Capitolo XXVII

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Or legga V. S. Illustrissima l’ultimo argumento. "Denique neque illud omittendum, quod vel unum, homini veritatis potius investigandæ quam altercandi cupido, satis id quod agimus persuadere possit. Experimur enim quotidie, ea omnia quibus certa ac stabilis species non est, sed vana colorum ac lucis imagine hominum illudunt oculis, angustissimis vitæ spatiis finiri, brevissimo etiam temporis intervallo varias sese in formas mutare; modo extingui, modo iterum accendi; nunc pallescere, nunc ardentiori luce micare; partes illorum nunc interrumpi, nunc iterum coalescere; nunquam denique eadem diu specie apparere: quæ omnia si cum cometæ stabili motu aspectuque conferantur, ostendent quanta demum inter illum atque huiusmodi vanas imagines morum ac naturæ discordia sit. Quare si nihil plane reperias in quo se illis cometa similem probet, cur non potius nullam cum iisdem naturæ affinitatem aut cognationem habere dixeris? Dixerunt enimvero philosophorum antiquissimi atque optimi, dixerunt recentiorum eruditissimi; unus nunc Galilæus illis repugnat; at Galilæo, nisi fallor, repugnare veritas videtur."

Il qual argomento egli stima tanto, che gli par ch’esso solo possa esser bastante a persuader l’intento suo: tuttavia io non ci scorgo efficacia che mi persuada, mentr’io considero che, nel produr questi vani simulacri, v’interviene il Sole com’efficiente, e le nuvole e vapori o altre cose come materia; e perché l’efficiente è perpetuo, quando non mancasse dalla materia, e l’iride e l’alone ed i parelii e tutte l’altre apparenze sarebbono perpetue; la breve, dunque, o lunga durazione dalla stabilità e posizion della materia si deve attendere. Or qual ragione ci dissuade, poter esser sopra le regioni elementari alcuna materia di più lunga durazione delle nubi, della caligine, della pioggia cadente in minute stille, o d’altre materie elementari, sì che la reflessione o refrazzion del Sole fatta in quelle ci si mostri più lungamente dell’iride, de’ parelii, dell’alone? Ma senza partirsi da’ nostri elementi, l’aurora, ch’è una refrazzion de’ raggi solari nella region vaporosa, e le reflessioni nella superficie del mare non son elleno apparenze perpetue, sì che se il riguardante, il Sole, i vapori e la superficie del mare stessero sempre nella medesima disposizione, perpetuamente si vederebbe l’aurora e la striscia splendida nell’acqua? In oltre, dalla minore o maggior durazione poco concludentemente s’inferisce un’essenzial differenza; anzi delle comete stesse, senza cercar altre materie, se ne son vedute alcune durare 90 e più giorni, ed altre dissolversi il quarto ed anco il terzo. E perché si è osservato, le più diuturne mostrarsi, anco nel lor primo apparire, assai maggiori dell’altre, chi sa che non ve ne sieno, ed anco frequentemente, di quelle che durino non solamente pochi giorni, ma anco non molte ore, ma che per la lor piccolezza non vengano facilmente osservate? E per concluderla, che nel luogo dove si formano le comete vi sia materia atta nata a conservarsi più della nuvola e della caligine elementare, l’istesse comete ce n’assicurano, producendosi di materia o in materia non celeste ed eterna, né anco che necessariamente in brevissimi tempi si dissolva, sì che il dubbio resta ancora, se quello che si produce in detta materia sia una pura e semplice reflession di lume, ed in conseguenza uno apparente simulacro, o pure se sia altra cosa fissa e reale. E per tanto niuna cosa conclude l’argomento del signor Sarsi, né concluderà, s’egli prima non dimostra che la materia cometaria non sia atta a reflettere o rifrangere il lume solare, perché, quanto all’esser atta a durar molti giorni, la durazion delle medesime comete ce ne rende più che certi.