Il Tesoretto (Assenzio, 1817)/IV
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IV.
Ma poi ch’ella mi vide,
La sua cera, che ride
In ver di me si volse;
E poi a se m’accolse
Molto bonariamente;
E disse mantenente:
I’ sono la Natura,
E sono la fattura
Del sovrano Fattore;
Elli è mio creatore,
Io son da lui creata,
E fui ’ncominciata:
Ma la sua gran possanza
Fue sanza comincianza.
El non fina, nè muore;
Ma tutto mio labore,
Quanto, ch’esso l’allumi,
Convien, che si consumi.
Ess’è onnipotente,
Io non posso neente,
Se non quant’ei concede.
Esso tutto provede,
Et è in ogni fato,
E sa ciò, ch’è passato,
E ’l futuro, e ’l presente:
Ma i’ non son saccente,
Se non di quel, ch’ei vuole.
Mostrami, come suole
Quello, che vuol, ch’i’ faccia,
E che vuol, ch’i’ disfaccia.
Ond’io son sua Ovrera
Di ciò, ch’esso m’impera;
Così ’n terra, et in aria:
Ond’io son sua vicaria.
Esso dispone ’l mondo,
Et io poscia secondo;
Lo suo ordinamento
I’ guido a suo talento.