Il buon cuore - Anno IX, n. 15 - 9 aprile 1910/Educazione ed Istruzione

Educazione ed Istruzione

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Il buon cuore - Anno IX, n. 15 - 9 aprile 1910 Religione

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I recenti disastri nelle Miniere Americane

I tragici disastri delle miniere si susseguono da qualche mese in America con una frequenza desolante.

Fu a Cherry nell’Illinois che alla metà dello scorso novembre oltre trecento minatori perirono nella miniera di carbon fossile ardente; ne sono ancora fumanti le rovine che il telegrafo con inquietante insistenza annunzia il I° febbraio una terribile esplosione in una miniera di ferro della “Colorado Iron Company” a Primero Col; al momento del disastro erano nella miniera 150 minatori; tutti sono periti: un solo è uscito salvo a stento, un italiano.

Il 2 febbraio in una miniera di carbone a Central City avviene un’esplosione ed i morti superano i 50; contemporaneamente, non lontano di lì, a Peoria III, s’incendia un’altra miniera.

Il 3 febbraio nel Messico, un’accensione di gas ha fatto strage nella miniera di carbon fossile di Esperanzas presso Nuevo Laredo. Vi sono 68 morti e 50 feriti.

Il 6 febbraio una parte della miniera di Earness (Pensilvania) è distrutta da un’altra esplosione e le rovine delle gallerie si chiudono sugli operai.

L’Italia tende l’orecchio ansioso ogni volta che notizie di questo genere giungono d’oltre Oceano, perchè sa di avere figli numerosi sparsi per tutto il continente Americano; ed ogni volta immancabilmente famiglie italiane prendono il lutto; sono ora diecine, ora centinaia di lavoratori italiani che miseramente perirono. E perirono della morte più spaventosa e più crudele che possa immaginarsi, il seppellimento nella miniera. E fortunati quelli cui lo scoppio violento dei gas o il crollo improvviso delle oscure gallerie tolsero la vita in un attimo; essi non ebbero il tempo di soffrire. Ma le frequenti tristi esperienze mostrano che i più di coloro che periscono nelle miniere sono condannati ad assaporare lunga e terribile agonia nelle viscere della terra fra i patimenti della fame, della sete, della mancanza di respiro, resi più gravi dall’incubo delle tenebre e della profondità, dalla coscienza della morte inevitabile.

Quanti lavoratori giovani e robusti, nella pienezza del vigore chiusi per sempre nella tomba, nella notte interminabile angosciosa, fra i fantasmi paurosi, avranno avuto un pensiero per il bel cielo dell’Italia, la patria lontana, per l’aria pura e vivificante della terra nativa dove forse hanno sposa e figli, vedove e orfani di uomini ancor viventi!

Non ignorano il pericolo questi lavoratori, ma arditi pionieri lo sfidano e rischiano la vita nella speranza di avvantaggiare le sorti dei loro cari e forse nel desiderio di poter tornare a vivere nella patria d’origine.

Nella lotta per la vita, per gli ideali di civiltà, cadono i più forti e i più valorosi, quelli che più si espongono al pericolo, i combattenti in prima fila nell’armata del progresso: a questi valorosi è doveroso che il mondo civile attesti la riconoscenza per il loro sacrificio e faccia sentire nella sventura la solidarietà della grande famiglia umana: e se non ad essi, irreparabilmente colpiti, può darsi compenso e conforto, lo si dia a ciò che essi hanno di più caro, alle loro famiglie, ai figli, sangue del loro sangue; che essi lasciano nel pianto e nella miseria.

Tal dovere si è imposto alla pubblica coscienza in quasi tutti gli stati moderni, onde è sorta tutta una legislazione riguardante gli infortuni nel lavoro. Questa pertanto, se nei paesi del vecchio mondo ha raggiunto un grado di perfezione tale da assicurare giusta e pronta riparazione e sollievo a coloro che restarono vittime incolpevoli di disgrazie nell’adempimento del dovere, non è, per molte ragioni, altrettanto sviluppata negli Stati americani. Solamente un anno fa il Governo degli Stati Uniti del Nord approvò una legge che segna un passo decisivo nella via battuta in questa materia dalle [p. 114 modifica] nazioni europee. Vogliamo dire la Legge 3o maggio 1908. Essa è la prima legge che negli Stati Uniti afferma il principio della responsabilità diretta del padrone di fronte all’operaio vittima di infortunio, ma quella per ora non si estende che agli operai che sono al servizio del Governo federale.

Tal condizione della legislazione è noto come renda difficile la equa compensazione e risarcimento delle disgrazie e dei danni subiti a causa di infortunio: ed in modo speciale ciò si manifesta nel riguardo dei nostri emigrati, che in gran parte sono poco istruiti e non sanno come fare per iniziare procedure a questo scopo: tanto più poi se la famiglia di taluno, che ha perduto la vita in un disastro in America, si trova in Italia.

Il nostro governo che si è reso conto della cosa ed ha visto come queste siano contingenze in cui il nostro emigrato più abbisogna di aiuto, ha provvidamente istituito in alcuni centri più importanti dei Legal Bureaus per l’assistenza legale agli italiani.

La frequenza, con cui purtroppo tali casi incresciosi ricorrono, ci fa augurare che esso intensifichi ed allarghi questa sua opera: e mette in luce frattanto uno dei compiti di assistenza in cui i nostri segretariati potranno rendere dei servigi utilissimi; specialmente quando essi saranno completamente e perfettamente organizzati. Infatti questi potranno dare consigli in simili casi ai disgraziati che ne abbisognano, ed aiuto legale diretto per mezzo di patrocinatori aderenti all’Italica Gens; inoltre sarà provvidenziale l’opera di conforto e di sollievo che essi stessi potranno esplicare nella loro qualità di missionari e di ministri di religione per l’aiuto morale alle famiglie derelitte ed ai feriti; poichè non deve dimenticarsi che la gran parte dei nostri emigrati conservano la religione della patria, la quale, anche se sopita e trascurata per qualche tempo, si ravviva e si fa sentire potentemente nei momenti di sventura quando la morte si mostra dappresso.

Nel recente disastro di Cherry, si ricordi che gruppi di uomini salvati dopo molti giorni di disperata sepoltura furono trovati recitando preghiere: erano Polacchi, Ungheresi, Italiani, tutti avevano sentito il bisogno di implorare la divinità.

E qui è giusto che segnaliamo al plauso l’opera di un sacerdote, direttore del nostro’ segretariato in Granville III, presso Cherry, il sac. Pietro Delo, che in occasione di quel disastro mostrò di aver compreso altamente la sua missione, e con encomiabile zelo fece tutto ciò che fu a lui possibile per soccorrere i colpiti, ed all’aiuto materiale unì il conforto morale portando pace e rassegnazione fra i morenti e le loro famiglie in preda alla disperazione.



Ricordatevi di comperare il 13.mo fascicolo dell’ENCICLOPEDIA DEI RAGAZZI che esce in questa settimana.



La NONNA è un capolavoro di una freschezza e di una originalità assoluta.




Le Chiese gemelle di Milano

Uno dei punti su cui l’Autorità ecclesiastica fu più remissiva, indulgente, è quello che riguarda la costruzione di Chiese, lo stile, e tante accidentalità architettoniche delle medesime. Ai puritani intransigenti sa male che non siasi fatto un obbligo di attenersi sempre e dovunque allo stile basilicale romano, o almeno allo stile lombardo e gotico, le tre maniere che — a voler essere schietti — meglio rispondono al nostro culto. Sa male che pochi freni si applicassero a tante voglie bizzarre di fondatori e architetti di Chiese, i quali, specialmente in un passato molto remoto, poterono impunemente dar sfogo al capriccio, alla fantasia, ai gusti paganeggianti et similia con solo ed esclusivo guadagno in favore dell’Arte e della Libertà figlie del cielo.

Senza parlare di Chiese duple e triple, sovrapposte, l’una all’altra, come quella di S. Francesco ad Assisi, e il Santuario di Lourdes; vorremmo richiamare l’attenzione alle Chiese gemelle, di cui in Milano ce n’ha almeno tre.

Un genere di architettura sacra di gusto molto discutibile, che abolisce il concetto di unità e di concentramento, che disorienta e buongustai dell’arte e divoti. Giacchè, come lo suggerisce il termine qualificativo e come molti dei miei lettori possono aver visto, le Chiese gemelle sono realmente due Chiese in una, riunite e comunicanti tra di loro attraverso longitudinali arcate aperte, poggianti su pilastroni, con due altari principali, due pulpiti, due presbiteri (almeno una volta) due entrate, ma una sola facciata.

Fortunatamente però questo genere di Chiese del secolo XV non attecchì; per cui ora è molto difficile trovarne esemplari. A Milano tuttavia n’abbiamo tre, fu già detto, ma bastanti, fin troppo, per darcene idea, e sono: S. Cristoforo, l’Incoronata e S. Michele alla Chiusa. Lusingandomi che ai lettori possa interessare conoscere queste Chiese oltre che di nome, passo a fornirne i pochi cenni che mi fu dato raccogliere.

Il S. Cristoforo è fuori porta Ticinese, sulla sponda destra del Naviglio, per chi esce di città. Fin dal secolo XII ed anche prima, sull’area del S. Cristoforo sorgeva un ospedale, dotato dai signori di Milano e dal popolo di sufficienti entrate. Prima del 1400 dovea esservi la Chiesa di S. Cristoforo esclusivamente poichè, secondo una lettera ducale del 1398 si concedeva alla città di Milano di costruire un ponte sul Naviglio perchè dall’altra riva non c’era un transito comodo alla detta Chiesa. E nel 1400 i Visconti fecero innalzare al fianco meridionale un’altra Chiesa che portava il nome di Cappella ducale; in seguito ebbe dai duchi Giovanni Maria Visconti, Filippo Visconti e Giovan Galeazzo Sforza nuovi abbellimenti e dotazioni. Di essa prima ebbero governo i Monaci di S. Vincenzo in Prato fino al 1789; poi le Parrocchie di S. Gottardo e di S. Maria al Naviglio.

Si ammirano porzioni della cara architettura lombarda originale tanto che bastano a far rimpiangere e le manomissioni vandaliche dei nostri antenati, e a far [p. 115 modifica] desiderare un giudizioso pronto ristauro. Nell’interno, sulla parete sovrastante la porta d’entrata vedesi tuttora un prezioso affresco dell’epoca in cui fu costruito la Chiesa, d’un pregio e d’una dolcezza d’espressione che bisognerebbe contemplarlo in ginocchio; ma anch’esso domanda un ristauro sapiente, che fu ben riconosciuto, ma che non viene mai per difetto di denaro.

Il S. Cristoforo è una Chiesa votiva in ringraziamento d’esser stata la Milano d’allora liberata dalla peste. Così, mentre fino a quest’epoca, l’unico che proteggeva dalla peste era S. Rocco, si ebbe anche S. Cristoforo e più tardi si avrà S. Sebastiano. Funiculus triplex difficile rumpitur. Tanto più curioso questo benefico intervento di S. Cristoforo in quanto il suo nome lo farebbe passare per un semplice missionario; e tutt’al più, il leggendario mestiere da lui esercitato prima di cader martire sotto Giuliano l’apostata, per un filantropo qualunque. Si sa che oriundo Cananeo, peregrinò di qua, di là; finchè, giunto presse un fiume molto largo e profondo, sprovvisto di ponti e di barche, pensò di stabilirvisi, ad esercitare una carità fiorita col tragittare per amor di Dio di qua e di là i viandanti, mettendo a contributo la sua gigantesca e poderosa statura.

La festa del Santo fissata al 25 luglio, attirava un mondo di gente; e i milanesi più di tutti vi accorrevano, se non a sdebitarsi d’una solidale riconoscenza, ad approfittare di quello svago campestre che offriva mille vantaggi di distrazione, e di munizione di aria più pura e ossigenata.

Altra Chiesa gemella è l’Incoronata, a P. Garibaldi. Non si sa bene se fu chiamata così in onore dell’incoronazione di Maria a regina del Cielo, o piuttosto a celebrare il fatto che il fondatore Francesco Sforza Visconti ottenne la corona ducale, o magari l’una e l’altra versione.

La prima parte della Chiesa dedicata alla Vergine, fu costruita dal Duca nel 1451; e nove anni dopo la moglie dello Sforza, Bianca Maria, faceva costruire l’altra dedicandola a S. Nicolao da Tolentino in riconoscimento di molte grazie ricevute da esso. Si vuole anche che i fondatori volessero simboleggiata in questa Chiesa gemella la loro unione maritale.

La forma architettonica originale in stile lombardo ormai è quasi irriconoscibile, se si eccettui il lato di mezzodì, relativamente ben conservato.

Assai ragguardevole al lato sinistro la cappella di S. Agostino, che come si sa, fu voluta dai primi monaci chiamati a reggere questa Chiesa, gli Eremitani di S. Agostino. L’immagine del Santo che ha sloggiato nella cappella vicina all’altare, per lasciar posto al simulacro di S. Nicolao, è di Siro Ferri, e gli affreschi sono del Perugino, del Procaccino e del Montalti. All’altare della Madonna si vede un affresco pure considerevole.

Nel 1654 vi fu il primo radicale ristauro per architettura d’ordine ionico.

Come tutte le Chiese, anche l’Incoronata corse molte vicende. Nel 1455 furono chiamati a reggerla gli Eremitani di S. Agostino; nel 1805, soppressi gli Ordini religiosi, passava sussidiaria di S. Simpliciano, e nel 1858 veniva eretta in Parrocchia.

S. Michele alla Chiusa è la terza Chiesa gemella di cui ci occupiamo. Quanto alla denominazione, dovremmo intendere che quì sia stata qualche parte dei muri della città rovinata dal Barbarossa, e poi ristorata alla meglio e detta Chiusa secondo la iscrizione Monasterium hoc in postdiruptum oppressum? O che si radunassero quì le acque sotterranee, o che i conciatori di cuoi arrestassero quì le acque per i loro usi?

La Chiesa in origine è di stile lombardo. Anteriore la Chiesa di S. Michele, aggiunta in seguito l’altra, dedicata alla Vergine, la cui immagine ora venerata all’altare principale, un tempo era collocata verso strada, e circondata di venerazione pei miracoli operati. Governata un tempo da due parroci e la Chiesa della Madonna da deputati amministratori delle offerte, nel tempo di S. Carlo restò un sol parroco, ed ora è sussidiaria di S. Lorenzo. Per quanto infelicemente trasformata, è sempre preziosa, anche per alcune tele d’altari, fra cui S. Antonio di Padova dello Storer, tedesco, visibile nella parete destra della Cappella vicina alla sagrestia.

L. Meregalli.

LA GIOVINE MADRE


Adolfo Deschamps


Dolce è il tuo sonno, o bel fanciullo biondo!
Appien rivela che soltanto, al mondo,
Tu distingui de’ miei baci ’l romor!
Il tuo sereno aspetto agli immortali
Fa dubitar ch’io ti nasconda l’ali,
E un angelo tu sia, simile a lor!


Mentre tu dormi, così dolcemente,
Vie più t’imbianchi, e, sotto il ciglio ardente,
Le amate guancie tingi di rossor:
Le tue palpebre poi cosi serrate
Pajon l’ali d’un’ape dispiegate
Sui petali d’un giglio, ai primi albor!


Il tuo viso infantil, tutto vaghezza,
Mi sembra un ciel di pace e di purezza,
In cui dell’alma tua brilli ’l fulgor!
Desso è specchio fedel, che non inganna,
E l’aura di quaggiù mai non l’appanna
Perchè Iddio ti riguarda con amor.


No! il ciel non abbandona alma sì bella
Del mondo impuro alla crudel procella,
Che i bimbi strugge, come strugge i fior!
Una lagrima a Dio spunta in sul ciglio,
Quand’Egli mira nel terrestre esiglio
Che un fior sì fresco inaridisce e muor!


Ma quand’io sul mio sen ti stringo, in pianto,
E t’offro a Lui come olocausto santo,
O mio pargolo bello, o mio tesor,
Allor ti guardo, e, nella prece mia,
Sento che grata è a Lui l’offerta pia,
Che invio dall’ara del materno cor.

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Io prego allora la bontà infinita
A far blando il sentier della tua vita,
E a ricovrirti ognor del suo favor,
Poi, largo premio del mio vivo affetto,
Io chieggo a Dio che solo un sorrisetto
Da te mi venga, e attesti ’1 tuo candor.


Oh! possa, in mezzo a fior’più lusinghieri,
Nelle danze ridenti e nei piaceri,
Possa io mostrarti l’infernale orror
’Ve inabissa, con gelido blasfema,
Chi non vide tra i fior dell’anatèma
Raggiar di due sinistri occhi ’1 baglior!


O mio bambino, al Dio, che t’ha creato
Serba sempre il tuo labbro intemerato,
E la prece, che schietta ergi al Signor,
Come, a sera, si addorme verginale
Tal si desti, in sull’alba mattinale,
De’ fior’di miele col soave odor.


E la croce che al collo io t’ho sospesa,
T’apprenda del peccar quant’è l’offesa,
E perché Iddio fu oppresso dai dolor’:
T’apprenda, o caro, come tante pene
Ei le sofferse per il nostro bene,
Ed amarlo tu dei con santo ardor.


O bimbo mio!... Congiungi le manine
E, affilando alle imagini divine
Di tue pupille il cerulo splendor,
T’inginocchia, e, con santa cortesia,
Ai dolci nomi di Gesù e Maria
Deh! impara a far sul mio grembiule onor!

Pietro Caliari.


Offerte per l’Opera Pia Catena

(CURA DI SALSOMAGGIORE).


Sandra invocando una benedizione nel suo giorno nuziale |||
 L. 50 ―
Baglia Bambergi Giulia |||
   » 10 ―
Bernasconi Maria |||
   » 200 ―
Colombo Maria |||
   » 10 ―
Clotilde Riva |||
   » 10 ―
Banco Ambrosiano |||
   » 150 ―
Banca Popolare |||
   » 250 ―
Winghen Gianetto Margherita |||
   » 10 ―

NUOVE PATRONESSE.

Colombo Maria — Winghen Gianetto Margherita.

PENSIONE FAMIGLIA PER IMPIEGATE


Somma retro L. 5490 ―

Sig. Lodovico Hess (già Socio fondatore) un’azione |||
   » 10 ―
Ing. Italo Locatelli, altre due azioni |||
   » 20 ―
Signora Clerici marchesa Giuditta |||
   » 10 ―
» Robecchi |||
   » 10 ―
Donna Maria Craven |||
   » 10 ―
» Giulia Craven |||
   » 5 ―
Don Luigi Craven |||
   » 5 ―
Banca Popolare |||
   » 200 ―
N. N. |||
   » 2 ―
Signor Mario Misetti |||
   » 5 ―
Gian-Franco Banfi |||
   » 5 ―
Signora Giuditta Conti Bisleri |||
   » 10 ―


(Continua) Totale L. 5782 —