Il Conte Rosso/Prologo/Scena seconda
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Giuseppe Giacosa - Il Conte Rosso (1880)
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Squillo di trombe. Entrano i Conti di Pembrock, d'Arundel e d'Honiton, coll'Araldo d'Inghilterra e Scudieri. Detti.
- Il Re
- Benvenuti
- Nel nostro campo, messeri. Edoardo
- Ci fa guerra, non voi, che non potreste
- Esserci amici senza fellonia.
- A voi, stretti d'assedio, della cara
- Patria voce non giunge, onde ci è grato
- Darvene nuova a guisa di saluto
- Tal che quasi vi paia in ascoltarci
- Udir della remota Anglia l'accento.
- Pembrocche, il tuo fratello oggi si noma
- Capitan generale del naviglio
- D'Inghilterra. Arundello, il venerato
- Tuo zio fu assunto al seggio episcopale
- Di Canterbùri, e d'Honiton la figlia,
- Onor della pinifera contea,
- Va fidanzata a Glocester.
- Pembrock
- Di tutte
- Liete novelle, la migliore è questa:
- Che siam del Re di Francia nel cospetto.
- Amedeo
al Re.
- Sire, anzi l'arme, interrogar ti piaccia
- Questi prodi campioni acciò la strana
- Impresa che ciascun reca dichiari.
- Il Re
- Strana invero, messeri, e tal da farci
- Attoniti noi pur col ben amato
- Nostro cugino di Savoia. In petto
- Non vi splende dei vostri avi l'impresa
- A noi ben nota, ma bizzarro segno
- Di singolare elezion, tormento
- Degli araldi. Pembrock, se non lo vieta
- Amorosa ragione di segreto,
- Dinne primo che intenda l'abbrunata
- Donna che aspra di gemme in petto rechi.
- Pembrock
- Sire di Francia, la donna abbrunata
- Che aspra di gemme mi scintilla in petto,
- Immagin rende di madonna mia
- Che pianse un dì l'anglo valor perduto.
- In virtù del suo pianto, io le giurai
- Tante in arme condur gagliarde imprese
- Da infiorarne le insolite novelle
- Dei favoleggiatori. All'arduo intento
- Scelsi terren la Francia, ove maggiore
- Periglio il serto del valor circonda.
- Il Re
- Arundello, la tua spada sfavilla
- Nuda e senza guaina, e porti in campo
- Azzurro un cavalier che con dimessa
- Fronte una spada al par nuda trascina.
- Se lo concede la discreta cura
- Di tua donna, chiariscine l'enigma
- Di tanta impresa.
- Arundel
- Questa spada è dono
- Della mia donna, e otterrà di sua mano
- Tempestata di gemme una guaina
- Il dì che condurrò nel suo cospetto
- Sei prigioni di nobile lignaggio.
- Vuoto l'arcion, trascinerà ciascuno
- La spada nuda, e griderà con voce
- Di pianto: «Io son valletto d'Arundello.»
- Amedeo
- Solo valletto? E nulla più? Sei troppo
- Discreto cavaliere.
- Il Re
- Honiton, veggo
- Trapunti sul tuo giaco due colombi
- Reggenti una catena, e a questa pende
- Un anello gemmato: ultimo parla,
- E se giuro d'amor non te lo vieta,
- Di tal segno dichiara il senso arcano.
- Honiton
- Ebbi l'anel dalla mia donna a patto
- Che mio sarebbe se, anzi l'anno, in lizza
- Dieci campioni avrò tratti di sella.
- E s'altri mi scavalchi, abbiasi il pegno
- E l'amor di madonna. In nove scontri
- Uscii vincente, e al decimo m'appresto
- Con tanta sicurtà che altero in petto
- Reco delle compiute armi il trofeo.
- Amedeo
inoltrandosi con impeto.
- La tua arma, sir d'Honiton?
- Honiton
- La lancia.
- Amedeo
- La tua, Arundello?
- Arundel
- La spada.
- Amedeo
- La tua, Pembrock?
- Pembrock
- La mazza.
- Amedeo
- Io, Conte di Savoia,
- Duca d'Aosta e del Chiablese, principe
- Di Piemonte, marchese d'Italia
- E di Susa, signore del Vallese,
- D'Ivrea, di Bressa e Tarantasia e d'altre
- Terre che franche d'osservanza tengo
- Per diritto di spada e pergamena,
- Col buon voler del Re di Francia, sfido
- I conti di Pembrocche, d'Arundello
- E d'Honiton, con lancia, mazza e spada,
- A singolar tenzone; e Dio m'assista,
- Come giuro fiaccar l'oltracotante
- Albagìa di costoro.
- Il Re
- I miei baroni
- Bastano a ciò.
- Amedeo
- Vi basto anch'io.
- Il Re
- Di regio
- Sangue tu sei, non essi.
- Amedeo
- Che la mia
- Spada li tocchi, e son miei pari: ad essi
- Del grave onor dolersi.
- Il Re
- Alla tua vita
- Pendono i tuoi soggetti.
- Amedeo
- I miei soggetti,
- Com'io la pongo, la porrebber tutti,
- Pria di patir tanta alterigia.
- Il Re
- A noi
- Il tuo braccio abbisogna.
- Amedeo
- E per serbarlo,
- Sire, lo disonori?
- Il Re
- Assai risplende
- Sul tuo nome d'onor.
- Amedeo
- L'ebbi dal caso,
- Non dal mio proprio braccio.
- Il Re
- In util giostra
- Al tuo lustro provvedi.
- Amedeo
- Utile è darsi
- Per forte ed esser tale.
- Il Re
- E tal ti estima
- Senza prova ciascun.
- Amedeo
- Dopo la prova
- Più assai mi estimerebbe.
- Il Re
- Orben, decida
- Il giudizio dei duchi.
- Amedeo
- Lo ricuso.
- A' miei pari non cedo. All'ombra io sono
- De' tuoi gigli, e sei Re: qui mi sommetto
- Al tuo regio voler.
Agl'Inglesi.
- Messeri, al piede
- De' miei monti vi attendo: ivi la giostra
- Avrà delle nevose Alpi corona,
- E andrà l'eco dei colpi ripercossa
- Pei burroni così come giuliva
- Canzon di bocca in bocca.
- Il Re
- Impetuoso
- E testardo! Sei sangue di Savoia.
- Al tuo desir più non disdico.
- Amedeo
all'Araldo di Savoia.
- Araldo!...
- Araldo di Savoia
- Nel nome del mio nobile e possente
- Signore, il conte Amedeo di Savoia,
- Io vi richiedo, o conti d'Inghilterra,
- Se teniate la sfida.
- Pembrock
- Io tengo.
- Arundel
- Io tengo.
- Honiton
- Chiedo esser primo all'armi.
- Il Re
- Al più cortese
- La maggior cortesia. S'abbia Pembrocche
- L'onor del primo assalto, indi Arundello,
- E da sezzo il sir d'Honiton.
- Scudiero
entrando.
- La lizza
- È presta.
- Il Re
- Io vi precedo. Cavalieri,
- Siate forti e leali, e Dio protegga
- I valorosi.
È sollevata la cortina che nasconde la loggia reale. Il Re, i Duchi ed i Baroni vi prendono posto. Gli Inglesi escono tutti di dove entrarono.
- Amedeo
- A me Savoia.
I Gentiluomini savoiardi lo circondano.
- Il nostro
- Grido, Buona novella, è del ritorno,
- Non del partirsi. Addio, messeri. Quando
- Squilleran gli olifanti, e sul fremente
- Collo del mio destrier darò la briglia,
- Pensate allora: «Il nostro sire è lieto
- Come chi a nozze sospirate muova».
Esce col seguito.