Poi che l’arti di regno e la morale,
onde meglio dei popoli si regge
la sorte, vuol conoscere il Leone,
fa chiamare al cospetto suo regale
un Bertuccion, maestro in diplomatica,
che tosto prende a dire:
- Innanzi tutto, per regnar, o Sire,
con onestà, conviene
sempre posporre il proprio all’altrui bene
ed ascoltar del popol l’opinione,
frenando il gioco e il foco
di quell’amor di sé, che d’ogni male
è il padre naturale.
Non chiedo io già che vostra Maestà
rinunci al suo valore,
cosa assurda o che almeno non si fa
in pochi giorni e in ore;
ma ben è forza moderar se stessi
e non offrire in sé
nulla d’ingiusto, nulla di ridicolo
e che non sia da re -.
Al re, che dimandò di queste cose
qualche parlante esempio,
il Bertuccion rispose:
- Ridicola si mostra
quella gente che tutti gli altri sprezza
e sé soltanto apprezza.
(E pecca spesso in ciò la razza nostra.)
L’amor di sé, mentre solleva al settimo
ciel la nostra persona,
agli altri non perdona.
Ond’io traggo che al mondo
certi talenti in fondo
all’arte si riducono
di saper darla a bere.
Il tuo sapere
per quest’arte difficile
a poco giova,
ma son gli sciocchi e gli asini
che fan la miglior prova.
Di due Asini scempi e babbuassi
seguendo l’altro giorno dietro i passi,
udii che s’incensavano fra loro.
Diceva l’un: "Signore, non vi pare
ingiusto, sciocco e indegno del decoro
che ad asini si deve,
questo rider di noi, questo sparlare
che fa l’uomo di noi? Non c’è persona
per quanto bestia, stolida, scioccona
a cui l’uomo dell’asino non dia
il nome con pochissimo rispetto.
Quest’animal si stima il più perfetto
di tutto il mondo e con superbia chiama
ragliar il nostro ridere e ragliare
il nostro bel parlare.
Bella superbia! e forse non sorpassa
il ragghiamento il cicalar che fanno
tanti avvocati e rètori?
Non ti curar di lor ma guarda e passa.
Andiam d’accordo, amico. Oh! s’io vi ascolto
della vostra armonia divento pazzo,
e Filomela al paragon (che tanto
famosa va nel canto)
è una mezza corista da strapazzo.
Ma voi, ma voi per questi orecchi fini
vincete Niccolini".
A questi elogi l’asino fratello:
"Signor", risponde, "voi non siete meno
di me valente e bello".
E questi due, grattandosi a vicenda,
più valenti credendosi e più scaltri,
passeggiando su e giù per la città,
disprezzavano il merito degli altri.
Conosco molti ancora e non fra gli asini,
ma fra le più distinte intelligenze,
che non contenti d’essere Eccellenze
vorrebber diventare Maestà.
E ne direi di più, Sire Leone,
ma spero nella vostra discrezione.
Questi sono gli esempi più ridicoli
che voi mi avete chiesto.
In quanto a quel che degl’ingiusti tocca
si andrebbe per le lunghe ed acqua in bocca -.
Il nostro Bertuccione molto istrutto
capì tosto che questo
era a toccar un tasto delicato.
Il prence era un leone
ed ei non era sciocco dopo tutto.