Novella CXXXVII

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CXXXVI CXXXVIII

Come le donne fiorentine, senza studiare o apparare leggi, hanno vinto e confuso già con le loro legge, portando le loro fogge, alcuno dottore di legge.

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Assai è dimostrato nella precedente novella quanto le donne fiorentine con sottile industria avanzano di dipignere tutti li dipintori che furono mai; e come li diavoli fanno parere e diventare angioli di bellezza; e ancora come ogni difetto di natura elle addirizzano e racconciano. Ora in questa voglio mostrare come la loro legge ha già vinto gran dottori, e come elle sono grandissime loiche, quando elle vogliono.
Egli è non gran tempo che io scrittore essendo, benché indegno, de’ Priori nella nostra città, venne uno judice di ragione, il quale avea nome messer Amerigo degli Amerighi da Pesaro, bellissimo uomo del corpo, e ancora valentissimo della sua scienza. E appresentandosi nella sua venuta all’officio nostro con quelle solennità e parole che bisogna, andò ed entrò nell’officio. Ed essendosi fatta nuova legge sopra gli ornamenti delle donne, fu poi da ivi a certi dí mandato per lui, e ricordato che sopra quelli ordini procedesse tanto sollecitamente quanto si potesse; e quelli rispose di farlo. E andato alla sua casa, veduto sopra quelli ordini, piú e piú dí la sua famiglia andò cercando; e quando il notaio tornava, gli diceva, quando trovava alcuna donna, com’elli la volea scrivere, l’argomento che ciascuna facea, e ’l notaio ne parea quasi che mezzo uscito di sé; e messer Amerigo avea notato e considerato tutti i rapporti del suo notaio.
Avvenne per caso che, veggendo certi cittadini le donne portare ciò che elle voleano senza alcun freno; e sentendo la legge fatta; e ancora sentendo l’officiale nuovo esser venuto; vanno di loro certi a’ Signori, e dicono che l’officiale nuovo fa sí bene il suo officio che le donne non trascorsono mai nelle portature come al presente faceano. Onde li Signori mandorono per lo detto officiale, e dicendoli come si maravigliavono del negligente officio che facea sopra gli ordini delle donne, il detto messer Amerigo rispose in questa forma:
- Signori miei, io ho tutto il tempo della vita mia studiato per apparar ragione, e ora, quando io credea sapere qualche cosa, io truovo che io so nulla, però che cercando degli ornamenti divietati alle vostre donne per gli ordini che m’avete dati, sí fatti argomenti non trovai mai in alcuna legge, come sono quelli ch’elle fanno; e fra gli altri ve ne voglio nominare alcuni. E’ si truova una donna col becchetto frastagliato avvolto sopra il cappuccio; il notaio mio dice: «Ditemi il nome vostro; però che avete il becchetto intagliato»; la buona donna piglia questo becchetto che è appiccato al cappuccio con uno spillo, e recaselo in mano, e dice ch’egli è una ghirlanda. Or va piú oltre, truova molti bottoni portare dinanzi; dicesi a quella che è trovata: «Questi bottoni voi non potete portare»; e quella risponde: «Messer sí, posso, ché questi non sono bottoni, ma sono coppelle, e se non mi credete, guardate, e’ non hanno picciuolo, e ancora non c’è niuno occhiello». Va il notaio all’altra che porta gli ermellini, e dice: «Che potrà apporre costei?» «Voi portate gli ermellini»; e la vuole scrivere; la donna dice: «Non iscrivete, no, ché questi non sono ermellini, anzi sono lattizzi»; dice il notaio: «Che cosa è questo lattizzo?» e la donna risponde: «È una bestia». E ’l notaio mio come bestia...Truova spesse volte donne con...
- Noi abbiamo tolto a contender col muro.
Dice un altro:
- Me’ faremo attendere a’ fatti che portano piú.
Dice l’altro:
- Chi vuole il malanno, sí se l’abbia.
E infine dice uno:
- Io vo’ che voi sappiate ch’e’ Romani non potero contro le loro donne, che vinsono tutto il mondo; ed elle per levar gli ordini sopra gli ornamenti loro, corsono al Campidoglio, e vinsono e’ Romani, avendo quello che voleano; per tal segnale che Coppo del Borghese in una novella di questo libro leggendo in Tito Livio la detta istoria, ne fu per impazzare. E cosí allegando or l’uno or l’altro, fu detto per tutto l’officio a messer Amerigo, che guardasse di far quello che ben fosse e l’avanzo si stesse. E questo fu detto in tal ora, e in tal punto, che quasi d’allora in qua nessuno officiale quasi ha fatto officio, o datosene fatica; lasciando correre le ghirlande per becchetti, e le coppelle e i lattizzi, e’ cinciglioni. E però dice il Friolano: «Ciò che vuole dunna, vuol signò; e ciò che vuol signò, tirli in birli».