Novella XXVIII

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XXVII XXIX

Ser Tinaccio prete da Castello mette a dormire con una sua figliuola uno giovene, credendo sia femina, e ’l bel trastullo che n’avviene.

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Piú nuova e piú archimiata mostra fece colui che si mostrò in questa novella essere femina, ed era uomo. Venendo alla novella, nel mio tempo fu prete d’una chiesa a Castello, contado di Firenze, uno che ebbe nome ser Tinaccio, il quale essendo già vecchio, avea tenuto ne’ passati tempi, o per amica o per nimica, una bella giovane dal Borgo Ognissanti, e avea avuto di lei una fanciulla, la quale nel detto tempo era bellissima e da marito: e la fama era per tutto che la nipote del prete era una bella cosa.
Stava non troppo di lungi a questa uno giovane, del cui nome e famiglia voglio tacere, il quale, avendo piú volte veduta questa fanciulla, ed essendone innamorato, pensò una sottile malizia per essere con lei, e venneli fatto. Una sera di tempo piovoso, essendo ben tardi, costui si vestí come una forese, e soggolato che s’ebbe, si mise paglia e panni in seno, facendo vista d’essere pregna e d’avere il corpo a gola, e andossene alla chiesa per addomandare la confessione, come fanno le donne quando sono presso al partorire. Giunta che fu alla chiesa, era presso a un’ora di notte, picchiò la porta, e venendo il cherico ad aprire, domandò del prete. Il cherico disse:
- Elli portò poc’ora fa la comunione a uno, e tornerà tosto.
La donna grossa disse:
- Ohimè, trista, ch’io sono tutta trambasciata.
E forbendosi spesso il viso con uno sciugatoio, piú per non essere conosciuto che per sudore che avesse sul volto, si pose con grande affanno a sedere dicendo:
- Io l’aspetterò, ché per la gravezza del corpo non ci potrei tornare; e anco, se Dio facesse altro di me, non mi vorrei indugiare.
Disse il cherico:
- Sia con la buon’ora.
Cosí aspettando, il prete giunse a un’ora di notte. Il popolo suo era grande: avea assai populane che non le conoscea. Come la vide al barlume, la donna archimiata con grande ambascia, e asciugandosi il viso, gli disse che l’avea aspettato, e l’accidente il perché. E ’l prete la cominciò a confessare. La maschia donna, com’era, fece la confessione ben lunga, acciò che la notte sopravvenisse bene. Fatta la confessione, la donna cominciò a sospirare, dicendo:
- Trista, ove n’andrò oggimai istasera?
Ser Tinaccio disse:
- E’ serebbe una sciocchezza; egli è notte buia e pioveggina e par che sia per piovere piú forte; non andate altrove: statevi stasera con la mia fanciulla, e domattina per tempo ve n’anderete.
Come la maschia donna udí questo, gli parve essere a buon punto di quello che desiderava; e avendo l’appetito a quello che ’l prete dicea, disse:
- Padre mio, io farò come voi mi consigliate, però che io sono sí affannata per la venuta che io non credo che io potesse andare cento passi sanza gran pericolo, e ’l tempo è cattivo e la notte è, sí che io farò come voi dite. Ma d’una cosa vi prego, che se ’l mio marito dicesse nulla, che voi mi scusiate.
Il prete disse:
- Lasciate fare a me
E andata alla cucina, come il prete la invioe, cenò con la sua fanciulla, spesso adoprando lo sciugatoio al viso per celare la faccia.
Cenato che ebbono, se ne andorono al letto in una camera, che altro che uno assito non v’avea in mezzo da quella di ser Tinaccio. Era quasi sul primo sonno che ’l giovane donna cominciò a toccar le mammelle alla fanciulla, e la fanciulla già avea dormito un pezzo; e ’l prete s’udía russare forte; pur accostandosi la donna grossa alla fanciulla, e la fanciulla, sentendo chi per lei si levava, comincia a chiamare ser Tinaccio, dicendo:
- Egli è maschio.
Piú di tre volte il chiamò pria che si svegliassi; alla quarta:
- O ser Tinaccio, egli è maschio.
E ser Tinaccio tutto dormiglioso dice:
- Che di’ tu?
- Dico ch’egli è maschio.
Ser Tinaccio, avvisandosi che la buona donna avesse fatto il fanciullo, dicea:
- Aiutalo, aiutalo, figliuola mia.
Piú volte seguí la fanciulla:
- Ser Tinaccio, o ser Tinaccio, io vi dico ch’egli è maschio.
E quelli rispondea:
- Aiutalo, figliuola mia, aiutalo, che sie benedetta.
Stracco ser Tinaccio, come vinto dal sonno si raddormentoe, e la fanciulla ancora stracca e dalla donna grossa e dal sonno, e ancora parendoli che ’l prete la confortasse ad aiutare quello di cui ella dicea, il meglio che poteo si passò quella notte. E presso all’alba, avendo il giovene adempiuto quanto volle il suo desiderio, manifestandosi a lei, che già sanza mandorle s’era domesticata, e chi egli era, e come acceso del suo amore s’era fatto femina, solo per essere con lei come con quella che piú che altra cosa amava, e per arra, levatosi, in sul partire gli donò denari che aveva allato, profferendoli ciò che avea essere suo; ed ancora ordinò per li tempi avvenire come spesso si trovassono insieme; e fatto questo con molti baci e abbracciamenti pigliò commiato, dicendo:
- Quando ser Tinaccio ti domanderà «che è della donna grossa», dirai: «Ella fece istanotte un fanciul maschio, quando io vi chiamava, e istamane per tempo col detto fanciullo s’andò con Dio».
Partitosi la donna grossa, e lasciata la paglia, che portò in seno, nel saccone di ser Tinaccio; il detto ser Tinaccio, levandosi, andò verso la camera della fanciulla, e disse:
- Che mala ventura è stata questa istanotte, che tu non mi hai lasciato dormire? Tutta notte ser Tinaccio, ser Tinaccio : ben, che è stato?
Disse la fanciulla:
- Quella donna fece un bel fanciul maschio.
- O dove è?
Disse la fanciulla:
- Istamane per tempissimo, credo piú per vergogna che per altro, se n’andò col fanciullo.
Disse ser Tinaccio:
- Deh dagli la mala pasqua, ché tanto s’indugiano che poi vanno pisciando li figliuoli qua e là. Se io la potrò riconoscere, o sapere chi sia il marito, ché dee essere un tristo, io gli dirò una gran villania.
Disse la fanciulla:
- Voi farete molto bene, ché anco me non ha ella lasciato dormire in tutta notte.
E cosí finí questa cosa, ché da quell’ora innanzi non bisognò troppo archimia a congiugnere li pianeti, che spesso poi per li tempi si trovorono insieme; e ’l prete ebbe di quelle derrate che danno altrui. Cosí, poiché non si può far vendetta sopra le loro mogli, intervenisse a tutti gli altri, o sopra le nipote, o sopra le figliuole, come fu questa, simile inganno, che per certo e’ fu bene uno de’ maggiori e de’ piú rilevati che mai si udisse.
E credo che ’l giovene facesse piccolo peccato a fallire contro a coloro che, sotto la coverta della religione, commettono tanti falli tutto dí contro alle cose altrui.