Il Canzoniere (Bandello)/Alcuni Fragmenti delle Rime/CCIII - Molte stagion di ghiaccio, e ancor di fiori
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CCIII.
È il sonetto di chiusa del Canzoniere, il sonetto di congedo.
Vecchio e canuto il poeta ancora sente l’antico ardor d’amore e vive nel ricordo gentile della Mencia.
Molte stagion di ghiaccio, e ancor di fiori
Sempr’agghiacciando, e sempr’ardendo ho corse
Da che ’l verme d’Amor il cor mi morse,
4Cagion de’ miei soverchi aspri dolori.
Da indi in qua d’ogni speranza fuori,
D’aver mai tregua, quanto in ciò m’occorse
Scrissi piagnendo, e della vita in forse
8Ancor travaglio in mille strani errori.
E ben che veggia, come fatto veglio
Cangiato ho il pelo, e quasi giunto a riva
11Abbia di vita omai, o nulla, o poco,
Pur forza m’è ch’al suo voler i’ viva,
E sì da lunge innanzi abbia lo speglio
14Di quell’eterno di begli occhi fuoco.
Note
V. 1. Molte stagion, invernali e primaverili.
V. 10. Cangiato ho il pelo, cfr. Petrarca: «Di dì in dì vo cangiando il viso e ’l pelo», Canz., CXCV, v. 1, e parimenti ivi, CCCLX, v. 41.
V. 13. Lo speglio, lo specchio di quegli occhi ov’arde fiamma perenne.