Il Baretti - Anno III, n. 1/Inchiesta sull'Idealismo/V
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V.
In Italia — come del resto ovunque altrove — non c’è un solo idealismo: Croce e Gentile (che han pure fra loro differenze e divergenze di grande importanza) non possono mettersi in un fascio con Martinetti e Varisco, per es. Certo l’idealismo neo-hegeliano è riuscito nell’intento cui non sono pervenute in Italia le altre forme di idealismo: di costituire una scuola e di improntare di sé largamente il vuoto della cultura nazionale contemporanea.
Mentre il battagliero e rumoroso manipolo dei pragmatisti, che pure, con l’irruenza dei suoi assalti, ha contribuito a sgombrare il cammino e a preparare il terreno al neohegelismo, fu quasi una meteora infocata che presto si spense; e mentre la profonda attività speculativa di Varisco e Martinetti è rimasta piuttosto vigorosa affermazione di due personalità, che inizio e sviluppo di due scuole; invece l’azione di Croce si è ripercossa ampiamente su gran parte del movimento spirituale dell’ultimo venticinquennio, e quella di Gentile è pervenuta alla costituzione di una vera e propria scuola filosofica, numerosa di seguaci, fra cui non mancano i valenti. Così accade che la prevalenza dell’idealismo neo-hegeliano caratterizza il movimento della cultura (specialmente storica e letteraria) italiana del primo quarto di questo secolo; e tale fatto storico ha innegabilmente la sua importanza e il suo significato, mentre ha, d’altra parte, fondamento e ragione in tendenze e tradizioni che entro il pensiero filosofico italiano (specie meridionale) si rivelano nel rinascimento, in Vico e nel risorgimento.
Ma, d’altra parte, la pretesa di ridurre ad una sola linea la molteplicità di correnti, che ha costituito il moto vivo e la tradizione complessa del pensiero italiano attraverso i secoli e il travaglio intimo degli stessi pensatori singoli più eminenti, è rinnovazione d’un errore analogo a quello in cui caddero altre volte Gioberti e Mamiani. Ci sono tradizioni molteplici e varie e non c’è una tradizione sola; e solo per questa molteplicità di correnti e di esigenze e tentativi contrastanti si mantiene la vita del pensiero. Nel corso dei secoli come nell’età contemporanea: nella quale la prevalenza dell’idealismo neo-hegeliano non ha spento affatto la vitalità degli altri indirizzi, che esso ha combattuto.
E ciò tanto più, in quanto nella posizione di questo idealismo è intrinseco, con la disgiunzione netta della filosofia dalla scienza, un atteggiamento di svalutazione della funzione di questa. Ora l’esigenza di una rivalutazione della scienza può dare un formidabile impulso al risorgere di quegli indirizzi di pensiero, che affermino di fronte al soggetto la necessità imprescindibile di una realtà oggettiva. Ed è per questo che la reazione all’idealismo, che da più parti si preannuncia, va anche in Italia prendendo le linee e le forme di una riaffermatone del realismo. La lotta si sposta dall’antitesi positivismo-idealismo, che caratterizzava la fine del secolo XIX, all’antitesi idealismo-realismo, che segna il trapasso dal primo al secondo quarto del secolo XX; nel quale una crisi dell’idealismo si preannunciava col fatto stesso del suo cristallizzarsi in formule dogmatiche, opponenti l’orizzonte chiuso del sistema alle esigenze dello spirito, sempre bisognoso di vie aperte.
R. Mondolfo.