Il Parlamento del Regno d'Italia/Giuseppe La Masa

Giuseppe La Masa

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Luigi Basile Basile Filippo De Boni
Questo testo fa parte della serie Il Parlamento del Regno d'Italia


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LA MASA GIUSEPPE


deputato.


Appartiene ad una famiglia popolana della Sicilia. Giovine ardente, poeta pieno di amor patrio, si compromise di buon’ora all’occhio più che geloso del tirannico governo borbonico e dovette emigrare. Prese stanza a Firenze, ove coltivò le lettere e più specialmente la poesia, stringendo ottime relazioni, e facendosi un certo nome.

Ma informato che la nativa Palermo, in cui l’ardente desiderio di scuotere il giogo borbonico erasi ognor fatto più vivo, stava per rinnovare un moto non dissimile dai famosi suoi vespri, si mise in viaggio e sormontando non pochi rischi, penetrò in essa ed esponendosi ad ogni sorta di pericoli si diede ad organizzare la rivolta e fu uno dei primi che recatosi sulla piazza della Fieravecchia intimò risolutamente la guerra ai soldati di Ferdinando II. [p. 755 modifica]

Noi non ridiremo tutto quanto venne operato da La Masa durante quell’ammirabile rivoluzione; solo costateremo ch’ei rese, per avviso di tutti, i più incontestabili servigî alla propria terra e si acquistò in essa a buon dritto la più grande popolarità. Più tardi gli fu confidato un corpo di volontarî per recarsi alla difesa di Venezia, entro la quale si chiuse assistendo a quel memorabile assedio.

Venezia caduta, il La Masa si ritrasse in Piemonte, vivendo dapprima in Genova, quindi a Torino, ove pensava organizzare una legione per non sappiamo quale Stato dell’America, allorchè gli avvenimenti del 1859 lo fecero cambiare d’avviso.

Nel 1860 ei fu della celebre spedizione di Marsala, e si ebbe il comando di una divisione durante tutta la guerra della Sicilia e posteriormente nella campagna che condusse i garibaldini sotto Capua.

Durante quest’ultima campagna sembra che in una circostanza, che non possiamo precisare, il La Masa non desse saggio di tutta quell’energia che si richiede da un generale che sta di fronte al nemico. Quest’accusa, che, disgraziatamente, l’inchiesta domandata da esso stesso, mostrò fondata, ha fatto sì che gli si rifiutasse dal governo il grado di generale di brigata conferitogli dal Garibaldi.

Certo, il La Masa ci è sempre apparso più uomo di penna che di spada, e non ci farebbe specie, che in uno di quei momenti tanto difficili, nei quali è d’uopo essere un uomo incallito, per così dire, sotto le armi, per conservare tutta quella presenza di spirito e quella fermezza incrollabile ch’è propria della gente di guerra, egli, senza perdersi addirittura di animo, avesse tuttavia fallito ad un obbligo sacro pel militare.

Ad ogni modo, la Commissione stessa che lo ha condannato ha resa piena giustizia al suo patriotismo, alla sua onoratezza, e ha constatato ch’egli aveva prestati importanti servigî alla patria.

Il La Masa durante il suo lungo esilio ha pubblicato varî scritti, fra i quali è da annoverarsi la sua Cronaca dell’insurrezione Siciliana del 1848, cui egli prese tanta parte. — Eletto deputato da un collegio [p. 756 modifica]dell’isola nativa, siede sui banchi della sinistra; ma ben di rado assiste alle sedute della Camera.