Il Tesoro (Latini)/Illustrazioni al Libro I/Capitolo XXXVIII
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Traduzione dalla lingua d'oïl di Bono Giamboni (XIII secolo)
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Capitolo XXXVIII.
Il Sorio lasciò scritto: Il ms. Farsetti legge variamente questo capitolo, e simile al Farsetti legge il ms. Ambrosiano:
»In questo mezzo Giulio Cesare procacciò tanto da monte e da valle, che egli ebbe milizia di cavalieri di Roma, e andò per lo mondo conquistando molte terre e provincie, e tutte le sottomise al comune di Roma. E quando fu tornato con grande vittoria, Pompeo suo suocero, il quale era consolo di Roma, no vi ’l lasciò entrare dentro, e no gli fece fare i trionfi e gli onori, come a lui si conveniano, e siccome era usanza. E ciò fu perciò, ch’egli era istabilimento dello comune di Roma, che quello cotale ch’andasse fuori per lo comune di Roma, si dovesse tornare in fra cinque anni; e se no, si fosse isbandito di Roma. E quando Giulio Cesare conobbe, ch’egli aveva fatto contro alli comandamenti di Roma, che avea passato il termine, sì entrò con sua gente, e con grande ingegno dentro a Roma, non prendendone guardia Pompeo, nè gli altri senatori. E andonne diritto alla camera del Palazzo, dov’era il grande tesoro del comune, e preselo tutto quanto; et uscì fuori di Roma, e di quello avere soldò molti cavalieri, gente assai, e quanta ne potè avere; e molti di quelli di Roma n’andarono con lui. Ed ebbe in sì poco tempo tanta gente di cavalieri, e di pedoni seco, che Pompeo conobbe apertamente, che non si sarebbe potuto reggere contro a lui. Uscì fuori di Roma, avendo seco tutto l’ufficio della terra, e molta gente buona, e andossene verso Romania. E Giulio Cesare gli andò dietro, e giunselo, e fece oste sopra a lui, e assembraronsi insieme, e la battaglia fu grandissima in luogo detto Tessaglia. E siccome Lucano. e gli altri signori, l’uno fratello coll’altro, e ’l zio col nipote, fece una delle più pericolose battaglie del mondo. E neuno di detti signori no vi morì; ma morivvi tanta dell’altra buona gente, che non si potrebbe contare, e che sempre ne fia ricordo. Pompeo si mise in andarne via, e dentro mare colla moglie co’ figliuoli e colla sua gente, e arrivò a uno re nel suo reame. E sappiate, che la dignità che questo re aveva, sì l’aveva avuta per Pompeo. Giulio Cesare gli tenne dietro, essendo Pompeo in una nave col re. Il detto re vedendo come Cesare gli venia dietro, ed era troppo possente, non si consigliò altrimenti, se non ch’egli tagliò la testa a Pompeo, e fecela presentare a Giulio Cesare. Laonde Cesare quando la vide, l’ebbe molto per male, imperò ch’egli il vorrebbe avere morto egli. Il detto re che uccise Pompeo, tornando a casa, si affogò in mare.
»La verace storia conta di questi due signori, che si odiavano così fortemente insieme, per lo fatto della terra, e per lo comune di Roma, imperciocchè ciascheduno aveva volontà di aggrandirlo quanto potea. E sappiate, che li Romani non potevano avere re, per lo stabilimento ch’eglino avevano fatto al tempo che dispuosono il re Tarquinio. Allora tornando Cesare in Roma colla sua gente, sì si fece chiamare imperatore di Roma, e fecero i Romani i cinque trionfi, siccome egli per addietro doveva avere per le cinque vittorie.
»E sappiate ch’egli fu il primo imperatore Taliano che’ Romani avessino, e tenne lo impero IIII anni e sei mesi, e poi morto fu a tradimento in sul palagio di Campo Marzio di Roma, colli stili di ferro; e le sue ossa, secondo che altri dice, furono messe nella aguglia.
»Sappiate che di lui sono nati i Colonnesi; ed hanno avuto in casa XIIII apostolici, e molti re, e cinquecento senatori.