Il Parlamento del Regno d'Italia/Nino Bixio

Nino Bixio

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Paolo Solaroli Giovanni Lanza
Questo testo fa parte della serie Il Parlamento del Regno d'Italia


Nino Bixio.

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BIXIO general NINO


deputato.


È nato a Genova ed ha seguito, come la maggior parte dei suoi concittadini, la carriera d’uomo di mare, cominciando dagl’infimi gradi, e salendo ben presto a quello di capitano mercantile. In uno dei suoi viaggi in [p. 780 modifica]America, egli si è imbattuto in Garibaldi, e avendo provato subito per l’ardito condottiere un sentimento d’ammirazione e di stima straordinario, nulla ha avuto di più premuroso che di mettersi a suo servizio, seguendolo in quelle ardite spedizioni, in cui il futuro vincitore di Milazzo era, nel tempo stesso, un abile e ardito generale e un intrepido e pratico ammiraglio.

Il Bixio fece per molto tempo quella vita piena di rischi e di privazioni indicibili, divenendo così un uomo di guerra a tutta prova, secondato in ciò mirabilmente dal suo carattere irrequieto e ardente, nonchè da un fisico robustissimo e capace di sopportare senza quasi addarsene i più insoffribili disagi.

Quando Garibaldi lasciò il continente americano per salpare verso le patrie sponde, che da tanti anni aveva lasciate e verso le quali tornava carico di gloria e preceduto da una fama ben meritata, il suo luogotenente, il più fido ed inseparabile, Nino Bixio, eragli daccosto e con esso rimetteva piede in Italia.

Il fare la storia del Bixio durante tutto il tempo in cui egli rimase a fianco del sommo suo capo, non sarebbe che il rifare quella del Garibaldi, che noi a suo tempo abbiamo tracciata con tutta quella maggior esattezza ed estensione che la natura del libro nostro poteva comportare. Fu seco in Lombardia, sui laghi, nella fuga in Toscana e in Romagna, dopo la caduta della città eterna.

I prodigî di valore e d’ardimento compiuti dal Bixio durante l’assedio di Roma sono noti ad ognuno e formano uno dei più giusti suoi titoli di gloria.

Quando la Francia, che il Garibaldi ed il suo fedele compagno avevano combattuta così fieramente sotto le mura dei Cesari, stese una mano soccorrevole all’Italia e spedì le valorose sue schiere onde ajutarla a spezzare l’insopportabile giogo dell’Austria, il conte di Cavour fe’ ricerca di Garibaldi, che viveva in disparte e quasi dimenticato, offrendogli il supremo comando di un corpo di volontarî, cui fu dato il titolo, divenuto popolare, di Cacciatori delle Alpi.

Il Bixio fu naturalmente dal suo antico capo e compagno d’armi nominato al comando di uno di quei [p. 781 modifica]battaglioni, i quali non tardarono, come ognun si ricorda, a mettere lo sgomento nelle schiere dell’Austria, ed a indurre il ferocissimo Urban, che le guidava contro l’eroe d’America, e che erasi vantato di doverlo tradurre a Vienna mani e piedi legati, a darsi a precipitosa e definitiva fuga.

Finita la campagna del 1859, Nino Bixio stette per alcun tempo nell’inazione. Ma si era appena ideata la spedizione maravigliosa di Marsala, che egli fu dei primi ad insistere perchè la si effettuasse, e a spronare con tutta sua forza il Garibaldi stesso, cui dapprima, come ognuno sa, sembrava quella troppo ardua e rischiosa impresa, a volerla pure ad ogni modo eseguire.

Ed anzi, a coloro i quali sono stati addentro a tutte le diverse fasi che precedettero la decisione, è noto come il Bixio, vedendo in certo qual modo fluttuare ancora incerta la determinazione di Garibaldi, si offerisse, in caso che l’eroico condottiero non credesse dover mettersi a capo della spedizione, a guidarla egli stesso. Del che non si saprebbe mai essere abbastanza riconoscenti al Bixio, perchè conviene ammettere che questa sua proposta, la quale non potè non essere riferita a Garibaldi, valesse a decidere completamente quest’ultimo.

La condotta del Bixio, durante l’ardita spedizione di Sicilia, è superiore ad ogni elogio. Ci basterà il dire, che il Garibaldi stesso riconosce, che all’intrepidezza, al colpo d’occhio e all’abilità di quel primo suo luogotenente si debbono in gran parte attribuire le splendide vittorie conseguite a Calalafimi, a Palermo e a Milazzo.

Nè son da tacersi le belle prove compiute dal valorosissimo genovese sulle sponde del Volturno, laddove per un momento le schiere garibaldine, sopraffatte dal numero, e dalla compattezza dell’esercito borbonico, furono per alcun tempo respinte dalle loro posizioni e stettero per cedere in alcuni luoghi completamente il campo.

Anche in quella circostanza, il Bixio, accorso alla testa di pochi ufficiali e soldati, incoraggiò, eccitò le [p. 782 modifica]cedenti schiere dei suoi, e riformatele, le ricondusse con impeto irresistibile contro le truppe nemiche, le quali a lor volta dovettero indietreggiare, dapprima, quindi, ognor più vigorosamente incalzate, darsi a precipitosissima fuga.

Qui finiscono le imprese belligere del Bixio, e d’uopo si è lasciare di occuparci del generale, per venire a dire alcunchè del deputato e dell’uomo politico. Ma prima di passare a questa seconda parte del nostro cenno biografico, non possiamo fare a meno, per l’esattezza e la veracità completa della nostra narrazione, di osservare che molti, ammettendo ampiamente il valore e le capacità militari del Bixio, ne rimproverano la violenza e, diciamolo pure, la brutalità dei modi da esso spesso tenuti verso i suoi sottoposti. Si citano a prova di questi addebiti alcuni atti da lui commessi, i quali non saprebbero certo venire lodati; ma noi tireremo un velo su avvenimenti più o meno avverati, e del resto prodottisi in circostanze anormali; constateremo solo che d’altra parte si citano numerosi fatti a conferma di una tesi interamente opposta, e per parte nostra amiamo meglio credere a questi che a quelli.

Eletto deputato da uno dei collegi di Genova, il general Bixio è entrato alla Camera preceduto da una fama che lo dipingeva una specie di orco. Il suo aspetto, a vero dire, non rassicurava intieramente i più sospettosi; mentre quella sua faccia abbronzita su venti campi di battaglia, quei suoi capelli corti ed irti, quelle sue sopracciglia agrottate, e sotto le quali i suoi occhi vivacissimi mandavano lampi, fecero supporre a più d’uno dei suoi onorevoli colleghi, che il generale dovesse, invece di parole, gettar fuoco dalla bocca.

Il primo discorso pronunciato dal Bixio con tono di voce, per essere esatti, secco e concitato, fu invece subito per raccomandare conciliazione e pace. Da quel momento il mostro non fece più paura; le buttate del generale, che qualche volta gli piovono giù dalle labbra spesse e dure come la gragnuola, fecero ridere più di una volta sgangheratamente i suoi imbaldanziti avversarî politici. [p. 783 modifica]

Prescindendo dai saggi ed utili discorsi da esso proferiti nella Camera, bisogna dire che il general Bixio è uno dei deputati che si rendono veramente utili al Parlamento ed al paese. Egli lavora negli ufficî e nelle commissioni, egli si occupa con mollo frutto di cose di marina, ed è membro della commissione per la difesa delle coste del regno. La Camera lo ha eletto pure membro della commissione d’inchiesta sul brigantaggio, delle cause del quale e dei rimedî da applicarvi è stato uno dei più solerti indagatori.

A quest’ora il general Bixio è alla testa della propria divisione, ch’egli ha nell’estate ora scorso guidata al campo d’esercitazione, ove generale e soldati hanno dato le più chiare prove di disciplina, di attività e di buona tenuta.