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46 il catilinario

mettessono fuoco in dodici parti della citta, delle quali cadea in acconcio1, acciocchè in quello rumore più leggermente si potesse andare al consolo e agli altri a’ quali s’ordinava dar morte; Cetego dovesse occupare la porta di Cicerone, e assalirlo per forza; e altri ad altrui; e che gli figliuoli, li quali erano nobili molta gran parte, ne dovessono uccidere li loro padri: così, percossi tutti o per uccisione o per incendio, dovessono uscire, e venirsene a Catilina. In fra queste cose così apparecchiate e disposte, Celego sempre si lamentava della negligenza de’ compagni, e dicea come egli, dubitando e indugiando di dì in dì, perdeano sì grandi agi di venire al loro intendimento; e come in tal pericolo bisognava fatto, non consiglio; e che egli, se fossono pur alquanti che il volessono atare2, rimanendo gli altri in loro pigrizia, assalirebbe il consolo nella corte. Egli era feroce per natura e di molta volontà e a’fatti pronto; el sommo bene gli parea pur l’avacciare3 .


CAPITOLO XXX.


Come gli ambasciadori franceschi ebbono i suggelli de' congiurali, e compagnia da Catilina.


Ma gli Franceschi, per comandamento di Cicerone, per Gabinio feciono venire e ingannarono gli altri: sicchè domandarono di Lentulo e Cetego e Statilio e Cassio ch’eglino dovessono dare per iscritto il saramento ch’egli doveano portare a’ loro cittadini, e che il suggellassono di loro suggelli; ch’altramente li cittadini non si potrebbono di leggieri recare su così gran fatto4 . Allora tutti, non dottando di niente, si gli feciono come domandavano: solo Cassio disse di venire là egli in persona di corto, e poi si parli di Roma alquanto innanzi che gli ambasciadori. Lentulo mandò con gli detti ambasciadori uno Cortonese, ch’avea nome Tito Vulturzio, ch’egli, anzi che ritornassono in loro terra, li dovesse menare a Catilina a dare e ricevere promessione e fede, e fermare compagnia: e egli medesimo Lentulo diede lettere a Vulturzio, le quali mandava a Catilina (a)5. Le lettere diceano così:


CAPITOLO XXXI.


Lettere di Lentulo, e ambasciata a Catilina.


Chi io sia tu il saprai da colui ch’io ti mando. Fa che tu pensi in che mi-

  1. delle quali cadea inacconcio: cioè cadea in acconcio di fare così, ovvero era utile dimettervi fuoco.
  2. che il volessono atare) Atare è voce antica e non più in uso, ed è lo stesso che ajutare.
  3. avacciare è pur voce antica, ed oggi vuolsi in iscambio usare affrettare, sollecitare.
  4. non si potrebbono di leggieri recare ec.) Recarsi qui sta per indursi, condursi, disporsi: e si vuole intendere: non si potrebbero di leggieri disporre, indurre a fare così gran fatto.
  5. (acciocchè non rifiutasse ajuto di niuno, perchè egli rifiutava i servi, siccome di sotto si contiene).