<dc:title> Il Conte di Carmagnola </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Alessandro Manzoni</dc:creator><dc:date>1828</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Opere varie (Manzoni).djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Il_Conte_di_Carmagnola/Atto_secondo/Scena_I&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20221009105327</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Il_Conte_di_Carmagnola/Atto_secondo/Scena_I&oldid=-20221009105327
Il Conte di Carmagnola - Atto secondo - Scena prima Alessandro ManzoniOpere varie (Manzoni).djvu
Sì, condottier; come ordinaste, in pronto
Son le mie bande. A voi commise il Duca
L’arbitrio della guerra: io v’ho ubbidito,
Ma con dolor; ve ne scongiuro ancora,
Non diam battaglia.
malatesti.
Anzian d’anni e di fama,
O Pergola, qui siete; io sento il peso
Del vostro voto; ma cangiar non posso
Il mio. Voi lo vedete; il Carmagnola
Ci provoca ogni dì: quasi ad insulto
Sugli occhi nostri alfin Maclodio ha stretto:
E due partiti ci rimangon soli;
O lui cacciarne, o abbandonar la terra,
Che saria danno e scorno.
pergola.
A pochi è dato,
A pochi egregi il dubitar di novo,
Quando han già detto: ell’è così. S’io parlo
È che tale vi tengo. Italia forse
Mai da’ barbari in poi non vide a fronte
Due sì possenti eserciti: ma il nostro
L’ultimo sforzo è di Filippo. In ogni
Fatto di guerra entra fortuna, e sempre
Vuol la sua parte: chi nol sa? Ma quando
Ne va il tutto, o Signore, allor non vuolsi
Dargliene più ch’ella non chiede; e questo
Esercito con cui tutto possiamo
Salvar, ma che perduto in una volta
Mai più rifar non si potria, non dèssi
Come un dado gittarlo ad occhi chiusi,
Avventurarlo in un sì piccol campo,
E in un campo mal noto, e quel che è peggio
Noto al nemico. Ei qui ci trasse: un torto
Argin divide le due schiere: a destra
E a sinistra paludi, in esse sparsi
I suoi drappelli; e noi fuor de’ nostri
Alloggiamenti non teniamo un palmo
Pur di terren. Credete ad un che l’arti
Conosce di costui, che ha combattuto
Al fianco suo; qui c’è un’insidia. Forse
La miglior via di guerreggiar quest’uomo
Saria tenerlo a bada, aspettar tempo,
Tanto che alcun dei duci ai quali è sopra
Prendesse a noia il suo superbo impero;
E il fascio ch’egli or nella mano ha stretto
Si rallentasse alfin. Pur, se a giornata
Venir si deve, non è questo il loco:
Usciam di qui, scegliamo un campo noi,
Tiriam quivi il nemico: ivi in un giorno,
Senza svantaggio almanco, si decida.
malatesti.
Due grandi schiere a fronte stanno; e grande
Fia la battaglia: d’una tale appunto
Abbisogna Filippo. A questi estremi
A poco a poco ei venne, e coi consigli
Che or proponete: a trarnelo, fia d’uopo
Appigliarci agli opposti. Il rischio vero
Sta nell’indugio; e nel mutare il campo
Rovina certa. Chi sapria dir quanto
Di numero e di cor scemato ei fia,
Pria che si ponga altrove? Ora egli è quale
Bramar lo puote un capitan; con esso
Tutto lice tentar.