Il Parlamento del Regno d'Italia/Giacinto Carini
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deputato.
Palermo è pure la patria di questo chiaro italiano, che vi nacque da un padre conosciuto per la carica che eserciva di direttore delle finanze in Sicilia, e che morendo in ancor fresca età lasciò il figlio Giacinto, che contava appena undici anni alla testa d’una assai numerosa famiglia.
Giovinetto ancora, il nostro protagonista ebbe senno e condotta d’uomo provetto, e applicatosi con tutto fervore al commercio e all’industria si pose in contatto colle genti delle campagne vicine a Palermo, cui seppe rendersi grato e profittevole introducendo molti ammegliamenti nell’agricoltura.
Avvenuto il moto del 12 gennaio, il Carini fu di quei coraggiosi che maggiormente si adoperarono a liberare la patria isola dalla borbonica schiavitù, facendo parte egli ed un suo fratello del comitato generale di insurrezione, che dal luogo ove s’adunava, fu detto della Fieravecchia, essendo poscia stato messo alla testa di una delle squadre dei villici armati che accorsero in aiuto della capitale.
Cominciato poi un organamento militare più regolare, al Carini fu affidato, col grado di colonnello, il comando d’un reggimento di cavalleria, della formazione del quale s’occupò con tutto il maggior impegno.
Durante quel breve periodo dell’indipendenza siciliana il Carini rese importanti servigi alla causa nazionale, non dovendosi sopratutto dimenticare la spedizione di Burgio da lui comandata, e colla quale, mediante il valore e l’energia dal nostro protagonista in quell’occasione spiegati, venne messo in perfetta rotta il nucleo di ladroni che infestavano quel comune.
Cadute alfine le sorti de' Siciliani, il Carini, dopo aver combattuto le ultime e disperate pugne a Villabate ed a Belmonte, s’imbarcò sul Descartes, e ridottosi a Parigi, trovò in quella gran capitale cortese accoglienza presso i Victor Hugo, i Girardin, i Lamartine, i Michelet, i Quinet e i Dumas.
Colà fondò la Revue franco-italienne, che in seguito cambiò nel Courrier-franco-italien, organo degli interessi artistici e industriali delle due nazioni sorelle, la Francia e l’Italia.
Appena scoppiato il movimento siciliano del 4 aprile 1860, il Carini si recò sollecitamente a Torino onde dar mano a promuovere e facilitare la spedizione del generale Garibaldi, col quale indi a poco imbarcossi, essendo uno dei sette capitani della famosa legione dei mille. Sbarcato a Marsala, si mise alla testa dei suoi centocinquanta prodi, e con essi combattè gloriosamente a Calatafimi, entrò a Palermo, e al ritorno del general Bosco da Corleone corse alla Fieravecchia, nell’assenza di La Masa, per impedire l’entrata degli svizzeri borbonici.
In tale occasione ebbe da un colpo di moschetto fracassata una spalla, ferita gravissima e che per poco non privava l’Italia di sì ardente patriota, ferita che obbligandolo per lungo tempo al letto e ad un assoluto riposo gli ha impedito di prendere agli ultimi avvenimenti militari dell’Italia meridionale quella cospicua parte che senza dubbio l’illustre nostro protagonista avrebbevi esercitata.
Garibaldi, che gli avea posto moltissimo affetto, durante tutto il tempo che dimorò in Palermo si recò spessissimo a vederlo, lo nominò poscia ispettore generale della cavalleria siciliana, ed in seguito maggior generale dell’esercito meridionale.
Anche l’eroico nostro sovrano, quando si portò a visitare la nuova gemma onde adornavasi la sua splendida corona di Re d’Italia, la generosa capitale della Sicilia, chiamò a sè il Carini, e lo volle al suo fianco durante il breve soggiorno ch’egli fece colà.
Il quarto collegio di Palermo ha eletto così nobile patriota a proprio rappresentante in seno al primo Parlamento italiano.