Novella CLXX

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CLXIX CLXXI

Bartolo Gioggi dipintore avendo dipinto una camera a messer Pino Brunelleschi di Firenze, il nuovo motto e altro che seguí.

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Non fu meno nuovo che Buonamico, Bartolo Gioggi dipintore di camere; il quale avendo a dipignere una camera a messer Pino Brunelleschi, essendogli stato detto che tra gli alberi di sopra dipignessi molti uccelli, nella fine, essendo ito il detto messer Pino in contado per ispazio d’un mese, essendo la dipintura quasi compiuta, e messer Pino veggendo la camera col detto Bartolo, il quale gli domandava denari; messer Pino, avendo considerato ogni cosa, disse:
- Bartolo, tu non m’hai servito bene, né come io ti dissi; però che tu non hai dipinti tanti uccelli quanti io volea.
Al quale Bartolo subito rispose:
- Messere, io ce ne dipinsi molti piú; ma questa vostra famiglia ha tenute le finestre aperte, onde se ne sono usciti e volati fuori maggior parte.
Messer Pino, udendo costui, e conoscendolo gran bevitore, disse:
- Io credo bene che la famiglia mia ha tenuto aperto l’uscio della volta, e hatti dato bere per sí fatta forma che tu m’hai mal servito, e non serai pagato come credi.
Bartolo volea denari, e messer Pino non gli li volea dare. Di che essendo presente uno che avea nome Pescione, e non vedea lume, assai criatura del detto messer Pino, disse Bartolo Gioggi:
- Voletela voi rimettere nel Pescione?
Messer Pino disse di si. Il Pescione comincia a ridere, e dice:
- Come la volete voi rimettere in me che non veggio lume? che potrei io vedere quanti uccelli, o come?
Elle furono parole, ché la rimisono in lui. Il quale, essendo studiato, e massimamente da Bartolo Gioggi, volle sapere quanti uccelli Bartolo avea dipinti; e con certi dipintori aútone consiglio, cenando una sera di verno col detto messer Pino, il Pescione disse che su la questione di Bartolo Gioggi avea aúto consiglio da piú e da piú, e veramente di quelli uccelli che nella camera erano dipinti messer Pino se ne potea passare. Messer Pino non dice: «Che ci è dato?»; subito si volge al Pescione, e dice:
- Pescione, escimi di casa.
La notte era; il Pescione dicea:
- Perché mi dite voi questo?
E quelli dice:
- Io t’intendo bene, escimi di casa -; e a uno suo famiglio che avea nome Giannino che non avea se non uno occhio, dice: - Togli il lume, Gianni, fagli lume.
Il Pescione, essendo già alla scala dicea:
- Messere, io non ho bisogno di lume.
E quelli dicea:
- Io t’intendo bene, vatti con Dio; fagli lume, Gianni.
- Io non ho bisogno di lume.
E a questo modo il Pescione, sanza luce, e Giannino con un occhio e con un lume in mano scesono la scala, e ’l Pescione se ne andò a casa, dall’una parte soffiando e dall’altra ridendo; e poi di questa novella facendo ridere molti, con cui usava. E stette parecchi mesi innanzi che messer Pino gli rendesse favella; e Bartolo Gioggi a lungo andare fece un buono sconto, se volle essere pagato.
Io per me non so qual fu piú bella novella di queste due, o ’l subito argomento di Bartolo Gioggi, o il lume che messer Pino facea fare al Pescione vocolo.
Ma tutto credo che procedesse, o di non pagare, o di dilungare il pagamento.