Il Trecentonovelle/CLXXXV
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Pero Foraboschi truova in un’oca cotta un capo di gatta, e quello perché gli fu fatto, e quello che gli avviene.
Pochi anni sono passati che in Firenze fu un gentiluomo chiamato Pero Foraboschi, il quale, essendo antico d’anni e avendo del nuovo, tornando di Valdarno verso Firenze e arrivando a Cascia, fu invitato del mese d’ottobre, quasi in fine, a bere là con uno contadino; il quale accettando l’invito, gli furono recate castagne secche, per sí fatto modo che togliendone Pero parecchie in mano, e cominciando a volerne mangiare una, tra ch’egli avea pochi denti e cattivi e la castagna era dura come pietra, e’ non vi fu modo che e’ non se la cavasse di bocca e rimettessela in mano, e ripresene un’altra la quale in simil forma non si macerò mai; e provando or l’una or l’altra, tutte le provò e in mano se le ritolse, sanza poterle domare. E cosí avendole in mano, pigliò commiato; e venendo verso Firenze, giammai non le dimorsò, che sempre tra via or l’una or l’altra si metteva in bocca, e quanto piú le biasciava e rugrumava, piú induravano. A questo modo giunse questo Pero a Firenze, là dove giugnendo, uno Bartolozzo speziale che stava in su quel canto de’ Figliuo’petri, assai piacevole persona e nuovo uomo, gli si fa incontro, e salutando il piglia per la mano, e sceso da cavallo, lo invitò a bere. Pero disse:
- Lasciami rimettere il ronzino in casa, e io ne vengo -; e mostragli le castagne e dice: - E anco ho l’esca da me.
Disse Bartolozzo:
- Io me ne vo innanzi, vienne a tuo agio.
Rimesso il ronzino nella stalla, Pero se n’andò a bere con Bartolozzo; dove essendovi degli altri vicini, e Pero porse la mano delle castagne alla brigata. E togliendone ciascuno, o che le castagne fossono intenerite o che uno di loro avesse migliori denti che Pero, disse:
- O elle son vincide.
E Pero rispose:
- Elle possono ben essere vincide, che io l’ho recate in bocca da Cascia in qua.
La brigata si volge e sputano quelle tante che aveano in bocca; e Bartolozzo dice:
- Come diavolo l’hai recate in bocca?
Pero grosso raffermò la faccenda; e gli altri si guatorono insieme e spaccioronsi di bere e andoronsi con Dio. Bartolozzo, tornando alla bottega, fra sé stesso si dolea dicendo: «Io fo onore a Pero, ed elli mi fa villania dogli del migliore vino ch’io ho, ed elli m’ha dato della lava sua: non sia io mai uomo, se io non gnene fo una piú sucida a lui».
Avvenne per caso che la fortuna da indi a pochi dí fu favorevole al desiderio suo, però che, venendo la vilia d’Ognissanti, e Pero, o che li fosse stata donata, o che avesse comprata una grassissima oca pelata, disse a uno contadino che era con lui:
- Va’ e portala alla bottega di Bartolozzo speziale, e di’ che me la serbi.
E ’l contadino cosí fece. Come Bartolozzo vide questa, disse a uno fanciullo della bottega:
- Va’, riponla.
E pensando in che modo ne potesse fare una a Pero, andandosene a desinare, ebbe veduto una gatta morta presso all’uscio suo e occultamente a uno fanciullo se la fece tirare in casa; e fatto questo, tagliò il capo della gatta e l’imbusto fece gittare segretamente fuori.
Desinato che ebbe, portò il capo della gatta sotto il mantello alla bottega, e veduto tempo che segreta potesse fare la faccenda, tolse l’oca di Pero, la quale non era ancora mossa dalla bottega; e sparata che l’ebbe e cavato ciò che dentro avea, vi misse il capo della detta gatta, e cuscitolo dentro, la rappiccò donde spiccata l’avea.
Non fece Bartolozzo questo per lo fine a che venne poi, però che s’avvisoe che mandando Pero per l’oca, e facendola aprire per mettervi o agli o mele cotogne, trovasse in iscambio delle cose dentro dell’oca, la testa della gatta; e di questo vedesse la novità che ne seguisse. Ma la fortuna volle che la cosa andasse piú oltre e in altra forma. Però che mandando Pero per la detta oca, e per avventura essendo in quel dí venuta a stare una fante con lui che avea nome Cecca, la quale, non essendo mai stata con altrui, dicea saper ben fare ogni cucina, non essendosi mai partita da Baragazza, dond’ella era, se non allora che venne a Firenze, e alla prima casa che arrivò, fu a casa Pero Foraboschi; credendo Pero che questa fosse figliuola di Pellino, disse che acconciasse quell’oca e portassela al forno. Costei, vedendola sparata e ricucita, avvisossi ch’ella fosse acconcia d’ogni cosa che bisognava; e tolto uno tegame e acconciala dentro, la portò al forno. Venuta la sera d’Ognissanti, e la Cecca andata per l’oca, e Pero e la sua famiglia essendo a tavola, facendo venire la detta oca, come la vide cosí rilevata nel corpo, disse:
- Per certo bene è riuscita quest’oca bella e grassa, com’io credea; guarda quant’ella è piena -; e recasela innanzi, e col coltello in mano la cominciò a spolpare e a mangiare.
Quando le parti di sopra furono quasi mangiate, e Pero comincia a entrare nel groppone; là dove aprendo da parte di drieto, parve che s’aprisse uno cimitero; e a un tratto giugnendo il puzzo al naso e agli occhi il capo della gatta incostricciato e digrignante che parea un teschio, Pero quasi smemorato, segnandosi e levandosi da tavola, dice:
- Che mala ventura è questa?
La donna sua sbigottita conforta Pero, e pensa quella essere una malía, dicendoli che si boti di porre una immagine alla Nunziata s’ella gli fa grazia che rimanga libero di tale accidente. Pero dice:
- E cosí la prego e cosí prometto.
E levatosi la cosa dinanzi e gittata via, come si dee credere, la notte quasi non dormí, lamentandosi di quello che avea mangiato. E pensando tutta notte sopra a ciò, la mattina vegnente andò investigando chi fossono quelli che gli aveano venduta quell’oca, o a lui, o al notaio della Grascia dov’egli era officiale, il quale si crede veramente che gli la donasse, come ancora oggi si fa. Donde ch’ella venisse, Pero consumò quasi tutta la mattina de’ Morti e per paura della malía, e per ogni altra cagione, in andare investigando, e chi l’avesse venduta, e ancora Bartolozzo che l’avea serbata, se potesse trovare chi avesse messo il capo della gatta dentro all’oca. E non potendone alcuna cosa trovare per fuggire il pericolo di che dubitava, si tornò a casa, e ’l dí tre di novembre s’andò in Orto San Michele, facendosi fare di cera; e dopo alquanti dí compiuta la immagine, la fece portare alla chiesa de’ Servi, e là alla Nunziata la presentò.
La quale poi fu messa a’ ballatoi del legname che sono di sopra; e insino al dí d’oggi si vede, ch’ella somiglia propio Pero Foraboschi.
Or cosí intervenne a Pero, per dire che avea recate le castagne in bocca da Cascia in qua, che furono due stoltizie: l’una recare parecchie castagne da Cascia, e l’altra dire che l’avea macerate in bocca; di che a lui fu messo a macerare il capo della gatta nel culo dell’oca; ed elli ne diventò di cera, appresentandosi a’ Servi. E per recare per miseria sei castagnuzze da Cascia, gli venne comprata l’una piú di venti soldi. E cosí l’avaro molto spesso spende piú che ’l largo, come nel mondo tutto dí interviene.