne prendendo in Italia proporzioni vastissime, è oggi uno dei più gravi problemi del nostro Paese.

L’Associazione Nazionale, fondata nell’anno 1887 per promuovere le Missioni italiane, ebbe di ciò l’intuito fin dal suo nascere, quando nel primo articolo del suo Statuto s’impose il compito di adoperarsi sempre in pro dei nostri connazionali emigrati, il che non ha mai cessato di fare.

Nell’anno 1888 essa coadiuvò la fondazione dell’Istituto dei Missionari del compianto Monsignor Scalabrini per l’assistenza degli emigranti italiani nelle Americhe: nell’anno 1898 promosse in Torino riunioni e pubbliche conferenze che contribuirono a preparare la provvida legge sulla tutela della emigrazione: nell’anno 1900, auspice Mons. Bonomelli, fondò l’Opera di assistenza degli operai italiani emigrati in Europa, che, sotto la direzione e merce l’apostolato di quel venerando Vescovo, è divenuto il principale istituto di protezione dell’emigrazione italiana, segnatamente nell’Europa centrale.

La stessa Associazione Nazionale rivolge ora direttamente le sue cure ai nostri connazionali emigrati in paesi transoceanici, e chiede all’uopo il concorso di tutti i Missionari italiani, ed anche di quegli Ecclesiastici di altra nazionalità che con alto sentimento di carità cristiana si sono affezionati agli emigranti italiani come a gente della loro nazione, e nel nome d’Italia li invita tutti a raccogliersi in una vasta organizzazione, l’Italica Gens, federazione per l’assistenza degli emigranti italiani in paesi transoceanici.

L’Italia ha alcuni milioni di suoi figli al di là degli Oceani, in massima parte nelle Americhe, da nessun altro vincolo collegati fra loro fuorchè quello di una comune patria di origine. Si trovano nelle condizioni più svariate; più o meno prospere nell’Argentina, nel Brasile meridionale e in alcuni centri agricoli del Nord America, e più o meno infelici in ogni altra parte, tanto da doversi dire che le condizioni loro sono, in prevalenza, poco buone; alcuni sono abbandonati, isolati in regioni inospiti, soggetti a pericoli e sopraflazioni, altri viventi in strettezze, affollati nei quartieri cittadini, malvisti dai paesi che li ospitano; molti sono analfabeti; tutta gente che in generale si distingue da quella di altri popoli per il tenor di vita più basso, più povero, per la minor considerazione di cui gode. Eppure nessuno disconosce che essa sia fornita di quelle doti di laboriosità ed intelligenza che distinguono la nostra razza.

Tal diversa condizione è spiegata dal fatto che la nostra emigrazione, a differenza di altre, è povera; essa non è appoggiata dal capitale come la Inglese e la Tedesca; perciò, mentre quelle si avviano nei paesi nuovi per impiantarvi imprese agricole ed industriali con progetti determinati e studiati, e con mezzi adeguati al buon successo, i nostri lavoratori invece si riversano nei paesi di imigrazione a masse, avendo a disposizione solo le braccia per lavorare, e vi vanno non solamente senza progetti concreti di colonizzazione ed industria, ma spesso senza nemmeno essere decisi individualmente sul mestiere da prendere.

Essi quindi, necessariamente, come mano d’opera informe gettata sui mercati americani, vengono disgregatamente assoldati e sfruttati, quale strumento passivo, dal capitale straniero. E questo è il meglio che possa avvenire, perchè spesso, come vedemmo nelle recenti crisi, non trovano da occuparsi, e vivendo nella città in squallida miseria, danno triste spettacolo di sè, nuocendo alla stima della loro patria e provocando il risentimento delle autorità locali.

[p. 122 modifica] Dato tale carattere della nostra emigrazione, è chiaro che, abbandonata a se stessa, può restare inutile all’Italia non solo, ma procurarle serie preoccupazioni politiche ed economiche; ma se invece sia guidata ed assistita con criteri direttivi, può costituire uno dei suoi massimi fattori di prosperità, un mezzo pacifico e sicuro di vasta espansione coloniale. Anzi, è certo, che se l’Italia non sa profittare di questo rigoglioso fenomeno emigratorio con prontezza e con abilità, si lascia sfuggire un’occasione favorevole e da altre nazioni invidiata di salire un gradino considerevole nella potenza economica e politica.

Il nostro Governo, che dapprima aveva guardato il fenomeno con occhio sospetto, e cercato di frenarlo, che l’aveva poi abbandonato libero e sè, da alcuni lustri ne comprese l’importanza e colla legge del gennaio 1901 proclamò l’azione di tutela dello Stato alla emigrazione. A questo scopo istituì un organo apposito, il Commissariato dell’emigrazione, in cui accentrò tutto quello che riguarda questo argomento.

Questa legge, universalmente riconosciuta opportuna, legge veramente provvida, ha dato già risultati buoni, ma ancora insufficienti. Essa bene ha provveduto alla polizia, non alla politica della emigrazione, forse anche perchè a ciò non può giungere l’efficacia della legge.

A cura del Commissariato dell’emigrazione e degli Ufficii direttamente o indirettamente dal medesimo dipendenti, molti e gravi inconvenienti già sono stati eliminati nel movimento emigratorio, nei suoi primi momenti. In patria, prima della partenza, si è provveduto, per quanto è possibile, ad impedire la emigrazione artificialmente provocata con notizie non vere sui paesi di destinazione; si è molto limitato lo sfruttamento degli emigranti per opera di locandieri e di ogni sorta di speculatori.

Durante il viaggio, colle prescrizioni sulla capacità e sulla velocità dei piroscafi, colla visita ai medesimi prima della loro partenza, coi regi commissari che accompagnano a bordo gli emigranti durante la traversata, si sono quasi completamente eliminati i maggiori e più vergognosi abusi che prima si compivano impunemente a danno degli emigranti.

Anche nei porti di arrivo l’azione benefica del Commissariato dell’emigrazione si è esplicata non senza efficacia, specialmente per mezzo di iniziative private dal medesimo sussidiate, prime fra le quali, a Nuova Yorck, le opere che hanno nome dal compianto Monsignor Scalabrini, loro fondatore, nonchè la Society for italian immigrants, l’Italian Benevolent Institut; a Boston la Boston immigrant Society, ecc.: nell’America del Sud i Patronati di Buenos Ayres, Santos, ecc., ecc.

Per regolare il collocamento a lavoro degli emigrati il Commissariato istituì in New York, il Labour information officie; per l’assistenza legale nei casi di infortunio o di diritti conculcati, il Commissariato fondò dei Legal Bureaus a Chicago, Philadelphia, New York: nominò infine due ispettori viaggianti e due addetti per l’emigrazione presso R. Consolati per intensificare la tutela e la sorveglianza nei paesi di destinazione.

Anche le scuole furono oggetto di premure per parte del Ministero degli Affari Esteri, sia mediante modici sussidi erogati a scuole promosse da iniziative private, sia ottenendo che, in alcune scuole americane, fosse introdotto almeno come facoltativo, l’insegnamento della lingua italiana: e d’altra parte il Ministero del Tesoro si occupò con zelo a provvedere che i risparmi e le rimesse in patria dei nostri emigranti fossero, per mezzo di accordi col Banco di Napoli, tutelati dalle molteplici frodi di cui erano oggetto per parte di classi intere di banchisti truffatori.

Tutti provvedimenti dei quali non si può che lodare la opportunità, ma di cui si è costretti a lamentare la insufficienza, provata dai fatti, dato il grandissimo numero di Italiani che si trovano in America.

Nessuno può non riconoscere la quasi impossibilità da parte dello Stato di sopperire adeguatamente a questi bisogni della nostra emigrazione: difficoltà gravi di cui sono cause prime, il dovere agire in paese straniero e la dispersione vastissima degli Italiani emigrati per tutto il continente.

In tale condizione di cose sorge l’Italica Gens. Non con intendimenti separati, ma anzi in perfetta intesa colle autorità governative italiane, essa si propone di coordinare la sua attività a quella già spiegata dallo Stato e di supplire colla sua vasta organizzazione nei molti luoghi ed ai molti compiti cui l’azione governativa non può arrivare.

Dalle cause cui sono da attribuirsi le miserie e gli insuccessi della nostra emigrazione, e cioè principalmente, la povertà, la poca cultura, la mancanza di un ceto dirigente, essa trae i caratteri informativi del suo programma.

Due ordini di provvedimenti si impongono per redimere queste nostre masse emigrate, e far sì che non vadano dispersi tanti vantaggi all’economia e alla politica nazionale:

1° provvedimenti diretti a migliorarne le condizioni morali ed intellettuali, per mezzo di istruzione ed educazione;

2° provvedimenti diretti a migliorarne le condizioni materiali, e dar loro assistenza in ogni bisogno, consigliandoli circa la collocazione al lavoro e avviandoli ad imprese agricole che offrano la probabilità di resultati buoni e duraturi.

L’Italica Gens, avendo di mira questi obbietti, incardina la sua azione in Italia, ed in ispecie in America, sull’istituzione dei Segretariati, i quali sono diversamente costituiti ed hanno scopi diversi nelle località agricole o cittadine, e secondo l’importanza della colonia italiana ivi residente.

Organo accentratore è il Segretariato Centrale con sede in Torino, dal quale si pubblica un Bollettino mensile allo scopo di mantenere fra i numerosi uffici unità di pensiero e di indirizzo, aprire il campo alla discussione dei problemi emigratorii, far conoscere i resultati dell’opera dei Segretariati, portare fra i nostri emigrati notizie che contribuiscono a mantener vivo il sentimento nazionale, ecc.

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E’ fuori dubbio che l’azione più importante da esplicare, è quella di ordine morale, diretta a svolgere le latenti energie intellettuali dei nostri emigranti, allo scopo di renderli cittadini capaci e di sviluppare nel loro animo lo spirito nazionale.

Duplice compito, pel cui conseguimento l’esperienza della storia e l’unanime opinione dicono che il mezzo più efficace è la scuola, la quale deve essere quindi uno degli strumenti più attivi e preferiti della Federazione.


Abbiamo posto fra i fini primi da conseguire, la conservazione del sentimento nazionale, e vogliamo a questo proposito osservare che ciò non deve adombrare la suscettibilità dei paesi di immigrazione. Non è spirito di invadenza nè coazione morale diretta ad imporre la nostra lingua ai cittadini di quelle regioni, ma legittimo interesse della madre patria è che i suoi figli all’estero conservino la sua lingua e le sue tradizioni e sentimenti di affetto per essa: non perciò essi saranno meno attaccati agli interessi dello Stato di cui sono cittadini, anche nei riguardi della loro patria di origine: molteplici esempi lo mostrano.

(Continua).

UN PRETE ITALIANO

primo Sindaco di un Comune degli Stati Uniti del Nord-America

Sotto il titolo «Tontitown and its Mayor» il giornale americano The St. Louis Republic dà l’annunzio della elezione di P. Pietro Bandini, direttore di un nostro segretariato, a sindaco di quella colonia, ed accompagna la notizia con giusti apprezzamenti che volentieri riportiamo:

«L’elezione che designa il P. Pietro Bandini ad essere il primo sindaco della colonia italiana di Tontitown, che egli fondò nell’Arkansas centrale una diecina di anni fa, è un degno riconoscimento di lunghi anni di fedeli servigi resi disinteressatamente.

«Fino dalla fondazione di Tontitown P. Bandini è stato la guida sapiente del suo buon popolo; non solamente nelle cose spirituali, ma altresì in ogni interesse materiale. Egli ha insegnato loro ad essere buoni cittadini e ad adattarsi ai sistemi dei governi americani. Egli è stato sollecito della prosperità del suo popolo come lo furono i pionieri missionari francesi della Valle del Mississippi nell’aver cura dei loro figli indiani. Così, quando il momento è venuto di impiantare un governo municipale secondo i sistemi Americani per Tontitown, lo scegliere a proprio sindaco altri che P. Bandini equivaleva a cancellar se stessa dalla carta geografica.

«L’animo di Enrico de Tonti, che lasciò la spoglia mortale nella colonia francese di Mobile, non avrebbe approvato altra scelta. E chi fu questo Enrico de Tonti dal quale la colonia di P. Bandini ha preso così felicemente il nome?

«Gli uomini che si occupano di affari di assicurazioni lo conoscono qual figlio di quel de Tonti che come governatore di una provincia Napoletana fu vittima di molestie, che esule politico lo condussero a Parigi dove egli immaginò il progetto della tontina dalle quote annuali.

«Gli studiosi della storia Americana lo conoscono come il luogotenente e la mano destra di La Salle nelle esplorazioni che per prime collegarono la base del lago Michigan colla foce del fiume Mississippi. Fu nell’anno 1675, o circa, che La Salle tornando dalla Francia per una missione, lo portò nel Canadà perchè gli fosse di aiuto nella grande impresa di cui era stato incaricato dal governo Francese.

«Il giovane Tonti aveva perduto il suo avambraccio destro nel servizio militare francese in Sicilia e lo aveva sostituito con un apparecchio di ferro per il quale fu conosciuto come «l’uomo dall’uncino di ferro» Mentre stava preparando il viaggio per il basso Mississippi, egli costruì nel fiume Niagara a monte delle cascate, il primo veliero che navigò i grandi laghi.

«Durante i rimanenti anni di preparazione egli ebbe l’incarico delle stazioni di La Salle nell’Illinois superiore, e nell’estate 1682 egli accompagnò la flottiglia delle imbarcazioni che portarono l’esploratore ed il suo seguito al golfo. Quando La Salle tornò in Francia per organizzare la sfortunata colonia che mai raggiunse la foce del gran fiume, Tonti restò incaricato delle stazioni dell’Illinois e stabili un posto di guardia alla bocca del fiume Arkansas ad attendere invano l’arrivo del condottiero che giacque ucciso sulla terra del Texas».

Alle parole lusinghiere pronunziate dalla stampa americana all’indirizzo di P. Bandini fanno eco il plauso e le congratulazioni dell’Italica Gens che è lieta ed orgogliosa di averlo qual direttore del segretariato in Tontitown.

ONORANZE

ad un venerando Sacerdote milanese

Il Collegio dei conservatori e dei dottori della Biblioteca Ambrosiana, nell’occasione che uno dei suoi membri, il dottor Antonio Ceruti, compie l’ottantesimo anno di età, volle festeggiare questo benemerito degli studi storici offrendogli, accompagnato da pergamena, l’omaggio di un dipinto riproducente quella composizione della Madonna della Seggiola, che il card. Federico Borromeo, fondatore della Biblioteca, adottava tre secoli or sono come emblema del Collegio dei dottori. Il sac. Antonio Ceruti, che entrato nella Biblioteca nel 1863, si ritrasse solo da qualche anno a Cernobbio, è noto nel mondo degli studiosi per molteplici pubblicazioni, e specialmente per testi di lingua, cronache medioevali milanesi e venete. Collaborò al Codex diplom. Longobardiae della R. Deputazione di Storia Patria, ed agli Annali della Fabbrica del Duomo di Milano: pubblicò un volume sulle origini di questo tempio, e fece parte della Giuria internazionale allorquando venne bandito nel 1885 il concorso per la nuova facciata del Duomo.

All’omaggio dei suoi colleghi si aggiunga quello degli studiosi delle nostre memorie storiche.

Fin qui il Corriere della Sera. Dal canto nostro, per [p. 124 modifica]informazioni speciali, dobbiamo aggiungere vivissime congratulazioni al venerando sac. cav. dott. Antonio Ceruti per la distinzione avuta testè a Roma coll’udienza privata accordatagli da Sua Santità Pio X.

Dalla Biblioteca Ambrosiana alle prossime feste commemorative di S. Carlo ed all’eremo di Cernobbio, dove — nella paradisiaca Flora — il nostro don Antonio si concede un ben meritato riposo, il discorso fu condotto con reciproca soddisfazione alla nuova chiesa, che, su quella ridente sponda del Lario, per la munificenza degli egregi conjugi cav. Luigi ed Elisabetta Dell’Orto, venne eretta ed ora è da tutti ammirata nella bellezza artistica ed austera delle sue linee di puro stile lombardo-bizantino.

Il Sommo Pontefice colmò il distinto sacerdote milanese di benevole espressioni e volle che riportasse una memoria della visita offrendogli una bella medaglia come ricordo e benedizione. Ritornando poi sull’argomento della nuova chiesa di Cernobbio, Sua Santità porse un’altra medaglia a don Antonio, incaricandolo di consegnarla ai coniugi Dell’Orto.

Vadano al venerando sacerdote, che si avvia con invidiabile giovinezza alla messa di diamante, i nostri omaggi, le nostre felicitazioni e gli auguri affettuosi, che contiamo ripetergli presto a viva voce nel regno di Flora.

a. m. c.

Per l’Asilo Convitto Infantile dei Ciechi


OBLAZIONI.

Somma retro L. 104667 20

N. N. |||
   » 50 ―

SOCI AZIONISTI.

Prima rata.

Principessa Madeleine Barbiano di Belgioioso d’Este |||
   » 5 ―
Contessa Fanny Barbò Barbiano di Belgioioso d’Este |||
   » 5 ―

Seconda rata.

Madame de Nisard |||
   » 5 ―

Quarta rata.

M.r de Nisard |||
   » 5 ―
Signora Clelia Ferranti Pasta |||
   » 5 ―
Signorina Carlotta Ferranti |||
   » 5 ―

Quinta rata.

Principessa Madeleine Barbiano di Belgioioso d’Este (2 azioni) |||
   » 10 ―
Principessa Matilde Barbiano di Belgioioso d’Este |||
   » 5 ―
Principe Emilio Barbiano di Belgioioso d’Este |||
   » 5 ―
Marchesa Guerrieri-Gonzaga |||
   » 5 ―
Marchese Guerrieri-Gonzaga |||
   » 5 ―
Signorina Elisa Belli |||
   » 5 ―


Totale L. 104782 20




Ricordatevi di comperare il 13.mo fascicolo dell’ENCICLOPEDIA DEI RAGAZZI che esce in questa settimana.




I funerali di Don RUA

Don Rua ha avuto in morte un trionfo, che ha annientato ogni tentativo settario del passato e del presente, costringendo anzi, gli organi d’ogni partito a intessere biografie più o meno esatte, ma tutte improntate dall’argomento suggestivo d’una vita umile e straordinariamente benefica.

Così abbiamo assistito al fenomeno raro di giornali così detti liberali, o avversi ad ogni idea religiosa, che hanno inneggiato a don Rua, uomo religioso per eccellenza, con efficacia maggiore di quella dei giornali cattolici.

I funerali di don Rua furono un avvenimento straordinario per Torino, e la Stampa torinese e perfino la Gazzetta del Popolo dovettero constatarlo, ammettendo i grandi meriti, le grandi virtù e le grandi opere del pio defunto.

Don Rua è stato degnamente commemorato in tutto il mondo civile, e il Governo italiano, sciogliendosi dai lacci della burocrazia e da altri ancor più aggrovigliati, ha concesso subito al mite e potente benefattore una sepoltura speciale, accanto al di lui predecessore don Bosco.

Significante questa armonia che difficilmente trova riscontro, un’armonia che è un inno grandioso al merito di un uomo non solo, ma altresì a quello di una corporazione religiosa, la corporazione dei Salesiani.

Completiamo queste brevi riflessioni col seguente articolo, che spicchiamo dalla Perseveranza.

I Salesiani.

A don Michele Rua, come già a don Giovanni Bosco, il mondo intiero, ufficiale e no, diede spontaneo di questi giorni il tributo di ammirazione e compianto. E la salma del grande quanto umilissimo prete passò tra una solenne commoventissima apoteosi di popolo, di quel popolo che primo vide sorgere, tra difficoltà immense, insuperabili fuor che per una vera tempra d’apostolo, l’opera di don Bosco, che la vide affermarsi e grandeggiare in Italia ed all’Estero, svolgendo un superbo programma di vasta redenzione sociale, che va dal fanciullo sperduto nella strada al selvaggio della Terra del Fuoco, da questo all’emigrato, ai lazzaretti dei lebbrosi, dove, nell’assistenza del morbo terribile, più di un salesiano ebbe a lasciare la vita.

I Salesiani, pur tra il dolore dell’irreparabile perdita, debbono essere ben lieti delle odierne mondiali manifestazioni, di quest’immenso caldo afflato di simpatie che li avvolge, di quest’elogio che loro arriva da ogni classe sociale senza che s’oda, nell’universale concerto, neppure una nota stonata. E ciò li deve a mille doppi ricompensare della guerra iniqua, a cui, negli ultimi tempi, l’odio settario li fece segno. La tempesta potè abbattersi furibonda sull’albero, ma oggi esso s’erge diritto, carico di foglie e di frutti, nella gloria del sole.

Ed è bene che sia così. Non solo pel trionfo dell’innocenza, caro a ogni buon cittadino, ma perchè sarebbe stato sommamente doloroso che un’ombra di macchia qualsiasi fosse scesa sopra un’istituzione che, mentre

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educa in patria migliaia e migliaia di giovanetti, tiene alto e venerato all’Estero il nome italiano, illustrandolo colla grandiosità delle opere, perpetuandolo coll’insegnamento dell’idioma gentile, professandolo colla bandiera tricolore, che, negli eventi lieti o tristi della madre patria lontana, essa inalbera sulle sue innumerevoli case, sulle tende delle sue missioni.

Ma non solo per questo. La Congregazione Salesiana non è un rudere d’istituto sopravvissuto a sè stesso. Essa vive intensamente la vita del suo tempo. Oggi, così nel bene come nel male, s’affermano le masse umane. Inutile negare il fenomeno, non solo inutile ma pericoloso tentare di comprimerlo, anzichè incanalarlo nelle grandi vie della giustizia. Ebbene, ecco sorgere, per intuito d’un santo, la Congregazione Salesiana e rivolgersi precisamente alla educazione delle masse, attuando una azione sanamente democratica, dove gli studi classici, la scuola professionale e l’artigianato si danno bellamente la mano. Un giorno don Bosco aprì un collegio — quello di Valsalice in Torino — per accogliervi i figli delle classi alte; ma, dopo non molto, lo chiuse. Dev’essersi accorto che quella non era la sua via, lo chiuse e non ne fece altro. Intensificò il suo programma di elevazione degli umili, di quelli che dovevano, tra non poco, spostare l’asse sociale, creando un nuovo centro di gravitazione. La storia imparziale dirà, quando questa Congregazione avrà fatto il suo tempo, come l’han fatto molte altre che s’ostinano a condurre una vita grama, dirà quanto essa abbia giovato alla soluzione pacifica della questione sociale. Noi ci limitiamo a constatare ch’essa restituisce ogni anno alla società migliaia di giovani, i quali, nelle varie professioni o nei mestieri, portano un patrimonio di convinzioni morali e patriottiche.

Sì, anche patriottiche, pur se a qualcuno non piaccia, poichè, ciò che distingue la Congregazione Salesiana da ogni altra e su ogni altra la eleva, è il profondo sentimento patriottico ch’essa mette nello sviluppo dell’azione sua. Nè essa fa perciò opera di partito, chè anzi da ogni partito abborre. Ma a tutto ciò che è italiano essa presta largo e sincero culto, non disconoscendo, anzi approvando col fatto di un insegnamento non settario della storia, le ragioni per cui la patria è sorta dall’antico servaggio. Ed è per questo che coloro i quali hanno avuto la fortuna, come chi scrive queste note, di uscire dalle sue scuole, le serbano, anche se poi militano in campo non cattolico, una tenera riconoscenza, un’affezione figliale che nulla può cancellare; è per questo ancora che il Governo e tutte le più alte autorità dello Stato, e uomini di diversi partiti, partecipano oggi ufficialmente al suo dolore per la perdita del Capo venerato, ciò che non avverrebbe per nessun altro istituto religioso o che, avvenendo, scatenerebbe tempeste di polemiche con immediate ripercussioni politiche.

Alla salma di don Rua, collaboratore e continuatore di don Bosco, si può quindi rendere l’omaggio che si deve rendere agli eroi della carità ed ai veri benefattori del popolo, senza credere di abbassare perciò la propria bandiera. Anzi tutte le bandiere, di tutti i

partiti, si dovrebbero alzare per salutare le spoglie mortali di chi predicò ed esercitò il bene per il bene, senza secondi fini. Una bandiera, come si vede, che può ben comprendere e sintetizzare tutte le altre.

a. f.

La MILANO MEDICA

(Guida medica di Milano e Provincia)

ANNO 1910.

Faccio questa guida — che uscirà regolarmente ogni anno — nell’interesse del corpo sanitario, ma più ancora del pubblico.

Il corpo sanitario di Milano e provincia ha interesse a farsi conoscere.

Ma il pubblico, se ha interesse a conoscere i medici per una opportuna scelta dei medesimi in caso di bisogno, ha anche un interesse grande a sapere tante altre cose che riguardano l’assistenza sanitaria, e che sono ignorate dai più, siano essi ricchi o poveri.

Ad esempio:

– Come si fa accettare un ammalato in un ospedale pubblico o privato?

– Quali e quanti sono i sussidi per baliatico, per cronici, per impotenti al lavoro?

– Quali e quanti sono gli assegni dotali per poveri, e chi li distribuisce?

– Dove si può trovare un bravo infermiere, od una suora in caso di malattia grave?

– Quali e quante sono le altre istituzioni sanitarie che provvedono al ricovero di un pazzo o d’un deficiente, o d’un derelitto, ecc., ecc.?

– Quali e quante sono le Case nazionali di produzione farmaceutica che onorano il nostro massimo centro commerciale?

– Quali e quanti sono i buoni rimedi raccomandabili ogni anno?

– Quale è la fisionomia delle 300 e più condotte medico-chirurgiche in cui è divisa la provincia di Milano? Permodochè, se una di esse resta vacante, un medico possa sapere a priori se gli conviene o no. Permodochè anche un non medico che voglia andarvi a villeggiare, o mettere un bambino a balia possa farsi un’idea del luogo (servizio medico-farmaceutico — comodità di cibo — comodità di comunicazioni colla città).

Questa roba ed altra inoltre conterrà la «Milano Medica» in modo conciso, ma chiaro e pratico.

Essa — come epilogo — porterà un capitolo originale di medicina popolare, in modo che il lettore in pochi anni avrà un libro completo di medicina famigliare riunendo i vari capitoli annuali.

Quest’anno la guida tratterà del Breviario della bellezza, egualmente utile agli uomini come alle donne; giacche tutti i figli d’Adamo tendono ad essere meno brutti che sia possibile.

E — cosa ancor più unica che rara — la «Milano Medica» sarà distribuita gratis a tutto il corpo sanitario — a tutti gli uffici, alberghi, clubs — a tutte le principali famiglie della città e provincia di Milano. Una tiratura e diffusione senza esempio.

Dott. Favari.




Il Municipio di Milano ha ordinato 150 abbonamenti per distribuire in tutte le scuole i fascicoli dell’ENCICLOPEDIA DEI RAGAZZI.