Il Parlamento del Regno d'Italia/Giuseppe Pica

Giuseppe Pica

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Niccola Schiavoni Lorenzo Jacampo


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È questi è uno dei compagni di sventura dello Schiavoni.

Gli fu patria Aquila, ove trasse i natali il 9 settembre del 1813 da Giovan Battista e da Niccola dei baroni Sardi.

Studiato legge, incominciò l’esercizio della professione d’avvocato presso la gran corte civile della propria città, non ancora ventenne.

Arrestato per cagione politica nel 1845 e tenuto per sette mesi continui in segreta, all’occasione dei fatti di Rimini, fu sottoposto a giudizio e liberato dalla giunta di Stato.

Si recò allora il Pica in Napoli, ove si diè ad esercitare la propria professione.

Nominato deputato da cinquemila elettori della propria provincia, prese parte alle riunioni preparatorie della Camera, riunioni che furono troncate dalla reazione del 15 maggio.

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Sciolta così quell’assemblea, il Pica, fu rieletto e sedè fra gli oppositori dello sleale ministero Bozelli, finchè arrestato nel luglio del 1849 e tradotto successivamente nelle prigioni di Santa Maria Apparente, di Sant’Elmo, San Francesco, la Vicaria, sempre rifiutando di rispondere agli interrogatorî del famigerato presidente Navarro, ed invocando la qualità sua di deputato per esser rinviato al giudizio dei pari.

Nel 1852 sottoposto alla corte speciale di Napoli, insieme agli ex-deputati Spaventa, Amadio, Cagnazzi, Cimino ecc., si difese da sè medesimo contro l’accusa d’aver voluto cangiar la forma del governo, ritorcendola anzi contro i magistrati borbonici che violavano lo statuto e sedevano giudici di corti speciali abolite.

Il Pica fu condannato a 26 anni di ferri duri, pena ch’espiò egli pure fino al gennajo del 1859 nei bagni di Procida, Montefusco e Montesarchio.

Compreso allora nel numero dei condannati politici che la magnanimità di Ferdinando II ordinò fossero deportati in America, il nostro protagonista ebbe anch’ei la buona sorte di metter piede a terra a Queenstown in Irlanda, d’onde si portò in Inghilterra, che l’accolse ospitale fino al novembre del 1860, epoca in cui rientrò in Napoli.

La nativa Aquila lo scelse unanime a proprio rappresentante in seno al Parlamento italiano, ov’ei siede sui banchi dal centro sinistro.