Il Re Torrismondo/Atto secondo/Scena quinta
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SCENA QUINTA
REGINA
Infelice non è dolente donna,
Se ne’ suoi figli il suo dolor consola,
E ’n lor s’appoggia, e quasi in lor s’avanza,
E della vita allunga il dubbio corso;
E depone i fastidj, e i gravi affanni,
A guisa di soverchio inutil fascio,
Ch’impedisce il viaggio, anzi il perturba.
Non si vede per lor, nè si conosce,
Nè sprezzata, nè sola, nè deserta,
Nè odiosa, od abborrita vecchia.
E ’l numero de’ figli è caro; e basta,
Se l’un maschio è di lor, femmina è l’altra.
In tal numero appieno oggi s’adempie
La mia felicitade, o si rintegra,
Se divisa fu già. Felice madre,
Di prole fortunata, e lieto giorno,
Come ora io veggio i miei cresciuti al colmo
Di valor, di fortuna, e di bellezza.
Ma ecco il Re sen viene; un lume io veggio
Degli occhi miei, che d’ostro, e d’or risplende:
Mentre l’altro s’adorna in altra pompa.