Il Circolo Pickwick/Capitolo 30
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— Ebbene, Sam, — disse il signor Pickwick mentre questo suo fedel servitore entrava in camera da letto con l’acqua calda la mattina di Natale, — è sempre freddo?
— L’acqua nella catinella è tutta un pezzo di ghiaccio, signore, — rispose Sam.
— Tempo rigido, Sam, — osservò il signor Pickwick.
— Bel tempo per chi sta bene imbacuccato, come disse l’Orso bianco mentre pattinava, — rispose il signor Weller.
— Sarò giù tra un quarto d’ora, Sam, — disse il signor Pickwick, sciogliendo le fettucce del berretto da notte.
— Benissimo, signore. C’è da basso un paio di Segaossi.
— Un paio di che? — domandò il signor Pickwick, alzandosi a sedere nel mezzo del letto.
— Un paio di Segaossi.
— Che è un Segaossi? — domandò il signor Pickwick, non ben certo se si trattasse di un animale vivo o di qualche cosa
— Come! non sapete che cosa è un Segaossi? — esclamò il signor Weller; — io mi figurava che tutti sapessero che un Segaossi è un chirurgo.
— Ah, un chirurgo, eh? — disse sorridendo il signor Pickwick..
— Per l’appunto, signore, — rispose Sam. — Questi di giù non sono però dei Segaossi patentati; si tirano su pel mestiere.
— In altri termini, sono studenti di medicina, volete dire?
Sam Weller accennò di sì col capo.
— Ne godo davvero, — disse il signor Pickwick, gettando energicamente il berretto sul piumino. — Bravi ragazzi cotesti studenti; bravissimi giovani, il cui giudizio è maturato dall’osservazione e dalla riflessione, e il cui gusto viene educato dalla lettura e dallo studio. Ne godo davvero.
— Hanno acceso i sigari e se la fumano davanti il caminetto, — disse Sam.
— Ah! — osservò il signor Pickwick fregandosi le mani, — dei giovanotti pieni di salute e di buon umore. Proprio quel che mi piace a me!
— E uno dei due, — disse Sam senza badare all’interruzione del padrone, — ha steso le gambe sulla tavola, e beve acquavite schietta, mentre l’altro, quello con gli occhiali, si è messo un barilotto d’ostriche fra le ginocchia, e le apre con una furia e le butta giù una dopo l’altra, tirando poi i gusci al piccolo idropico che se la dorme come un ghiro nell’angolo del camminetto.
— Ghiribizzi del genio, Sam, — disse il signor Pickwick. — Potete ritirarvi.
Sam obbedì, e il signor Pickwick, di lì ad un quarto d’ora discese per la colazione.
— Eccolo qua finalmente, — disse il vecchio Wardle. — Pickwick, questi è il fratello della signorina Allen, il signor Beniamino Allen; noi lo chiamiamo Ben, e così potete chiamarlo anche voi, se vi piace. Quest’altro signore è il suo amico intrinseco, il signor...
— Il signor Bob Sawyer, — interruppe il signor Beniamino Allen, al che il signor Bob e il signor Ben dettero in una risata.
Il signor Pickwick s’inchinò a Bob Sawyer, e Bob Sawyer s’inchinò al signor Pickwick; subito dopo, Bob e il suo amico intrinseco si dedicarono con grande assiduità ai commestibili che avevano davanti, e il signor Pickwick ebbe modo di osservarli.
Il signor Beniamino Allen era un giovane grezzo e tarchiato, con una spazzola di capelli neri piuttosto corti, ed una faccia bianca piuttosto lunga. Portava occhiali e cravatta bianca. Di sotto al suo soprabito nero abbottonato fino alla gola emergeva l’usato numero di gambe in calzoni pepe e sale terminate in un paio di stivali non bene lustrati. Benchè le maniche del soprabito fossero un po’ corte, non lasciavano fuori alcun vestigio di polsino; e benchè tanta parte di collo fosse visibile da permettere il comodo adattamento di un colletto di camicia, nessun indizio si poteva scoprire di questa sorta d’adornamento. Il signor Ben presentava nel complesso un aspetto piuttosto muffito, ed emetteva una forte fragranza di Cuba 3ª qualità.
Il signor Bob Sawyer, vestito di un abito turchino e ruvido, che senza essere nè pastrano nè soprabitone aveva in sè dell’uno e dell’altro, mostrava nella persona quella specie di sciattata eleganza e quel certo contegno impertinente, proprio di quei giovani che fumano di giorno per le vie, gridano e cantano nelle medesime durante la notte, chiamano per nome i camerieri, e compiono varie altre imprese egualmente facete. Portava un paio di calzoni a scacchi, ed una sottoveste pelosa con grandi rivolte; e quando andava fuori non lasciava mai una mazza dottorale con tanto di pomo. Disprezzava i guanti e pareva, al primo vederlo, una specie di Robinson Crusoè datosi alla dissipazione.
Tali erano i due bravi giovani cui il signor Pickwick venne presentato, prendendo posto alla tavola della colazione la mattina di Natale.
— Bellissima giornata, signori, — disse il signor Pickwick.
Il signor Bob Sawyer rispose affermativamente con un lieve cenno del capo e domandò la mostarda al signor Beniamino Allen.
— Avete fatto un lungo cammino stamani? — domandò il signor Pickwick.
— Leone turchino a Muggleton, — rispose conciso il signor Allen.
— Avreste dovuto raggiungerci ieri sera, — disse il signor Pickwick.
— Non dico di no, — rispose Bob Sawyer; — ma l’acquavite era troppo buona e non la si potea lasciar così presto; eh, Ben?
— Altro! — esclamò il signor Ben Allen; — e i sigari non erano mica da buttar via, e tanto meno le costolette di porco; eh, Bob?
— Per nulla al mondo, — disse Bob.
E i due amici ripresero con nuovo vigore il loro attacco contro la colazione, come se il ricordo della cena della sera innanzi avesse comunicato ai cibi un più squisito sapore.
— Mastica, Bob, — disse il signor Allen al suo compagno come per incoraggiarlo.
— Niente paura — rispose Bob Sawyer. E in effetto, a vederlo lavorar di mascelle, non c’era paura che non masticasse.
— Non c’è nulla che dia tanta fame quanto la dissezione, — disse il signor Bob Sawyer, volgendo un’occhiata intorno alla tavola.
Il signor Pickwick ebbe un leggiero brivido.
— A proposito, Bob, — disse il signor Allen, — avete finito quella gamba?
— Quasi, — rispose Bob, servendosi intanto di un mezzo pollo. — È molto muscolosa per essere di un bambino.
— Davvero? — domandò sbadatamente il signor Allen.
— Già, — rispose Bob con la bocca piena.
— Io mi son sottoscritto per un braccio alla nostra scuola, — riprese il signor Allen. — Raccogliamo firme per un soggetto, e la lista è quasi piena; non ci riesce però di trovare chi abbia bisogno di una testa. Se ve la pigliaste voi, eh?
— No, — rispose Bob Sawyer, — non mi posso dare questo lusso.
— Andiamo, via! — esclamò Allen.
— No davvero che non posso, — replicò Bob Sawyer — Per un cervello ci starei, ma una testa completa è troppa roba per me.
— Zitti, signori, zitti di grazia, — pregò il signor Pickwick, — sento avvicinarsi le signore.
Mentre il signor Pickwick parlava, le signore, galantemente scortate dai signori Snodgrass, Winkle e Tupman, ritornavano da una passeggiata mattutina.
— Oh Dio, Ben! — esclamò Arabella in un tono che esprimeva più sorpresa che piacere alla vista del fratello.
— Son venuto per riportarvi a casa domani, — rispose Ben.
Il signor Winkle impallidì.
— Non vedete Bob Sawyer, Arabella? — domandò il signor Allen con un lieve senso di rimprovero. Arabella stese la mano con grazia. Un fremito di odio fece sussultare il cuore del signor Winkle mentre Bob Sawyer dava a quella mano gentile una stretta molto visibile.
— Caro Ben! — disse Arabella facendosi rossa; — siete... siete stato presentato al signor Winkle?
— Non ancora, ma ci avrò moltissimo piacere, — rispose gravemente il fratello.
Qui il signor Allen fece un rigido inchino al signor Winkle, mentre il signor Winkle e Bob Sawyer si guardavano di sbieco con poca amorevolezza.
L’arrivo dei due giovani e l’impaccio che ne seguì pel signor Winkle e per la signorina dagli stivaletti col pelo, avrebbero molto spiacevolmente raffreddato il buon umore della brigata, se l’allegria del signor Pickwick e la gioconda turbolenza del padrone di casa non avessero pel bene di tutti toccato il massimo grado. Il signor Winkle s’andò pian piano insinuando nelle buone grazie del signor Beniamino Allen, e legò anche una conversazione amichevole col signor Bob Sawyer; il quale, animato dall’acquavite, dalla colazione e dalla chiacchiera, si levò a poco a poco ad un grado di estrema piacevolezza, e riferì con gran vena un graziosissimo aneddoto a proposito del taglio di un tumore sulla testa di un signore, illustrando la sua relazione la mercè di un coltello da ostriche e di un pezzo di pane, dando tagli per dritto e per traverso, con grande compiacimento della compagnia. Terminata la colazione, si mossero tutti per la chiesa, dove il signor Beniamino Allen si addormentò profondamente, mentre il signor Bob Sawyer si astraeva col pensiero dalle cose mondane con l’ingegnoso processo di incidere il proprio nome sul banco che aveva davanti in lettere grosse della lunghezza approssimativa di quattro pollici.
— Ed ora, — disse Wardle, dopo un secondo pasto abbastanza sostanzioso, dove s’era fatto grande onore alla birra doppia e allo spirito di ciliege, — che direste di un’oretta sul ghiaccio? Abbiamo tutto il tempo necessario.
— Magnifica idea! — disse il signor Beniamino Allen.
— Stupenda! — esclamò il signor Bob Sawyer.
— Voi pattinate, naturalmente, Winkle? — domandò Wardle.
— Ma... sì, oh sì! — rispose il signor Winkle. — Credo... credo di essere un po’ fuori d’esercizio.
— Oh, andiamo, signor Winkle, andiamo, — disse Arabella. — Mi piace tanto veder pattinare.
— Oh, è così grazioso, — disse un’altra signorina.
Una terza signorina dichiarò che era elegante, e una quarta manifestò la sua opinione che era una cosa eterea.
— Sarei lietissimo certamente, — balbettò il signor Winkle arrossendo, — ma non ho pattini.
Questa obbiezione fu subito vinta. Trundle ne aveva un paio, e il ragazzo grasso annunziò che ce n’erano giù un’altra mezza dozzina; al che il signor Winkle espresse una profonda soddisfazione e parve profondamente disturbato.
Il vecchio Wardle guidò la brigata sopra una larga ghiacciaia. Il ragazzo grasso e il signor Weller spazzarono ed ammontarono la neve ch’era caduta nella notte, e il signor Bob Sawyer adattatisi i pattini con una destrezza che al signor Winkle parve maravigliosa, si diede a descriver circoli sul ghiaccio con la gamba sinistra, e a tracciare delle 8, e a disegnare, senza mai fermarsi per ripigliar fiato, molte altre cose piacevoli e stupefacenti, con immensa soddisfazione del signor Pickwick, del signor Tupman e delle signore; la quale poi si elevò fino ad un caloroso entusiasmo, quando il vecchio Wardle e Beniamino Allen, in compagnia del prefato Bob Sawyer, compirono certe loro mistiche evoluzioni, che battezzarono col nome di danza scozzese.
In questo frattempo il signor Winkle, con la faccia e le mani livide dal gran freddo, s’era andato affaticando per mettersi i pattini colle punte alla rovescia, e aveva imbrogliato stranamente ed inestricabilmente le corregge con l’aiuto del signor Snodgrass, il quale in materia di pattini ne sapeva qualche cosa meno di un Indiano. Alla fine però, col soccorso del signor Weller, i disgraziati pattini furono bene assicurati e affibbiati, e il signor Winkle fu rizzato in piedi.
— Orsù, signore, — disse Sam in tono incoraggiante; — avanti anche voi, e insegnate loro come va pattinato.
— Ferma, Sam, ferma! — esclamò, tremando violentemente, il signor Winkle ed aggrappandosi alle braccia di Sam con la stretta disperata del naufrago. — Come si sdrucciola, Sam!
— Cosa non insolita sul ghiaccio, signore,— rispose il signor Weller. — Tenetevi su, forte!
Quest’ultima raccomandazione del signor Weller era motivata dall’insano desiderio mostrato in quel punto stesso dal signor Winkle di alzare i piedi in aria e sbattere coll’occipite sul ghiaccio.
— Questi... questi sono dei pattini molto disadatti, non è vero, Sam? — domandò il signor Winkle barcollando.
— Ho paura che sia disadatto il signore che ci sta dentro, — rispose Sam.
— Orsù, Winkle, — chiamò il signor Pickwick, ignaro affatto di quel che accadeva. — Orsù; le signore sono in grande ansietà.
— Sì, sì, eccomi, — rispose con un tetro sorriso il signor Winkle. — Vengo subito.
— Or ora incomincia, — disse Sam, cercando svincolarsi. — A voi, signore, avanti!
— Un momento, Sam, — balbettò il signor Winkle afferrandosi più affettuosamente al signor Weller. — Mi ricordo, Sam, di avere a casa un par di soprabiti, che non mi servono. Sono vostri Sam, se li volete.
— Grazie, signore, — rispose il signor Weller.
— Non importa che vi tocchiate il cappello, Sam, — disse il signor Winkle in fretta. — Non c’è bisogno che alziate la mano per questo. Io aveva intenzione di darvi stamane per la festa di Natale cinque scellini, Sam. Ve li darò oggi, Sam.
— Troppo buono, signore, — rispose il signor Weller.
— Tenetemi sulle prime, Sam, forte. Così... bravo. Mi ci farò subito, Sam. Adagio, non tanta furia.
Il signor Winkle, piegandosi quasi in due, incominciò a muoversi sul ghiaccio con l’assistenza del signor Weller in una maniera singolarissima e tutt’altro che eterea, quando il signor Pickwick molto innocentemente chiamò dalla parte opposta:
— Sam!
— Signore?
— Venite qua. Ho bisogno di voi.
— Lasciatemi andare, signore, — disse Sam. — Non sentite che il padrone mi chiama? Lasciatemi andare.
Con uno sforzo violento, il signor Weller si liberò dalla stretta del disperato Pickwickiano, e così facendo diè un grande spintone all’infelice signor Winkle. Con una velocità che nessuna destrezza al mondo e nessuna pratica potranno mai raggiungere, il novello pattinatore sdrucciolò proprio nel mezzo della danza scozzese, nel punto preciso in cui Bob Sawyer compieva una giravolta d’incomparabile bellezza. Il signor Winkle lo urtò in pieno, e con un gran tonfo tutti e due caddero di peso. Il signor Pickwick corse sul luogo del disastro. Bob Sawyer s’era rizzato in piedi, ma il signor Winkle la sapeva troppo lunga per fare una cosa simile coi pattini. Ei se ne rimaneva seduto sul ghiaccio, facendo sforzi spasmodici per sorridere; ma l’angoscia gli si dipingeva in ogni tratto del viso.
— Vi siete fatto male? — domandò con viva ansietà il signor Beniamino Allen.
— Non molto, — rispose il signor Winkle fregandosi forte le spalle
— Sarebbe bene che vi cavassi sangue, — disse il signor Beniamino tutto sollecito.
— No, grazie, mille grazie, prego!
— Credo davvero che vi farebbe molto bene.
— Grazie, vi ripeto, preferisco non cavarmi niente.
— Che ne dite voi, signor Pickwick? — domandò Bob Sawyer.
Il signor Pickwick era cruccioso e sdegnato. Fece un cenno al signor Weller, e con tono severo ordinò:
— Toglietegli i pattini!
— No, no, — protestò il signor Winkle. — davvero che avevo appena incominciato!
— Toglietegli i pattini! — ripetette il signor Pickwick con fermezza
Non c’era verso di disobbedire. Il signor Winkle consentì in silenzio che Sam eseguisse.
— Alzatelo, — disse il signor Pickwick.
Sam gli diè una mano per rimetterlo in piedi.
Il signor Pickwick si ritirò un po’ in disparte; e facendo segno all’amico di avvicinarsi, gli ficcò addosso uno sguardo scrutatore, e in tono basso ma enfatico e distinto, pronunciò queste notevoli parole:
— Voi siete un buffone, signore!
— Un che? — esclamò trasalendo il signor Winkle.
— Un buffone. E se vi piace, parlerò anche più chiaro. Siete un impostore, signore.
Dette le quali parole, il signor Pickwick girò lentamente sui tacchi e raggiunse i suoi amici.
Mentre il signor Pickwick si sgravava del sentimento or ora registrato, il signor Weller e il ragazzo grasso essendo riusciti, dopo molti sforzi, a stabilire uno sdrucciolo particolare, vi si andavano esercitando sopra nel modo più brillante che si possa immaginare. Sam Weller specialmente compieva quello stupendo esercizio di fantasia designato volgarmente dalla frase "picchiare all’uscio del ciabattino" e che consiste nello sdrucciolar sul ghiaccio con un piede, e nel dar con l’altro di tanto in tanto un colpettino come per affrettar la corsa. La striscia di ghiaccio era lunga abbastanza, e nel movimento di Sam c’era qualche cosa che il signor Pickwick, tutto assiderato dallo star fermo, non poteva fare a meno d’invidiare.
— Mi pare un bell’esercizio per scaldarsi, quello lì, eh? — domandò a Wardle, quando questi si trovò a dirittura senza più fiato in corpo per aver convertito le proprie gambe in un par di compassi instancabili e disegnato sul ghiaccio innumerevoli e complicati problemi.
— Ah, sicuro, sicuro, — rispose Wardle. — Voi sdrucciolate?
— Una volta sì, sui rigagnoli, quando ero ragazzo, — rispose il signor Pickwick.
— Provatevi adesso, — suggerì Wardle.
— Oh sì, sì, signor Pickwick! — gridarono a coro le signore.
— Sarei lietissimo di farvi cosa gradita, — rispose il signor Pickwick, — ma son trent’anni oramai che non fo di queste cose.
— Via, via! che vuol dire! — esclamò Wardle, cavandosi i pattini con quella furia che distingueva tutti i suoi atti. — Ecco qua, vi terrò compagnia; andiamo!
E, detto fatto, l’allegro vecchio prese il suo sdrucciolone sul ghiaccio, con una rapidità che rivaleggiava trionfalmente col signor Weller ed annichiliva a dirittura il ragazzo grasso. Il signor Pickwick si fermò, considerò, si levò i guanti e li pose nel cappello, prese due o tre volte l’abbrivo, e finalmente sdrucciolò gravemente e dolcemente lungo la striscia di ghiaccio, con le gambe aperte all’incirca un metro e un quarto, fra le acclamazioni di tutti gli spettatori.
— Forte di gamba e niente paura! — disse Sam; e di nuovo Wardle pigliò lo sdrucciolone, e poi il signor Pickwick, e poi Sam, e poi il signor Winkle, e poi il signor Bob Sawyer, e poi il ragazzo grasso, e poi il signor Snodgrass, correndo l’uno dietro l’altro con tanto calore come se tutti i loro progetti di avvenire dipendessero dalla loro rapidità.
Era uno spettacolo interessantissimo osservare in che maniera il signor Pickwick compiesse la sua parte nella curiosa cerimonia; notare la tortura e l’ansietà con cui egli teneva d’occhio la persona che gli veniva dietro e che guadagnava terreno a rischio di fargli fare un capitombolo involontario; vedere com’egli esaurisse a poco a poco tutta la forza che avea sulle prime raccolta e si voltasse adagino sul ghiaccio con la faccia verso il punto donde avea preso le mosse; contemplare il giocondo sorriso che gli rischiarava tutto il viso, quando ebbe fornita la distanza, e la prontezza con cui si voltò quando ebbe toccato il punto d’arrivo affrettandosi dietro il suo predecessore, con le uosa nere che graziosamente scorrevano sul bianco della neve, e gli occhi raggianti la più schietta allegria traverso gli occhiali. E quando pigliava uno stramazzone (il che accadeva in media ad ogni tre giri), era la scena più consolante che si potesse immaginare vederlo tutto ilare a raccattare il cappello, i guanti e il fazzoletto, e riprender subito il suo posto nelle file con un ardore ed un entusiasmo che nulla valeva ad abbattere.
Si era sul più bello dello spasso, dello sdrucciolare, del ridere e del cadere, quando una forte scricchiolata si udì. Vi fu una subita fuga verso l’orlo della ghiacciaia, uno strido acutissimo delle signore, un urlo del signor Tupman. Una gran massa di ghiaccio scomparve, l’acqua vi gorgogliò sopra, e il cappello, i guanti, il fazzoletto del signor Pickwick galleggiarono; e questo era tutto quello che del signor Pickwick si potesse vedere.
L’abbattimento e l’angoscia si dipingevano su tutti i volti; gli uomini impallidivano, le donne venivano meno; i signori Snodgrass e Winkle si presero fortemente per mano e fissarono uno sguardo di muta ansietà sul punto dove il loro condottiero s’era affondato; mentre il signor Tupman, per dare il più sollecito aiuto che per lui si potesse e nel tempo stesso per comunicare ad ogni persona del vicinato l’idea più chiara dell’avvenuta catastrofe, scappò e corse per tutte le campagne, gridando: Al fuoco! al fuoco! con tutta la forza dei suoi polmoni.
Fu in questo preciso momento, quando il vecchio Wardle e Sam Weller si accostavano con cauti passi alla buca fatale, e il signor Beniamino Allen teneva un breve e sommario consulto col suo collega Bob Sawyer intorno alla convenienza di cavar sangue a tutta la compagnia, tanto per esercitare un po’ di pratica professionale, — fu in questo preciso momento che una faccia, una testa e due spalle emersero dal fondo dell’acqua, e mostrarono le fattezze conte e gli occhiali del signor Pickwick.
— Tenetevi su un istante, un solo istante! — gridò il signor Snodgrass.
— Sì, ve ne scongiuro, fatelo per amor mio! — esclamò il signor Winkle profondamente afflitto.
Le quali istanze erano però piuttosto inutili, visto che se il signor Pickwick si fosse negato a tenersi su per amor di qualcheduno, gli poteva anche venir l’idea di tenersi su per amor di sè stesso.
— C’è piede costì? — domandò Wardle.
— C’è sicuro, — rispose il signor Pickwick, cercando asciugarsi la testa e la faccia e ripigliare il fiato. — Son caduto sulle spalle. Non m’è riuscito alzarmi alla prima.
La fanghiglia che s’era attaccata alla parte visibile degli abiti del signor Pickwick rendeva testimonianza delle sue esatte affermazioni. D’altra parte siccome le paure degli astanti furono anche più mitigate dal subito ricordarsi del ragazzo grasso che l’acqua non avea in nessuna parte una profondità maggiore di cinque piedi, dei prodigi di valore furono compiuti per trar fuori l’egregio uomo. Sicchè dopo un gran tramestio, e dopo molto schizzare e scricchiolare e pericolare, il signor Pickwick venne alla fine estratto dalla sua spiacevole posizione, e si trovò di nuovo sulla terra ferma.
— Oh, ne piglierà un’infreddatura mortale, — esclamò Emilia.
— Caro, caro vecchietto! — disse Arabella. — Lasciate che vi involti nel mio scialle, signor Pickwick
— Ah sì, è il meglio che possiate fare, — disse Wardle; — e quando vi sarete ben bene imbacuccato, correte a casa di tutta furia, e subito ficcatevi in letto.
Una dozzina di scialli furono subito raccolti ed offerti; e in tre o quattro dei più fitti il signor Pickwick fu bene avvolto e stretto; dopo di che, guidato dal signor Weller, mosse verso la casa; presentando così il singolare fenomeno di un signore attempato gocciolante acqua da tutte le parti e senza cappello, con le braccia costrette lungo la persona, correndo a precipizio senza alcuno scopo ben definito alla ragione di sei buone miglia inglesi all’ora.
Ma il signor Pickwick poco si curava delle apparenze in un caso così estremo come quello lì, e spinto dal suo fedele Sam Weller, ei si mantenne sempre al massimo della sua speditezza finchè ebbe raggiunto la porta della Fattoria, dove il signor Tupman era arrivato cinque minuti prima, ed avea spaventato la vecchia signora e fattole venire la palpitazione di cuore, inspirandole la inalterabile convinzione che il camminetto della cucina avea preso fuoco — una certa calamità che si presentava sempre coi più vivi colori alla fantasia della vecchia signora, quando alcuno presso di lei dava a vedere la menoma agitazione.
Il signor Pickwick non si fermò che quando si trovò tutto raccolto fra il caldo delle lenzuola. Sam Weller accese in camera un gran fuoco e gli servì a letto il desinare; un bricco di ponce fu poi portato su, e una bella assemblea fu tenuta per solennizzare la salvezza di lui. Il vecchio Wardle non ne volle sapere ch’ei si levasse; sicchè, raccoltisi tutti in camera sua, il signor Pickwick si mise a sedere nel mezzo del letto presidenziale. Un secondo ed un terzo bricco furono ordinati e serviti; e quando il signor Pickwick si svegliò il giorno appresso, non c’era in lui alcun sintomo di reumatismi; il che prova, come molto giustamente il signor Bob Sawyer ebbe ad osservare, che non c’è nulla come il ponce caldo in casi simiglianti; e che se qualche volta il ponce caldo non agisce come preventivo, la colpa è tutta del paziente il quale cade nel volgare errore di non beverne abbastanza.
L’allegra brigata si separò il giorno appresso. Le separazioni sono una gran bella cosa quando si è scolari, ma non son poco dolorose quando si è più in là nella vita. La morte, l’interesse, i mutamenti di fortuna sopravvengono ogni giorno a separare tanta gente che era felice di stare insieme e la spargono di qua e di là pel mondo; e i fanciulli e le giovanette di un tempo non tornano mai più. Non vogliamo già dire che così proprio andassero le cose nella presente congiuntura; ci preme soltanto informare il lettore che i vari componenti l’amichevole compagnia presero ciascuno la via delle case loro; che il signor Pickwick e i suoi amici ripresero i loro posti sull’imperiale della diligenza di Muggleton e che Arabella Allen fece ritorno alla sua dimora, dove che questa fosse — scommetteremmo che il signor Winkle, più fortunato di noi, lo sapeva — sotto la guardia e la tutela del fratello Beniamino e del suo intrinseco amico, signor Bob Sawyer.
Prima di separarsi però, questo signore e l’amico Ben Allen si chiamarono in disparte con una certa aria di mistero il signor Pickwick; e il signor Bob Sawyer ficcando l’indice fra le costole del signor Pickwick e così mostrando nel tempo stesso la sua naturale giocondità e le sue cognizioni osteologiche, domandò:
— Dico eh, dove avete rizzato baracca?
Il signor Pickwick rispose di avere attualmente i suoi penati al Giorgio ed Avvoltoio
— Vorrei proprio che deste una capatina dalla mia parte, — disse Bob Sawyer.
— Col massimo piacere, — rispose il signor Pickwick.
— Ecco qua il mio indirizzo, — riprese Bob, tirando fuori un biglietto di visita. — Lant-street, Borough; vicino all’ospedale di Guy, un passo di via per me, come capite. Poco dopo la chiesa di San Giorgio, voltando a dritta.
— Troverò, non dubitate, — disse il signor Pickwick.
— Venite Giovedì sera, e menate con voi gli amici. Ci avrò dei colleghi cotesta sera.
Il signor Pickwick espresse il vivo piacere che gli avrebbe procurato la conoscenza dei signori colleghi; e dopo che il signor Bob Sawyer l’ebbe informato che si voleva stare allegri, e che l’amico Ben non sarebbe mancato, si strinsero la mano e si separarono.
Noi sentiamo bene che, a questo punto, ci esponiamo alla domanda se il signor Winkle, nel mentre di questa breve conversazione, bisbigliasse con Arabella Allen, e nel caso affermativo, che cosa le dicesse; e inoltre, se il signor Snodgrass parlasse a mezza voce con Emilia Wardle, e così essendo, che cosa le comunicasse. A ciò rispondiamo che, qualunque cosa avessero potuto dire alle due signorine, ei non dissero nulla al signor Pickwick o al signor Tupman per lo spazio di ventotto miglia, e che sospirarono spesso, ricusarono la birra e l’acquavite, e si mostrarono abbattuti e malinconici. Se l’arguta lettrice è buona di argomentare da questi fatti alcuna soddisfacente congettura, noi la preghiamo senz’altro di farlo.