Il Valdarno da Firenze al mare/Cap. IV
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IV
DA PONTEDERA Al MARE.
PONTEDERA.
Comunemente la chiamano città, perchè, come Empoli, avrebbe tutte le condizioni per esserio: ma le manca quello che chiameremo la dichiarazione ufficiale, talché le rimane la vecchia qualifica, de’ tempi del Granducato, di terra nobile. Città o no, Pontedera è un centro industriale e commerciale che nel Valdarno Inferiose occupa senza dubbio il primo posto.
Situata in mezzo alla pianura, presso la confluenza del fiume Era nell’Arno, è ben fabbricata, ha belle strade, ampie piazze, eleganti e comodi palazzi moderni ed ogni anno estende rapidamente il suo caseggiato, collegandosi coi numerosissimi e vasti stabilimenti industriali che le danno prosperità e animazione.
Pontedera è povera di monumenti d’interesse artistico; ma in compenso è doviziosamente provvista di tuttociò che serve ai bisogni della sua vita e del suo movimento e che le dà carattere di un vero emporio di moderna attività industriale.
Le memorie storiche di Pontedera si riassumono nelle alternative delle lotte costanti che per il corso di vari secoli si svolsero fra Fiorentini e Pisani. A’ primi del XIII secolo, presso un umile borgo, i Pisani inalzarono un gagliardo castello sulle rive dell’Era e fortificarono pure il fosso Arnaccio che era come una diramazione dell’Arno e che poteva costituire un comodo mezzo di accesso nel loro territorio. Nel 1256 Pontedera, sebbene gagliardamente difesa, fu espugnata dai
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Del carattere di queste fortificazioni servono a dare un’idea abbastanza chiara le riproduzioni che possiamo offrire di Porto Pisano, tratte dagli affreschi del Camposanto di Pisa e da un antico marmo che si conserva nel Museo di Genova. La pianura fra Pisa ed il mare è oggi occupata da un lato da campi ubertosi, dall’altro dalle boscaglie, dalle praterie e dai lunghi e pittoreschi viali di San Rossore, un delizioso luogo di caccia, dove la selvaggina indisturbata popola e rallegra le fitte selve e le tranquille rive dei laghetti e dei canali. La tenuta di San Rossore, che fu in origine una delle tante bandite della casa granducale toscana, acquistò fama ed importanza nel periodo in cui Firenze fu capitale d’Italia. Vittorio Emanuele la tenne come suo ordinario e gradito soggiorno e, lontano dagli splendori della reggia, cercò fra que’ boschi annosi e le praterie infinite le quiete gioje della vita borghese. Spogliato d’ogni pompa e d’ogni apparenza regale, egli trovava in mezzo alle bellezze campestri di San Rossore le soddisfazioni più semplici e più gaje, lieto di vivere della vita stessa de’ quieti e modesti abitatori di quei luoghi. Fu allora che vennero eretti in varie parti della tenuta edifizi dalle forme gaje ed eleganti, leggiadri riposi di caccia e quel vaghissimo casino del Gombo, allietato dalla solenne maestà del mar Tirreno e dalla gioconda bellezza dell’ampio parco. San Rossore offre infatti le attrattive più gentili, più originali, più caratteristiche, giacche la rigogliosa vegetazione delle piante tropicali, la presenza di mandre di dromedari e di cammelli gli dan la parvenza di una fertile plaga della costa africana. Lungo la spiaggia, una fitta e ampia pineta che si distende sulle due rive dell’Arno e si collega da un lato con quella di Viareggio e dall’altro si spinge verso Livorno, offre l’asilo più gradito nellecalde giornate estive e sparge in mezzo all’aere purissimo gli acri e salutari profumi delle resine. Alla foce del fiume, le due rive opposte presentano un singolare contrasto che parrebbe il riassunto, la sintesi delle bellezze naturali infinite dei luoghi che l’Arno attraversa nel suo lungo percorso. Da un lato i boschi folti e quasi impraticabili, le praterie popolate di greggi, i viali interminabili, silenziosi e deserti, i casini campestri circondati dalla lussureggiante vegetazione, dai fiori rigogliosi e da una quiete alta e profonda che simbo leggia la natura nella sua calma più completa. Dall’altra sponda, è rappresentata in tutta la sua gajezza, in tutto il suo splendore l’eleganza e la giocondità della vita moderna. Dove non erano che uno squallido e melanconico fortino per la guardia della costa e poche casupole di boscajoli, abbandonate in mezzo alla fitta pineta e sulle arene continuamente percosse dal mare, è ora una delle più belle, delle più ridenti, delle più sfarzose stazioni balneari. La costa renosa formicola di stabilimenti balneari, di padiglioni, di baracche che accolgono nuvoli di bagnanti, che offrono un allegro e piacevole asilo ad una colonia Pagina:Il Valdarno da Firenze al mare.djvu/152 IO ed •H ^ § -P U ►H Cd ♦ f d M H •.0 P. > CD CO rH CD U -P co o d •H 2 H o CD O •H O <H ed fn O ttf) O • tì O H O CV2 d a • a •H O H CD e o • CD •H (D N -P U CD CO tH rH «H&* H -P O ^ tì -P Ci H CD UNIVERSITY OF TORONTO LIBRARY Do not re move the card from this Pocket, Acme Library Card Pocket Under Pat. " Ref. Index File." Made by LIBRARY BUREAU