Il Parlamento del Regno d'Italia/Mauro Macchi

Mauro Macchi

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Carlo Passaglia Francesco Brioschi
Questo testo fa parte della serie Il Parlamento del Regno d'Italia


Mauro Macchi.

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MAURO MACCHI


deputato.


È un nome caro ad ognuno, perchè l’uomo che lo porta è tanto cortese, generoso, cordiale, tanto disposto [p. 712 modifica]a veder tutto in bene e a giudicare tutti sotto il lato loro più favorevole, che in verità può ritenersi non abbia nè invidiosi nè nemici, sebbene appartenga in politica al partito della sinistra avanzata.

Nato a Milano, si diede con fervore fin dai più teneri suoi anni allo studio delle belle lettere, tanto che appena ventenne si ebbe nella città nativa cattedra di letteratura italiana. Ma il di lui patriotismo, il fervore dei suoi sentimenti liberali lo additarono presto alla polizia austriaca, la quale non tardò a perseguitarlo tanto ch’ei dovette riparare in Svizzera, d’onde tornò repente al primo colpo di fucile sparatosi nel 1848.

Volte a male le cose del movimento italiano, Macchi dovette emigrare di bel nuovo, e tanta fu l’ira dell’Austria contro di esso ch’egli dovette allontanarsi per ben tre volte dai paesi in cui aveva cercato ricovero, e che sulle istanze della sua eterna nemica dovettero invitarlo ad allontanarsi.

Il Macchi è sempre stato favorevole all’alleanza francese, diverso in ciò dalla maggior parte dei suoi colleghi che siedono come esso all’estrema sinistra. Come oratore, egli si distingue per la spontaneità e la chiarezza della sua parola, la quale è sempre inspirata da sentimenti ardenti e da convinzioni profonde; del resto il di lui contegno in Parlamento si è ognora mostrato in perfetta analogia colla sua condotta come uomo privato. Non vi è mai stato il caso di vedere il Macchi fare una di quelle proposte le quali servono a drizzare barriere insuperabili fra i partiti in cui si divide la Camera. Anzi, ogni qualvolta la discussione, invelenita dagli acrimoniosi e trascesa nell’increscevole via delle personalità ha minacciato di farsi irritante e indecorosa, si è visto il Macchi sorgere, e porre di mezzo, qualche volta con felice resultato, una parola di conciliazione.

Come uomo di lettere, il Macchi è pure ragguardevolissimo, e la carriera da lui fornita in questa branca non lascia d’esser feconda di ottimi frutti. Egli fu dapprima collaboratore del Politecnico; indi fondò lo Spettatore, periodico scientifico economico. Passato a Genova, scrisse sul Popolo d’Italia, e fu uno dei [p. 713 modifica]fondatori del Movimento; nel tempo stesso in cui forniva articoli all’Archivio triennale delle cose d’Italia e al Messaggere Torinese, alla Ragione, alla Rivista Contemporanea e al Diritto. Egli ha inoltre pubblicato una ventina di volumi su varie materie, i quali sono generalmente assai apprezzati, e che non possono che confermare i lettori nella buona opinione che tutti hanno del loro autore.

Fin dal 1860 il primo collegio di Cremona ha inviato il Macchi in Parlamento, ed ha fatto dono alla rappresentanza nazionale di uno dei più attivi e valorosi suoi membri. L’assiduità del nostro protagonista ad intervenire alle riunioni degli ufficî è proverbiale, tanto che si può assicurare esservi ben pochi progetti di legge di una qualche importanza delle cui commissioni egli non faccia parte.