Il Trecentonovelle/CXCV
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Uno villano di Francia avendo preso uno sparviero del re Filippo di Valos, e uno mastro uscier del re, volendo parte del dono a lui fatto ha venticinque battiture.
Uno contadino di Francia mi si fa innanzi a volere che io lo descriva in suo sottile accorgimento, il quale usò contro a uno maestro uscier del re Filippo di Valos, perché con appetito d’avarizia gli volea tòrre quello che lo re avea ordinato di dare a lui.
Avvenne per caso che regnando il detto re, e facendo il suo dimoro in Parigi, avea un suo sparviero, che di bellezza e di bontà passò tutti che nella sua Corte fossono mai, avendo e’ sonagli o d’oro o d’argento smaltati tutti con gigli dell’arme reale. E venendoli volontà, come spesso incontra, d’andare a sollazzo e con questo e con altri uccelli e cani, per vedere volare, giunti in uno luogo, dove era copia di pernisi, lo sparveratore del re che lo avea in mano, gittò questo sparvero a una pernise, e lo sparvero la prese. Andando piú oltre, gittò a un’altra, e non pigliandola, che che si fosse la cagione, o villania che lo sparviere ricevesse o altro, dove solea essere tanto maniero che sempre, non pigliando, d’aria in pugno ritornava, fece tutto contrario, che egli volò in alto e tanto di lunge che lo perderono di veduta. Onde il re, veggendo questo, mandò circa otto de’ suoi scudieri sergenti e lo sparveratore a seguire lo sparviero, tanto che lo ritrovassino. E cosí andorono per diverse parti, consumando otto giorni che mai niente ne poterono trovare, e ritornorono a Parigi rapportando ciò al re.
Di che il re se ne dié malinconia, come che fosse uno valoroso re, e questo fosse un nobile sparviere... tutto dí incontra.
E stando per alcuno spazio, e non essendo appresentato lo sparviero per alcuno che l’avesse preso, fece mettere un bando che chi pigliasse il detto sparviero, e rappresentasselo, averebbe da lui duecento franchi, e chi non lo rappresentasse, anderebbe al giubbetto. E cosí andò e la grida e la fama, e conseguendo per spazio d’uno mese, questo sparviero capitò nel contado di... là dove essendo su uno arbore, e ’l contadino narrato di sopra, lavorando ne’ campi appiè di quello, ebbe sentito e’ sonagli, e accostandosi quasi per scede, e mostrando la callosa e rozza mano, con uno allettare assai disusato, lo sparviero gli venne in mano. Al contadino, oltre al ghermire degli artigli, parv’essere impacciato; ma veduti i sonagli col segno reale, e avendo due fanciulle da marito, perché avea inteso la fama del bando, come uomo poco sperto a questa faccenda, gli parve essere mezzo impacciato; ma pur, presi i geti e lasciata la zappa, s’avviò verso la sua casa, e tagliata una cordella da un basto d’uno asino, l’attaccò a’ geti e legollo su una stanga. E considerando chi egli era, e come era adatto a portarlo a Parigi innanzi la presenza del re, tutto venía meno. E com’egli era a questo punto, un mastro usciere del re, per alcuna faccenda passando dalla casa di costui, sentendo li sonagli, disse:
- Tu hai preso lo sparviere del re.
Quelli rispose:
- Io credo di sí.
Allora costui gli lo chiede, dicendo:
- Tu lo guasteresti, se tu lo portassi, dàllo a me.
Il contadino rispose:
- Egli è ben vero ciò che voi dite, ma piacciavi non mi tòr quello che la fortuna m’ha dato; io lo porterò il meglio che potrò.
Costui si sforzò e con parole e con minacce averlo dal contadino, e mai non vi fu modo; di che gli disse:
- Or ecco, se non vuogli far questo, fammi un servigio; io sono innanzi col re assai, io ti serò buono in ciò che potrò; e tu mi prometti di darmi la metà di quello che ’l re ti darà.
Il contadino disse:
- Io sono contento -; e cosí promisse.
Vassene costui a Parigi; e ’l contadino, trovato un guanto di panno tutto rotto e mandato a uno d’una terra vicina suo amico, che si dilettava... gli prestò un cappello, e pasciuto lo sparviere e incappellato, si mise la via tra gambe, tanto che con gran fatica, per portare cosa non mai usata, e perché villano avea preso gentile, giunse a Parigi dinanzi al re. Il quale, veggendolo, ebbe allegrezza dello sparviere trovato e risa assai, veggendo quanto stava bene in mano al contadino. Di che il re disse:
- Domanda ciò che tu vuoi.
Il contadino rispose:
- Monsignor le Roi, questo sparviere mi venne a mano come piacque a Dio; hollo recato il meglio che ho potuto, il dono che io voglio da voi è che mi facciate dare cinquanta o bastonate o scoreggiate.
Lo re si maravigliò, e domandò la cagione di quello che domandava. Egli lo disse: come il tal suo mastro usciere volle che io gli promettessi dargli il mezzo di quello che a vostra santa corona mi donasse; fate a lui e le venticinque a me. E come che io sia povero uomo e arei bisogno per due mie figliuole da marito d’avere altro dalla vostra signoria, io me n’andrò molto piú contento, avendo quello che io vi domando, per vedere dare a lui quello che merita, benché io l’abbia simile a lui, che se voi mi deste del vostro oro e del vostro argento.
Lo re, come savio, intese il dire del materiale contadino, e pensò con la justizia mandarlo contento, dicendo a’ suoi:
- Chiamatemi il tale mio mastro usciere.
Subito fu chiamato; e giunto dov’era la presenza del re, lo re lo domanda:
- Trovastiti tu là, dove costui avea preso questo sparviere?
Quelli rispose:
- Oí, monsignore le Roi.
Disse lo re:
- Perché non lo recavi tu?
E quelli rispose:
- Questo villano non volle mai.
Lo re disse:
- Piú tosto fu la tua avarizia, per avere da lui mezzo il dono ch’egli avesse.
E ’l villano, udendo disse:
- E cosí fu, signor mio.
- E io, - disse il re - dono a questo contadino cinquanta sferzate a carni nude, delle quali, come tu patteggiasti con lui, n’hai avere venticinque.
E comanda a un suo giustiziere che subito lo faccia spogliare e mettale ad esecuzione, e cosí fu fatto. E lo re lo fece venire dinanzi a lui e al villano e disse:
- Io t’ho dato mezzo il dono e hotti cavato d’obbligo che l’avei promesso a questo rubaldo; l’avanzo non voglio guire di dare a te.
Ma dice a uno suo cameriero:
- Va’, fa’ dare dugento franchi a costui, acciò che mariti le sue figliuole; e da ora innanzi vieni a me quando tu hai bisogno, che sempre sovverrò alla tua necessità.
E cosí si partí il contadino con buona ventura; e ’l mastro usciere si fece di scorreggiate un’armadura, per andar piú drieto al ben proprio che a quello del suo re.
Grande fu la justizia e la discrezione di questo re; ma non fu minore cosa uscire del petto d’uno villano, anzi d’un animo gentile, si potrebbe dire, tanto degna domanda, per pagare la cupidigia di colui che mai non fu in grazia dello re Filippo, come era prima.