Pel vecchio Esopo, sola
la Volpe è mariola
e d’ogni furberia grande maestra.
Per conto mio non vale
men ogni altro animale
(compreso il Lupo) in furberia, per poco
che sia la vita in gioco.
Ma questa volta ancor tra l’uno e l’altra
la Volpe fu più scaltra.
Una Volpe una sera vide in fondo
d’un pozzo il bianco cerchio della luna,
e la pigliò per un formaggio tondo.
Eran sospese al pozzo per fortuna
due secchie, che scendevano a vicenda,
e la Volpe, sedendo in fondo ad una,
vi si lasciò calar; ma la faccenda
divenne brutta, quando giunta in fondo,
dell’illusione le cascò la benda.
Perché come salir nel chiaro mondo,
se non venìa qualche altro che credesse
per appetito quel formaggio tondo,
e che nell’altra secchia discendesse?
Due giorni stette dentro al buco nero
senza che un nero cane la vedesse.
Il tempo, che fa sempre il suo mestiero,
andava intanto trasformando il volto
di quell’astro d’argento lusinghiero.
Pensate or voi se l’animal sepolto
dovea soffrir di fame e di dispetto
in bocca a un pozzo e in una secchia colto.
Quando venne a passar, forse costretto
dalla gran fame, il Lupo, e si fermò
a contemplar quel luccicante oggetto,
la Volpe: - O camerata, - a lui gridò, -
vedi tu questa cosa un po’ lucente?
È un formaggio che Fauno fabbricò:
un formaggio divino ed eccellente
fatto col latte d’Io, vacca famosa:
e Giove, quando fosse un po’ soffrente,
se mangiasse un pochin di questa cosa,
sarebbe in un momento risanato,
tanto è squisita e tanto è appetitosa.
Io stessa n’ho uno spicchio rosicchiato,
lo vedi, ma ne resta, se lo prendi,
ancora un bel boccone prelibato.
Ho lasciata una secchia: orvia, discendi -.
E il Lupo, che credette al Suo buon cuore,
discese e col suo peso, tu comprendi,
che la Volpe dal pozzo trasse fuore.
Non ridiam, ché sovente a noi succede
di mangiar del formaggio anche peggiore.
Che facilmente l’uom di buona fede
da ciò che lo lusinga o lo spaventa
si lascia affascinar e spesso crede
nel dïavolo stesso che lo tenta.