Il Parlamento del Regno d'Italia/Giovan Battista Cassinis
Questo testo è stato riletto e controllato. |
◄ | Emmanuele Bich | Girolamo De Amicis | ► |
È nato in Masserano, terra del circondario di Biella da Orazio e da Orsola dei conti Avogadro di Quaregna il 25 febbrajo del 1806.
La sua intelligenza fu assai precoce, sì che non compito ancora l’ottavo anno veniva messo allo studio del latino, studio quasi unico a quei tempi pei giovanetti di civil condizione; a dodici anni intraprendeva in Vercelli il corso di filosofia, ed a quattordici, nel 1820, si recava all’università di Torino per apprendervi legge.
In cinque anni terminò il suo corso in modo distinto, e tolta la laurea (16 maggio 1825), intraprese la pratica forense nello studio dell’avvocato Priggione, uno de’ più illustri giureconsulti della capitale.
Il Cassinis amava la professione cui si era dedicato, professione che molti abbracciano come mezzo a conseguire altri fini, ma che avversano e dichiarano ingrata e tediosa. Egli volle approfondirla, e con tanta cura si adoperò nell’intento, che, giovine a diciannove anni, ne seppe abbastanza da poter essere precettore altrui, autorizzato qual fu a ripetitore.
Niuna meraviglia adunque che di là a cinque anni (27 maggio 1830) pensasse a farsi ricevere dottor collegiale, ninua meraviglia, che, malgrado le tesi a lui proposte e sostenute nel pubblico arringo avessero per oggetto le più ardue e gravi questioni dell’umana personalità — il dominio, le consociazioni, la pena di morte, la potestà della Chiesa ecc. — e che fra gli straordinari oppositori, che furono molti e dotti, si contasse lo stesso Siccardi, il Cassinis ne uscisse trionfante, e ne riportasse moltissimo plauso. — Ciò che potrebbe far più specie al comune dei lettori si è che un giureconsulto così sollecito de’ suoi codici e de’ suoi digesti fosse poi, come lo era il nostro protagonista, tanto vago di studî d’amena letteratura, sia latina che italiana. Eppure, quando il giovine legale voleva ristorarsi un po’ dalle sue fatiche di professione, toglieva in mano Virgilio, Tacito o il Dante, ne assaporava raccolto i più belli e sublimi squarci e li voltava d’una lingua nell’altra e l’imparava a memoria.
Ricevuto avvocato nel 1828, cominciò subito a sostener cause nel foro di Torino qual collaboratore del suo maestro l’avvocato Priggione (fino al 1841, solo d’indi in poi), e la fama dei giovine patrocinatore non tardò a farsi gigante, sì che l’averlo a difensore era argomento di quasi sicura riuscita per chi intentava o sosteneva un processo.
Le cause quindi affluirono al suo studio, e vi affluirono in modo che le orazioni pronunciate dall’avvocato Cassinis, dal giorno in cui incominciò la propria carriera fino all’anno scorso in cui la lasciò per accettare il portafogli di ministro, formano otto volumi in foglio di ben grossa mole!
Quest’inaudita attività forense non assorbiva tuttavia così fattamente il nostro protagonista da impedirgli d’interessarsi allo sviluppo politico della patria, e legato d’intima amicizia coi Pinelli, coi Merlo, coi Cesare Perrone ecc., si riuniva quanto più il poteva di frequente con essi ad agitare le vitali quistioni di libertà e d’indipendenza nazionale.
Con essi pure e col Sineo, col Biagini, col Pescatore fu membro della società che scrisse gli annali di giurisprudenza italiana, nei cui volumi si ponno leggere molti accurati e profondi articoli di lui su importantissime materie di diritto civile.
Nel 1848 il collegio di Saluzzola lo inviava alla Camera qual suo rappresentante; senonchè il Cassinis, uomo di studio e d’ordine, si trovò male a suo agio in quel congresso, ch’era lungi dal possedere la calma che in oggi presiede alle deliberazioni parlamentari; quindi preferì ritrarsi per alcun tempo dall’arena politica. Ma un personaggio di tanta vaglia nol si poteva lasciar fuora del girone in cui si maneggiavano le faccende del paese; avvenne pertanto, che lo si rieleggesse a deputato prima, e per due volte, di Dogliani, poi, contemporaneamente di Cossato e Torino.
In tal posizione, sebbene egli si astenesse, per quanto gli era dato il farlo, dal prendere viva parte nelle discussioni, fu membro di importanti commissioni, e prestò con molta efficacia l’opera sua negli ufficî.
Ciò che poi valse in singolar modo ad acquistare al nostro protagonista la gratitudine dei veri devoti al paese si fu l’adoperarsi ch’ei fece costantemente, ognun sel sa, ad appianare quelle asperità del terreno politico che si opponevano ad un avvicinamento tra Rattazzi e il conte Cavour. Amico dell’uno e dell’altro e amicissimo della patria, il Cassinis, la cui onestà e ponderata parola avevano una ben meritata influenza sull’animo di quei due sommi uomini di Stato, assunse efficacemente il nobile ufficio, nè l’opera sua tornò vana.
Sin dal 1852 il conte di Cavour invitavalo ad entrare nel Ministero, e ad ogni rinnovamento o ad ogni modificazione di gabinetto le istanze al Cassinis perchè vi consentisse si rinnuovarono; ma la di lui modestia respingeva sempre quelle sollecitazioni.
Nel luglio e nel novembre del 1859 nuove e calde premure gli venivano fatte; tutti gli amici suoi, e perfino i semplici conoscenti gli rivolsero vive rimostranze colle quali gli si insinuava che quel suo volersi ad ogni patto tener lungi dall’amministrazione della cosa pubblica, sembrava un indifferentismo verso la medesima, tutt’altro che plausibile; o peggio, un non volere discontinuare il lucro che l’esercizio della sua professione fruttavagli. Noi sappiamo che il nostro protagonista sarebbe già stato in questa seconda epoca disposto ad assumere il grave incarico se si fossero accettate alcune condizioni da lui proposte, le quali non discordando nella sostanza dalla politica di quel gabinetto, egli riputava opportune a conciliazione d’animi e di partiti. —
Avveniva la crisi ministeriale del gennajo passato; smosso dalle sovraindicate considerazioni, antico fautore qual era della politica del conte di Cavour, invitato a far parte del nuovo gabinetto non credette dovere più oltre persistere nel suo rifiuto. Accettò pertanto, e concorse ad un tempo alla scelta dei propri colleghi. — Così assumeva il 21 gennajo predetto il portafoglio di grazia e giustizia e degli affari ecclesiastici.
Noi non ci dilungheremo nel tessere gli elogi del ministro; diremo solo che abile ed esperto giureconsulto, dotato di una intelligenza superiore, assiduo al lavoro, uomo insomma di progresso e d’azione, e’ sembra bene al suo posto, là sullo scanno ov’ei siede.
Nè dee tacersi dell’oratore, ch’è invero degno a più d’un riguardo d’encomio.
La sua lingua è pura, la frase facile, ornata, armoniosa; fino l’accento è privo di quelle tali rudezze o difetti di pronunzia di cui ben di rado gl’italiani del settentrione ponno disfarsi. Ciò in quanto alla forma. La sostanza le corrisponde a meraviglia e si mostra ben degna di quella veste.
L’argomentazione si svolge nitida e calma, e senza esser serrata come quella di certi oratori che vi sorprendono e sembrano farvi violenza con l’urto impetuoso di loro ragioni, vi circonviene decorosamente, vi piace e giunge presto a persuadervi e convincervi in durevole modo.
Il Cassinis è semplice cavaliere dell’ordine Mauriziano; si ebbe la croce nel 1852.
Le revisioni dei codici di leggi esistenti, e l’unificazione di questi codici per tulle le provincie del nuovo Regno è intrapresa di sommo rilievo cui crediamo il Cassinis degnissimo e capacissimo di presiedere.