Il Conte Rosso/Atto terzo/Scena ottava
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Giuseppe Giacosa - Il Conte Rosso (1880)
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Clara, Amedeo.
- Amedeo
- Che hai? Perché piangi?
- Clara
- Non vi seppi salvar...
- Amedeo
- Povera donna!
- Nol poteva nessun. Lascia ch'io cerchi
- Nel mio pensier... tal compito mi resta
- Che mai non ebbi il più grave.
Gran pausa.
- Mi strazia
- Quel tuo singhiozzo.
- Clara
gettandosegli ai piedi.
- Perdonate, Sire.
- Amedeo
- Povera donna! tu mi fosti il solo
- Amico sulla terra! Ibleto m'ebbe
- Strumento alla sua causa... Non lasciarla,
- Sai, questa casa al mio morir. Rimani,
- Benché acerbo ti sia, né ti rimorda
- Che il grande inganno ci ravvolse; il buono
- Contro l'arte dei tristi è disarmato.
- Veglia a mio figlio ornai, se la mia sorte
- Ti apprese a invigilar, che alcun gli parli,
- Adulto, di suo padre e gli rammenti
- Quanto amore gli diè, quante speranze
- Sul suo capo ripose... e se malvage
- Voci corrano intorno e alcun, sia pure
- Di basso loco, mormorar s'attenti
- Di mia morte immatura, oh, tu respingi
- Con quanto hai core l'accusa, difendi
- L'oscurato splendor della mia Casa,
- Di' che Savoia non paga delitti,
- Che non arma la man d'un assassino...
- Di' che le madri di Savoia han sola
- Cura l'onor dei figli e la grandezza
- Della vecchia Corona.
- Clara
singhiozzando.
- Ah! non è vero,
- Non potete morir!
- Amedeo
- Prega il Signore
- Che mi soccorra d'un consiglio... Ah!... Senti.
- Come Ibleto ritorni e mi confermi
- Nel tristo vero, cerca il mio scudiere,
- Di' che m'inselli, e tosto, il più gagliardo
- De' miei cavalli, il Morello, e insiem dieci
- Cavalli pei baroni e che agguinzàgli
- La muta degli alani.
- Clara
- Io non v'intendo.
- Amedeo
- Non monta, va. Voglio sentirmi in viso
- Il vento dei galoppi...
- Clara
- Ma...
- Amedeo
- Obbedisci.
- Ecco Ibleto.