Capitolo XXV

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Passo al quinto argomento. "Præterea, si de apparentium simulacrorum numero cometa fuit, debuit ad certum ac determinatum angulum spectari; quod in iride, area, corona aliisque huiusmodi accidit: meminisse autem hoc loco debet Galilæus, se affirmasse satis amplum cæli spatium huiusmodi vaporibus occupatum: quod si ita est, aio circularem vel circuli segmentum apparere cometam debuisse. Sic enim argumentari libet. Quæcumque sub uno certo ac determinato angulo conspiciuntur, ibi videntur ubi certus ille ac determinatus angulus constituitur; sed pluribus in locis, in circulari linea positis, determinatus hic et certus cometæ angulus constituitur; ergo pluribus in locis, in linea circulari dispositis, cometa videbitur. Maior certissima est, neque ullius probationis indigens. Minorem sic probo.

Sit Sol infra horizontem in I, locus vaporis fumidi circa A, cometa vero ipse se se, verbi gratia, spectandum ostendat in A, posito oculo in D; occupet autem vapor idem et alias partes circa A constitutas, quod Galilæus ultro concedit. Intelligatur iam ducta linea recta per centrum Solis I et per centrum visus D; ex punctis vero I et D ad locum cometæ A concurrant radii IA, DA, constituentes triangulum IAD: erit ergo angulus IAD ille certus et determinatus sub quo ad nos cometæ species remittitur. Concipiamus iam circa axem IDH triangulum IAD moveri; tunc vertex illius A describet segmentum circuli, in quo semper radii Solis, IA directus et AD reflexus, angulum eundem IAD efficient: cum autem in hac verticis A circumductione multæ ab illo circumfusi vaporis partes attingantur, in iis omnibus fiet determinatus ille ac certus angulus, ad quem cometa necessario consequitur: in toto ergo circuli segmento BAC, quod vaporem attingit, cometa comparebit; eadem prorsus ratione, qua in roridis nubibus irides et coronas fieri contingit aut circulares aut circulorum segmenta. Cum ergo nihil tale in cometa observatum fuerit, non erit proinde in apparentium simulacrorum numero collocandus, cum nulla in re hic illis se similem præbeat."

Séguita, anzi pur cresce, in me la meraviglia nata dal veder quanto frequentemente il Sarsi vada dissimulando di vedere le cose ch’egli ha dinanzi agli occhi, con speranza forse che la sua dissimulazione abbia negli altri a partorire non una simulata, ma una vera cecità. Ei vuole nel presente suo argomento provar che quando la cometa fusse una nuda apparenza, ella dovrebbe dimostrarsi in figura di cerchio o di parte di cerchio, perché così avviene dell’iride, dell’alone, della corona e dell’altre varie immagini: il che non so com’ei possa affermare, sendosi cento volte ricordata la reflession nel mare dell’immagine solare, e quelle proiezzioni dall’aperture delle nuvole, le quali compariscono strisce dritte e similissime alla cometa. Ma forse ei si persuade che senz’altre avvertenze la dimostrazione ottica, ch’ei n’arreca, concluda nella cometa necessariamente la sua intenzione; del che però io grandemente dubito, e parmi, s’io non m’inganno, che ’l suo progresso sia mutilo, e che gli manchi una parte principalissima del dato (che sarebbe gran difetto in logica); e questa è la disposizion locale, in relazione all’occhio, della superficie di quella materia nella quale si ha a far la reflessione, la qual disposizione non vien messa in considerazion dal Sarsi: di che non saperei addur più modesta scusa, che il non l’avere egli avvertito; ché quando ei l’avesse conosciuto, ma dissimulato per mantenere il lettore nell’ignoranza, mi parrebbe mancamento assai più grave. La considerazion poi di cotal disposizione opera il tutto: imperocché la dimostrazion del Sarsi non concluderà mai, se non quando la superficie del vapore intorno al punto A della sua figura sarà opposta all’occhio D direttamente, sì che l’asse IDH caschi perpendicolarmente sopra il piano nel quale essa superficie si distendesse; perché allora, nel girare il triangolo IDA intorno all’asse IH, il punto A anderebbe terminando continuamente in essa superficie e descrivendovi una circonferenza di cerchio: ché quando la superficie detta fusse esposta all’occhio obliquamente, l’angolo A non la toccherebbe se non in un sol punto, e nel girar del triangolo il medesimo angolo A o penetrerebbe oltre ad essa superficie, o non v’arriverebbe. Ed in somma, a voler che la cometa apparisse circolare, bisognerebbe che la superficie dov’ella si genera fusse piana ed esposta direttamente alla linea che passa per li centri dell’occhio e del Sole; la qual costituzione non può mai accadere se non nella diametrale opposizione o vero nella linear congiunzione de’ vapori e del Sole: e però l’iride si vede sempre opposta, l’alone o la corona sempre congiunti al Sole, onde appariscono circolari; ma delle comete non so che se ne sien mai vedute né in opposizione né in congiunzione al Sole. Se al Sarsi, nello scrivere la sua dimostrazione, fusse una volta passato per la fantasia di chiamar quella materia ch’ei si figura intorno al punto A, non vapori, ma acqua del mare, ei si sarebbe accorto che ’l suo argomento avrebbe nel modo stesso e coll’istesse parole concluso che la reflessione nel mare di necessità si deve distender per linea circolare; dal che poi mercé del senso, che mostra il contrario, avrebbe scoperta la fallacia del suo sillogismo.