Il Parlamento del Regno d'Italia/Giulio Borghi

Giulio Borghi

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Giuseppe Bravi Gabrio Casati
Questo testo fa parte della serie Il Parlamento del Regno d'Italia

[p. XXXVII modifica]Giulio Borghi.

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Nacque in Milano il 31 marzo del 1819 da Carlo e da Rosa Alberti; fece i primi studî nella patria città, i politico-legali all’università di Pavia, ove s’ebbe la laurea nel 1844.

Acceso fin dagli anni dell’adolescenza d’ardente amore per l’indipendenza d’Italia, ed educato al virile esempio d’un a lui carissimo fratello, ora defunto, il quale, ventenne appena, ebbe parte nella generosa, benchè fallita cospirazione italiana del 1833, per cui soffrì tredici mesi di carcere austriaco, Giulio Borghi, cercò dal canto suo di spargere fra i conoscenti e gli amici le scintille del foco patrio e di fomentare l’idea dell’italico riscatto, in un tempo in cui tali tentativi sembravano agli occhi di taluno temerarissime imprese, e presso altri passavano per nefandi delitti.

Nè con soli discorsi a tale intento adoperavasi il Borghi ma con iscritti, specialmente poetici, ch’ei facea circolare tra i crocchi de’ suoi condiscepoli e di tutti coloro ai quali univalo comunanza d’aspirazioni e di sentimenti.

Al movimento del 1848 non prese gran parte, essendo per mala ventura il nostro protagonista in quell’epoca affetto da continue indisposizioni fisiche. Prestò tuttavia l’opera sua nelle famose cinque giornate, e dopo la gloriosa rivoluzione della lombarda metropoli fu dal governo provvisorio nominato segretario al comitato di soccorso creatosi allora in Milano, carica in cui rimase fino alla cessazione di quel regime.

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Al ritorno dell’oppressore straniero il Borghi si ritrasse dapprima in Isvizzera, quindi passò in Piemonte ove rimase fino a che caddero le speranze della pronta liberazione delle patrie contrade a cagion del disastro di Novara.

Ridottosi alcuni mesi dopo quella fatale battaglia a vivere di bel nuovo in Milano, vi compì la pratica notarile, dette l’esame relativo, ed ottenne decreto d’idoneità al notariato, all’esercizio del quale però non seppe mai risolversi ad applicarsi, perchè, quantunque amante teoricamente degli studî giuridici, sentivasi gravissima repugnanza pel formalismo della pratica.

Si dedicò invece a studî letterarî e linguistici, per meglio attendere ai quali entrò come impiegato nell’Archivio paleografico diplomatico di Milano, ove apprese a leggere e ad interpetrare i più difficili documenti antichi, sia latini che italiani, francesi e spagnuoli. Ma non essendo poi stato elevato quell’archivio, come lo sperava il Borghi, al rango d’istituto archeologico, e non potendosi in esso per la gelosa ignoranza austriaca, far quelle indagini intorno alla patria istoria che il nostro protagonista erasi ripromesso, dopo alcuni anni ebbe a dimettersi da quell’impiego.

Anche al movimento del 1859 non fu dato al Borghi, per la sua mal ferma salute di offrire che una cooperazione indiretta, consistente in calorosi eccitamenti a chi poteva agire, e nella prestazione di quei materiali sussidî di cui poteva disporre.

Si fu appunto in riguardo a tale cooperazione e al dignitoso e patriottico contegno sempre serbato dal Borghi che i suoi concittadini nel rimeritarono, colla nomina di capitano della guardia nazionale di Milano, con quella di consigliere provinciale, e infine con eleggerlo a deputato al primo Parlamento italiano.

Non è inutile il notare che l’avvocato Borghi è proprietario, in unione ai suoi fratelli, di uno stabilimento industriale ch’è fra i primi di Lombardia. È questo un opificio di filatura e tessitura meccanica da cotone in cui lavorano circa seicento persone, sito nel comune di Varano.