Il Trecentonovelle/CLXXXIII

Novella CLXXXIII

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CLXXXII CLXXXIV

Gallina Attaviani dà un bel mangiare a uno forestieri, credendo sia gran maestro d’una arte, e mangiato, truova il contrario; di che s’ha perduta spesa, e rimane scornato.

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Ora lascerò le subite risposte e verrò a dire d’alcun nuovo avviso fatto per un nostro fiorentino, il quale ebbe nome Gallina Attaviani. Fu costui orafo in Porta Santa Maria, e continuo, come fanno, scolpiva suoi intagli dentro allo sportello.
Era per ventura in quel tempo venuto a Firenze, per andare a Roma, uno Rinaldo da Monpolieri, il quale, uscendo la mattina dall’albergo de’ Macci, ove tornava, andava in Orto San Michele a udire messa o a vedere Nostra Donna; e poi andava in Mercato Nuovo, distendendosi per Porta Santa Maria, là dove avea preso per uso di posarsi e d’appoggiarsi allo sportello del Gallina, e là, sanza dire alcuna cosa, guardava e considerava lo ’ntagliare del Gallina. E continuando questo piú volte in diversi dí, al Gallina venne in pensiero costui dovere essere uno grandissimo maestro d’intagli. E avvisandosi quasi fosse Pulicreto, una mattina, sanza sapere altro, gli disse:
- Gentiluomo, io vi prego che domattina voi desiniate meco.
Rinaldo disse piú volte:
- Gran mercè -; non bisognava; e che sempre era con lui, ecc.
Allora il Gallina piú infiammava, e tanto gli disse ch’egli accettò lo ’nvito. La fortuna fu favorevole al Gallina, acciò che potesse fare piú magna spesa; egli era di quaresima, e al Ponte avea storioni e lamprede. Egli andò e invitò certi suoi vicini gentiluomeni e de’ Bardi, e de’ Rossi, e fece uno mangiare di quattro taglieri bellissimo. Venuta l’altra mattina, e Rinaldo s’appresentò alla bottega del Gallina, e andarono a desinare; là dove, com’è d’usanza, tutti facevono reverenzia al forestiere, e domandavono el Gallina chi egli era. E ’l Gallina dicea che nol sapea, ma che gli parea comprendere ch’egli era un gran maestro d’intagli e innanzi ch’egli uscisse da tavola, egli il domanderebbe che mestiere era il suo. E cosí mangiando, avendo desinato, e venendo l’acqua alle mani, el Gallina dice:
- Voi dovete essere un gran maestro a Monpolieri; deh ditemi, se Dio vi guardi: che arte o che mestiere è ’l vostro?
Rinaldo risponde:
- Fra’ mio, son concagador di boccali.
Dice il Gallina:
- Che dite voi che siete?
Rinaldo dice:
- Son concagador di boccali; noi chiamiamo concagare quello che voi vedete vi si dipigne su, e boccali quelli che voi chiamate orciuoli.
Quando il Gallina intese tutto, disse fra sé stesso: «Buona spesa ho fatta; se io fo l’altre a questo modo, io potrò tosto lavorare vasi di terra, come costui, e lasciare stare quelli dell’ariento». Gli altri che erano a desinare scoppiavano di voglia che avevano di ridere; e levatisi da mensa, Guerrieri de’ Rossi, che era al desinare stato, pigliò il Gallina per la mano da parte, e dissegli:
- E’ t’è venuto istamane la maggior ventura che io vedesse mai venire a uomo del mondo, sí che sia contento della spesa che hai fatta, come che costui sia concagadore di boccali. Tu hai nome Gallina, e costui ha nome Rinaldo; quando fu mai che la volpe potesse appressarsi alla gallina ch’ella non se la manicasse? hatti aiutato la fortuna che gli mettesti dell’altre vivande assai innanzi, di che tu se’ campato; spiccati da lui il piú tosto che puoi, e lascialo concagare i boccali.
Dice il Gallina:
- Guerrieri, tu motteggi sempre; io me n’ho una mia una.
E Guerrieri rispose:
- E io me n’ho un’altra, che quella lampreda fu la miglior cosa che io manicasse anche.
E cosí alla piazza a Ponte si rise piú tempo di questa novella; e Rinaldo e ’l Gallina se n’andorono verso la bottega, e indi a pochi dí Rinaldo si tornò a Monpolieri a concagare i boccali.