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Tonna ecc., fu trascinato in quello di Montefusco, orrido e malsano fra tutti.

Colà visse — se vita può chiamarsi quella — quarantadue mesi, e l’umidità di quella fogna danneggiandolo nella vista ebbe a perdervi un occhio. Da Montefusco fu poscia in Montesarchio, e da quell’ultimo bagno in quello di Nisida.

Da qui nel gennajo del 1859, per decreto di Ferdinando II, la galera fu commutata pello Schiavoni ed altri molti condannati politici in perpetuo esilio, e i martiri furono imbarcati per Nuova-York, sebbene, come ognun sen sovviene, lor riuscisse di approdare in Irlanda, e da quest’isola passati in Inghilterra, di rimetter piede sul continente europeo, festeggiati per tutto ove passavano.

Rientrato nel 1860 in patria, lo Schiavoni fu eletto a deputato al Parlamento nazionale dal collegio della nativa Manduria.





È questi è uno dei compagni di sventura dello Schiavoni.

Gli fu patria Aquila, ove trasse i natali il 9 settembre del 1813 da Giovan Battista e da Niccola dei baroni Sardi.

Studiato legge, incominciò l’esercizio della professione d’avvocato presso la gran corte civile della propria città, non ancora ventenne.

Arrestato per cagione politica nel 1845 e tenuto per sette mesi continui in segreta, all’occasione dei fatti di Rimini, fu sottoposto a giudizio e liberato dalla giunta di Stato.

Si recò allora il Pica in Napoli, ove si diè ad esercitare la propria professione.

Nominato deputato da cinquemila elettori della propria provincia, prese parte alle riunioni preparatorie della Camera, riunioni che furono troncate dalla reazione del 15 maggio.