Il Trecentonovelle/CXV
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Dante Allighieri, sentendo uno asinaio cantare il libro suo, e dire: arri; il percosse dicendo: cotesto non vi miss’io; e lo rimanente come dice la novella.
Ancora questa novella passata mi pigne a doverne dire un’altra del detto poeta, la quale è breve, ed è bella. Andandosi un dí il detto Dante per suo diporto in alcuna parte per la città di Firenze, e portando la gorgiera e la bracciaiuola, come allora si facea per usanza, scontrò uno asinaio, il quale avea certe some di spazzatura innanzi; il quale asinaio andava drieto agli asini, cantando il libro di Dante, e quando avea cantato un pezzo, toccava l’asino, e diceva:
- Arri.
Scontrandosi Dante in costui, con la bracciaiuola li diede una grande batacchiata su le spalle, dicendo:
- Cotesto arri non vi miss’io.
Colui non sapea né chi si fosse Dante, né per quello che gli desse; se non che tocca gli asini forte, e pur:
- Arri, arri.
Quando fu un poco dilungato, si volge a Dante, cavandoli la lingua, e facendoli con la mano la fica, dicendo:
- Togli.
Dante veduto costui, dice:
- Io non ti darei una delle mie per cento delle tue.
O dolci parole piene di filosofia! che sono molti che sarebbono corsi dietro all’asinaio, e gridando e nabissando ancora tali che averebbono gittate le pietre; e ’l savio poeta confuse l’asinaio, avendo commendazione da qualunche intorno l’avea udito, con cosí savia parola, la quale gittò contro a un sí vile uomo come fu quell’asinaio.