Il Tesoretto (Assenzio, 1817)/XII
Questo testo è stato riletto e controllato. |
◄ | XI | XIII | ► |
XII.
Parve, che fusse l’ura
Del mio dipartimento,
Con gajo parlamento
Mi cominciò a dire
Parole da partire:
Con grazia, e con amore
Facendo a me onore,
Disse; Fi di Latino,
Guarda, che ’l gran cammino
Non trovi esta semana;
Ma questa selva piana,
Che tu vedi a senestra
Cavalcherai a destra.
Non ti paja travaglia,
Che tu vedrai san faglia
Tutte le gran sentenze,
E le dure credenze.
E poi da l’altra via
Vedrai Filosofia,
Poi udirai novelle
De le quattro vertuti;
E se quindi ti muti,
Troverai la Ventura,
A cui si pone cura,
Che non ha certa via.
Vedrai Baratteria,
Che ’n sua corte si tiene
Di dire ’l male, e ’l bene.
E se non hai timore,
Vedrai lo Dio d’Amore;
E vedrai molta gente,
Che servono umilmente;
E vedrai le saette,
Che fuor de l’arco mette.
Ma perchè tu non cassi
In questi duri passi,
Ti porta questa ’nsegna,
Che nel mio nome regna:
E se tu fussi giunto
D’alcun gravoso punto,
Tosto la mostra fuore,
Nè fia sì duro cuore,
Che per la mia temenza
Non t’abbia reverenza.
Et io gecchitamente
Ricevetti presente
La ’nsegna, che mi diede.
Poi le baciai lo piede,
E mercè le chiamai,
Ch’ella m’avesse omai
Per suo accomandato.
E quando fui girato
Gia più non la rividi.
Or convien, ch’i’ mi guidi
Ver là dove mi disse,
Anzi, che si partisse.