Capitolo XXXVI

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"Præterea non video, qui fieri possit ut adeo secure asseveret Galilæus, vaporosam regionem ipsi Terræ sphærice circumfundi; cum tamen ipse huiusmodi vapores altius alicubi elevari quam alibi, constantissime doceat, dum suam de motu recto sententiam astruere nititur. Immo vero cometas ipsos non aliunde quam ex his ipsis vaporibus, Terræ umbrosum conum prætergressis, formatos dictitat. Quid ergo, si hic, vapor a Terræ superficie tribus absit passuum millibus, ibi vero ultra mille leucas protendatur, an sic etiam sphæræ figuram servabit vaporosa isthæc regio? Certe qui ad hanc diem sphæræ rudimenta tradiderunt, ii mediam aëris partem, quæ maxime vaporibus constat (si quam tamen illa certam figuram servat), sphæroidalem potius seu ovalem esse, quam rotundam, docent, cum in iis partibus, quæ polis subiectæ sunt, vapores minus a Sole solvantur, eleventurque proinde altius, quam in iis quæ æquinoctiali circulo et torridæ zonæ subiacent, ubi a calore finitimi Solis facillime dissolvuntur. Si ergo vaporosa hæc regio sphærica non est, nec æquis ubique intervallis a Terra removetur, neque æqualem in omnibus partibus crassitiem et densitatem servat, caudæ curvitas ex eiusdem regionis rotunditate, quæ nusquam est, existere nunquam poterit.

Atque hæc de Galilæi sententia, in iis quæ cometam immediate spectant, dicta sint. Plura enim dici vetat ipsemet, qui, in bene longa disputatione, quid sentiret paucis admodum atque involutis verbis exposuit, nobisque plura in illum afferendi locum præclusit. Qui enim refelleremus quæ ipse nec protulit, neque nos divinare potuimus? Ad reliqua nunc accedamus."

Alla dimostrazione, come V. S. Illustrissima vede, viene opposto dal Sarsi l’essere ella fabbricata sopra un fondamento falso, cioè che la superficie della region vaporosa sia sferica, la quale egli in diverse maniere prova essere altrimenti. E prima, egli dice che noi stessi constantissimamente affermiamo, tali vapori elevarsi più in un luogo che in un altro. Ma tal proposizione non si trova altrimenti nel libro del signor Mario: v’è ben, che in alcun tempo è accaduto che alcuni vapori si innalzino più del consueto, ma ciò di rado e per brevissimo tempo; onde, per tal rispetto, il dire che la figura della region vaporosa non sia rotonda, è detto arbitrario del Sarsi. Il qual soggiunge, appresso, l’altra falsità, cioè che noi abbiam detto che la cometa si formi di quelli stessi vapori che, sormontando il cono dell’ombra, formano quella boreale aurora; cosa che non si trova nel libro del signor Mario. Aggiunge nel terzo luogo e dice: "Se cotal vapore in un luogo s’elevasse tre miglia, ed in un altro mille leghe, domin’se anco in questo modo riterrebbe la figura sferica?" Signor no, signor Sarsi, e chi dicesse tal cosa sarebbe, per mio avviso, un gran balordo; ma io non trovo niuno che l’abbia mai né detta, né, credo, [p. 317 modifica]pur sognata. Nominate voi l’autore. A quello ch’ei mette nel quarto luogo, cioè che quelli che insegnano i primi abbozzamenti della sfera, insegnano la figura di tal region vaporosa esser più tosto ovale che rotonda, rispondo che il Sarsi non si meravigli s’egli ha saputa questa cosa, ed io no; perché la verità è che io non ho imparato astronomia da questi maestri delle prime bozze, ma da Tolomeo, il quale non mi sovviene che scriva questa conclusione. Ma finalmente, quando fosse vero e certo, cotal figura essere ovale, e non rotonda, che ne cavereste, signor Lottario? niente altro se non che la chioma della cometa non fusse piegata in arco di cerchio, ma di linea ovale; la qual cosa, senza un minimo pregiudicio della nostra intenzione e del nostro metodo per dimostrar la causa di tale apparente curvatura, io vi posso concedere, ma non già quello che ne vorreste dedur voi, mentre concludete così: "Se dunque questa region vaporosa non è sferica, né per tutto egualmente lontana dalla Terra, né in tutte le parti egualmente grossa (proposizione replicata tre volte con diverse parole, per ispaventare i sempliciotti), la curvità della chioma non può derivar da cotal rotondità, la quale non è al mondo". Non ne segue, dico, in buona logica questa conclusione, ma il più che ne possa seguire è che tal curvità non è parte di cerchio, ma di linea ovale e questo sarebbe il vostro infelice e miserabil guadagno, quando voi poteste aver per sicurissimo, la region vaporosa essere ovata, e non isferica. Se poi in fatto tal piegatura sia in figura d’arco di cerchio, o d’ellisse, o di linea parabolica, o iperbolica, o spirale, o altre, non credo ch’alcuno possa in verun modo determinare, essendo le differenze di cotali inclinazioni, in un arco di due o tre gradi al più, del tutto impercettibili.

Mi restano da considerare l’ultime parole, dalle quali vo raccogliendo misticamente varie conseguenze e vani sensi interni del Sarsi. E prima, assai apertamente si comprende ch’egli si messe intorno alla scrittura del signor Mario non con animo indifferente circa il notarla o lodarla, ma con ferma risoluzione di tassarla ed impugnarla (come notai anco da principio); che però si scusa di non le aver fatto più numerose opposizioni, dicendo: "E come potev’io confutare le cose ch’ei non ha profferite e ch’io non ho potute indovinare?", se ben la verità è tutta all’opposito, cioè ch’ei non ha impugnato altre cose, per lo più, che le non profferite dal signor Mario e ch’ [p. 318 modifica]egli s’è messo per indovinarle. Dice insieme, che il signor Mario ha scritto con parole oscure ed inviluppate, e che in una ben lunga disputazione non si comprende qual sia stato il suo senso. A questo gli rispondo che il signor Mario ha avuta diversa intenzione da quella del Maestro del Sarsi. Questo, come si raccoglie dal principio della scrittura del Sarsi, scrisse al vulgo, e per insegnargli con suoi responsi quello che per se stesso non avrebbe potuto penetrare; ma il signor Mario scrisse a i più dotti di noi, e non per insegnare, ma per imparare, e però sempre dubitativamente propose, e non mai magistralmente determinò, ma si rimise alle determinazioni de’ più intelligenti: e se la nostra scrittura pareva così oscura al Sarsi, doveva, prima che censurarla, farsela dichiarare, e non mettersi a contradire a quello ch’ei non intendeva, con pericolo di restarne a bocca rotta. Ma s’io devo dir liberamente il mio parere, non credo veramente che il Sarsi trapassi senza impugnare la maggior parte delle cose scritte dal signor Mario perch’ei non l’abbia benissimo capite, ma sì bene perché, per l’opposito, elle sien troppo apertamente chiare e vere, e ch’egli abbia stimato miglior consiglio il dire di non l’intendere, che contro a suo gusto prestar loro applauso e lode.

Vengo ora al terzo essame, dove il Sarsi in quattro proposizioni, spezzatamente cavate di più di 100 che ne sono nel Discorso del signor Mario, si sforza di farci apparire poco intelligenti: l’altre tutte, assai più principali di queste, le chiude egli sotto silenzio, e queste, o con aggiungervi o con levarne o con torcerle in altro senso da quello in che son profferite, le va accommodando al suo dente.