Il Conte Rosso/Atto secondo/Scena prima
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Giuseppe Giacosa - Il Conte Rosso (1880)
Atto secondo - Scena seconda | ► |
Besso guarda i villani intenti al saccheggio del castello. Questi entrano in scena per la porticina della prima quinta a sinistra, traversano il cortile carichi di minuto bottino, ed escono pel portone che s'apre sotto il portico nell'angolo fra la parete a sinistra ed il fondo, al quale sta di guardia Lapo. Il saccheggio è pressoché finito, e gli oggetti portati via sono sempre di minor conto. Passano successivamente, secondo sarà indicato, Cecco, Marta, e Linda.
- Besso
- Su, ladruncoli, spicci; il gran torrente
- È passato menando in sua rapina
- Travi e massi; ora a voi rigagnoletti:
- Trascinate i fuscelli nella mota.
- Vedili come calano alla preda
- Come corvi a un carcame, come frugano
- Minutamente, avaramente ogni angolo
- Della casa. In un attimo si fanno
- Familiari col torto viluppo
- Delle stanze; scassinano gli armadii,
- Si curvano sull'arche scoperchiate,
- E dove uno passò l'altro ripassa
- Racimolando, e ogni cosa è bottino.
- Se mi davano retta, una fiammata
- Ci salvava dall'onta di tal vista.
- Oh, chi giunge! Anche tu, Cecco? T'accosta,
- Cecco, che porti?
- Cecco
- Del panno da farmi
- Un saio per le feste.
- Besso
- Quando noi,
- Contro le picche, le alabarde, e sotto
- Gli oli bollenti e i grandinanti sassi
- Smantellammo il castello ove tu adesso
- Rubi liberamente, dove stavi?
- Non fuggire.
- Cecco
- Su al monte.
- Besso
- Rappiattato
- In un fenile, biasciando rosari.
- Cecco
- Il nostro sire non mi aveva offeso;
- Perché fargli la guerra? Io non ci leggo
- Nei libri dove tu, messer scolare,
- Impari che siam miseri.
- Besso
- Tu stai
- Dunque pel sire?
- Cecco
- Non l'odio.
- Besso
- E lo rubi.
- Cecco
- La casa è aperta, e non c'è rischio.
- Besso
- È giusto.
- Fatti un bel saio, io penserò a spianarti
- Le costure.
Cecco esce, entra Marta.
- Quest'altra! Ti strascini
- Ansimando a gran pena sul bastone,
- Vecchia sdentata, bavosa e morente,
- E ti ficchi tu pur nel brulicame
- Di questi insetti?! Marta, mi hanno detto
- Che fin da quando gli vivea la bella
- E buona moglie, tu fornivi il sire
- Di raccattati amori.
- Marta
- Hanno mentito
- Per la Vergine santa.
- Besso
- E pur t'han vista
- Sobillare le belle negli svolti
- Delle remote viuzze, tentarle
- Coll'eloquenza dei vezzi, e nell'ombra
- Guidarle occulta al castello. Salivi
- Col silenzioso tuo passo di strega
- Le note scale, e bisbigliavi gli ultimi
- Consigli, invidiando la bellezza
- Che tu avresti spontanea prodigata.
- Or, ladra ai ladri che rubaron teco,
- Mostrami la tua preda.
- Marta
- Quegli ingordi
- Spigolâr tanto, che non resta dietro
- Di loro che il pagliume.
- Besso
vedendo quello che Marta tiene in mano.
- Un abitino!
- Marta
- L'ho trovato per terra nella stanza
- Della morta signora.
- Besso
- Avrà toccato
- Il suo bel sono di neve, e dovrebbe
- Insudiciarsi alla tua lercia pelle?
- Prenditi in cambio una medaglia d'oro
- Della Madonna d'Oropa.
- Marta
- Messere
- Scolare, vi ringrazio.
- Besso
- E che il Signore
- Ti chiami presto al giusto premio.
Marta esce.
- Besso
a Lapo fermo sulla porta d'uscita.
- Lapo,
- Nessuno ancora?
- Lapo
- Nessun.
- Besso
- Che un tranello
- Fosse l'avviso?
- Lapo
- Il sol splende sull'Alpe
- Di Bossola; rimangono tre ore
- Di giorno.
- Besso
- Appena li vedi, fa cenno
- Ch'io sbratti questi ciuchi.
- Lapo
- Sì.
- Besso
- I minuti
- Sono più lenti che una ganza attesa.
- Linda
passando.
- Buon dì, ser Besso.
- Besso
- Linda! Tu mi fai
- Bugiardo. Per il gran mago Virgilio
- Che gli amori narrò del conte Enea,
- Son lieto di vederti. Dammi un bacio
- E un altro. Anzi che andassi pellegrino
- Per le scuole d'Italia, ti rammenti?
- Noi cercavamo l'ombra dei boschetti
- E le conche dei prati; io ti fiorivo
- D'azzurre genziane e di convolvoli,
- E tu di baci e d'amor mi fiorivi.
- Dolci ricordi, Linda! Io voglio ancora
- Chiamarti, come allor, vergine e pura,
- Tanto può l'abitudine!
- Linda
- Messere!
- Besso
- Dimmi, or per me venisti?
- Linda
- Sì.
- Besso
- Non giungi
- Da quelle stanze?
- Linda
- Ohibò!
- Besso
- No? Che hai gittato
- A terra?
- Linda
- Nulla.
- Besso
- Mi parve...
Raccoglie a terra.
- Un cuscino
- Trapunto d'oro sul velluto. È bello.
- L'hai tolto colassù... via, non negarlo.
- Tutti quanti saccheggiano; il curato
- Si tolse anch'esso l'inginocchiatoio
- Della morta signora e due messali
- E i vetri colorati, e tu saresti
- Da men degli altri? D'altronde la scelta
- È giusta ed opportuna. Quel cuscino
- Mentre la cara signoria durava
- T'ebbe certo talor, grato e arrendevole
- Peso, alle dolci intenta arti del sire.
- Linda
- Oh! che lingua d'inferno!
- Lapo
dal fondo.
- Besso...
- Besso.
- Giungono?
A tutti i villani.
- Via, ciurmaglia, di qui, via tutti e tosto.
- E tu, Linda, perdona; io poco appresi
- Nell'assenza e tu assai, ma pria di sera
- T'apprenderò tal nuova che in tua saggia
- Mente non indovini e non attendi.
Linda esce.