Il Catilinario/XXXI
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Gaio Sallustio Crispo - Il Catilinario (I secolo a.C.)
Traduzione dal latino di Bartolomeo da San Concordio (XIV secolo)
Traduzione dal latino di Bartolomeo da San Concordio (XIV secolo)
Capitolo XXXI
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CAPITOLO XXXI.
Lettere di Lentulo, e ambasciata a Catilina.
Chi io sia tu il saprai da colui ch’io ti mando. Fa che tu pensi in che misero stato tu se’, e ricórdati che tu se’ uomo: onde considera che è mestieri al tuo fatto1. Ajutorio domanda da ciascuno, eziandio da’ molti bassi2.
Anche diede Lentulo a Vulturzio ambasciata a parole3: che dicesse a Catilina che, conciossiacosachè egli dal senato sia giudicato per nemico, per cui consiglio rifiuta gli servi, o niuna persona? e che in Roma è ogni cosa apparecchiata a suo comando; e che non dubiti di approssimarsi alla città.
Note
- ↑ onde considera che è mestieri al tuo fatto) Fatto qui sta per faccende, negozii, bisogni, e corrisponde propriamente al latino ratio.
- ↑ ajutorio domanda da ciascuno, eziandio da’ molti bassi) Facciamo qui primamente osservare che ajutorio è voce del tutto antiquata, ed oggi si ha a dire ajuto; appresso, che basso, oltre degli altri suoi significati, si usa pure per abjetto, umile, infimo, come qui fa il nostro autore; e da ultimo che molti bassi è qui un idiotismo de’ Fiorentini, i quali sogliono mutar l’avverbio ed ancora il sustantivo, e farli accordare co’ nomi come se fossero adjettivi; come in poca d’ora, e simili: ma questi modi oggi non sono da usare, se non nelle umili scritture, ne’ dialoghi famigliari, e nelle commedie.
- ↑ a parole, cioè a voce, che risponde al latino verbis e questo esempio sarebbe da aggiungere nel Vocabolario della Crusca all’altro solo arrecatone dal Manuzzi.