Il Re Torrismondo/Atto secondo/Scena sesta

Atto secondo - Scena sesta

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SCENA SESTA

REGINA, TORRISMONDO

REGINA

Dopo molte ragioni, e molti preghi,
Si rende al voler nostro alfin Rosmonda;
Ma nor in guisa, che piacer dimostri.
Anzi io la vidi tra dolente e lieta
Sospirando partirsi; oh! pur congiunte
Sian nozze a nozze, ond’il piacer s’accresca,
E si doppin le feste, e i giochi e i balli.
Sia contenta (o ch’io spero) a vecchia madre
D’aver creduto, ed al fratello insieme.

TORRISMONDO

Non è saggio colui, ch’insieme accoppia
Vergine sì ritrosa e Re possente
Contra ’l piacer di lei; ma, s’io non erro,
Fora simil follia, condurre in caccia

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Sforzati i cani. Or sia, che può; se l’abbia,
S’ei la vorrà.

REGINA

Ma con felice sorte.

TORRISMONDO

Sia felice, se può; ma nullo manchi
Alla nostra grandezza, al nostro merto,
Abito signoril, ricchezza, e pompa.
S’ornin cento con lei vergini illustri
D’aurea corona ancora, e d’aureo cinto:
Ed altrettante ancora illustri donne
Pur con aurea corona, ed aureo cinto,
Seguano Alvida. Ella di gemme, e d’auro,
Come sparso di stelle il Ciel sereno,
Fra le seguaci sue lieta risplenda.
Abbia scettro, monil, corona e manto,
E s’altro nuovo fregio, altro lavoro
D’abito antico in lei vaghezza accresce:
Ma questa è vostra cura e vostra laude.
E in aspettando il Re l’ore notturne
Tolte per sì belle opre avete al sonno.
Ora a voi, Cavalieri, a voi mi volgo
Giovani arditi. Altri sublime, ed alto
Drizzi un castel di fredda neve e salda;
E ’l coroni di mura, intorno intorno.
Faccian le sue difese, e faccian quattro
Ne’ quattro lati suoi torri superbe.
E di candida mole insegna negra
Dispiegandosi all’aure, al Ciel s’innalzi,
E vi sia chi ’l difenda, e chi l’assalga.
Altri nel corso, altri mostrar nel salto
Il valor si prepari; altri lanciando
Le palle di gravoso e duro marmo,

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Altri di ferro, il qual sospinge, e caccia
La polve, e ’l foco, il magistero, e l’arte.
Altri si veggia in saettar maestro
Nella meta sublime; e ’n alto segno
D’una girevol asta in cima affisso,
Quasi volante augel, balestri, e scocchi
Rintuzzate quadrella, insin ch’a terra
Caggia disciolto. Altri in veloce schermo
Percuota, o schivi, e ’n sull’avversa fronte
Faccia piaga il colpir; vergogna il cenno
Delle palpebre, a chi riceve il colpo.
Altri di grave piombo armi la destra,
E d’aspro e duro cuojo l’intorni, e cinga,
Perchè gema il nemico al duro pondo.
Altri sovra le funi i passi estenda,
E sospeso nel ciel si volga, e libri.
Altri, di rota in guisa, in aria spinto
Si giri attorno. Altri di cerchio in cerchio
Passi guizzando, e sembri in acqua il pesce.
Altri fra spade acute ignudo scherzi.
Altri in forma di rota, o di grande arco,
Conduca, e riconduca un lieto ballo,
D’antichi Eroi cantando i fatti eccelsi.
Alla voce del Re, ch’indrizza, e regge
Col suon la danza, e i timpani sonanti,
E con lieti sonori altri metalli
Sotto il destro ginocchio avvinte squille
Confondan l’alte voci, e ’l chiaro canto.
Ed altri salti armato al suon di tromba,
O di piva canora, or presto, or tardi,
Facendo risonar nel vario salto
Le spade insieme, e sfavillar percosse.
Altri, dove in gran parte il foco accenso

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Degli abeti riluce, e stride, e scoppia,
Con lungo giro intorno a lui si volga;
Sicché l’estremo caggia in viva fiamma,
Rotta quella catena; e poi risorto,
Da’ compagni s’innalzi in alto seggio.
Altri là, dove il gel s’indura e stringe,
Condurrà suoi destrier quasi volanti.
Ed altri a prova sul nevoso ghiaccio
Spinga or domite fere, e già selvagge,
C’hanno sì langhe, e sì ramose corna,
E vincer ponno al corso i venti e l’aura.
Ed altri armato di lorica, e d’elmo
Percuoteransi, urtando, il petto e ’l dorso,
Di trapassar cercando il duro usbergo,
E penetrare il ferro, e romper l’aste.
Ed io (ch’è già vicino il Re Germondo
Alla Sedia real) li muovo incontra
Con mille, e mille Cavalieri adorni,
Vestiti al mio color purpureo e bianco,
Che già fra tutti gli altri a prova ho scelti.
L’altre diverse mie lucenti squadre
A cavallo, ed a piè frattanto accolga
Il mio buon Duce intorno all’alta reggia,
E i destrier di metallo, onde rimbomba
La fiamma nell’uscir d’ardente bocca
Con negro fumo, e’miei veloci carri:
E lungo spazio di campagna ingombri,
Sotto vittoriosa e grande insegna.

CORO

Non sono estinte ancor l’eccelse leggi,
Generate lassù nell’alto Cielo,
Dell’opre saggie e caste,
E del parlar, che l’onestà conservi:

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Perch’ella qui ritrova alberghi, e seggi
Tra le altissime nevi, e ’l duro gelo,
E tra gli scudi, e l’aste
Vive sicura, e tra ministri, e servi.
Pensier vani e protervi
Sempre nido non fanno in nobil core.
Nè, perchè la ragione il fren si toglia,
Ch’in altri regge Amore,
Del suo gentile ardir l’alma dispoglia;
Ma degli antichi esempj ancor l’intvoglia.
E potrebbe costei gravar la fronte
Di lucido elmo, e seguitar nel corso
Cervo non solo, o damma,
Ma dell’estranie genti ostile schiera;
Come Ippolita in riva al Termodonte,
D’un gran destrier premendo armata il dorso
Colla sinistra mamma,
Alta Regina, e di sua gloria altera.
Ma se questa è guerriera,
Chi farà di sue spoglie unqua trofeo?
O chi potrà condurla avvinta, o presa?
Qual Ercole, o Teseo
Avrà l’eterno onor di bella impresa,
S’in lei non è d’amor favilla accesa?
O dell’aurea speranza antica figlia,
Fama immortal, che gli anni avanzi, e illustri,
E dal sepolcro oscuro.
L’uom talvolta fuor traggi, e ’l togli a morte,
Narra a costei, che tanto a lor somiglia,
L’antiche donne, e la inoderne illustri,
Che sotto il pigro Arturo
Ebbero insieme il cor pudico, e forte.
Se per le vie distorte,

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Da questa alma cittade il Sol disgiunge,
Correndo intorno i suoi destrieri avversi,
Non è turbato, o lunge
Tanto giammai, ch’i raggi in noi conversi,
Non miri di valor pregj diversi.
Vincan di casta madre
La sua vergine figlia i casti preghi,
E l’arco rea Fortuna altrove or tenda:
E più si stringa, e leghi
L’una coppia coll’altra, e più s’accenda,
E più nel dubbio alta virtù risplenda.