Il Baretti - Anno II, n. 4/Il teatro è malato

Achille Ricciardi

Il teatro è malato ../Libri IncludiIntestazione 18 marzo 2020 100% Da definire

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Il Teatro è malato

La malattia del teatro è la vecchiezza delle sue leggi, la tale sono gli autori che da anni ci suggeriscono gli stessi aspetti della vita: il medico che li alimenta è il pubblico con le sue abitudini. Sono queste le infermità di «prima la guerra» e saranno quelle di domani, perchè il flagello che ha invertito la realtà, purtroppo non ha conseguenza diretta in questo mondo di finzione.

Il pubblico è una tara del teatro, perchè questa «quarta parete» si interessa all'intrigo, al colpo di scena, all'Imprevisto, vuole l'episodio, la avventura il racconto: l'esprit de suite. E gli allori che hanno di mira la quarta parete, secondo Sarcey, ci hanno da circa un secolo descritto in realtà ed in dettaglio», i racconti d'amore, e avventure del danaro, le peripezie sociali, le lotte di classe ecc....

Le leggi d'intreccio e il colpo di scena, una soluzione assoluta, un quadro definito, un ritratto somigliante ecc... le ricette del Faust che, ringiovanito una terza volta, ha smarrito il cammino alla croce dei venti.

Il teatro antico fu narrativo. I due terzi di un dramma indiano, d’una tragedia greca, sono delle vellute di scorcio e dei racconti; descrizione ed eco dell azione lontana.

Le macchine drammatiche shakesperiane sono episodi, seguiti di brani lineari, non aventi quella concentricità che è la forma delazione; immenso cerchio che da ogni punto irradia la sua luce verso il fuoco centrale.

Il divino Will e gli spagnuoli creano così il teatro «feuilleton», profumato di poesia, il teatro panorama. Le loro azioni drammatiche si sviluppano e si svolgono come una scena girante come una visione di viaggio spirituale lungo orizzonti di sogno e sepolcri di anime.

Molière, i francesi, ci hanno data la pièce di ambienti e la commedia di carattere. Ma dipingere un milieu o un carattere è facoltà del romanzo, del frammento, del saggio psicologico.

Data dai francesi la malattia più grave del teatro moderno: la logica. Questi maestri incontestabili del genere hanno stabilito il dramma logico: una premessa ed una conseguenza: un inizio, dei punti di sosta, la discussione: il quesito e la soluzione, una per ogni caso, per ogni tesi, per ogni dilemma. Per il nostro teatro, come nel greco e nell’inglese, la morte ha il ruolo magnifico di conseguenza, di problema risoluto, di irrevocabile.

Ma già la radice del male era nel teatro greco, dove l'oratoria, che è la seconda natura degli elleni, ha impresso le sue orme profonde. La tragedia è una forma dell’oratoria: esordio, sviluppo di fatto, risalire alle idee generali, perorazione. Oratoria in azione: processo ricostruito dal poeta, fatto di sangue rievocato con gli elementi del giudizio che deve valutare la colpa.

Se il teatro greco nasce dall’oratoria, il teatro francese porta le stigmate dello spirito e dell’epoca: la filosofia, l’ipotesi, il dilemma, il caso, il procedimento logico.

Il teatro shakesperiano è invece materiato di storia; di contrasti apparenti, di realtà irriducibili. Epoche, epopee di un popolo e di un’anima, con tutte le inconseguenze, le ingustizie, le illogicità. Ma anche qui proiezioni sullo schermo, fra le linee dell’arco scenico, di un inizio e di una fine; anche qui il preconcetto che vi siano nella vita delle conclusioni, delle decisioni.

Oratoria, filosofia e storia: ecco dunque le basi del teatro sino alla seconda metà del secolo XIX. Antitesi di idee e rappresentazioni di persone, leggende dissepolte, uomini ' che portano sulle spalle «un fatto», apparenze dialogale e astrazioni, museo di pensiero, ritratti di morti. Questo è stato il teatro sino all'avvento dei Nordici. I quali hanno ereditato questa struttura, questa macchina, questo procedimento di scene, d'insieme, di dialogo e di trucco, di unità: ma hanno portata la quarta infezione, la psicologia. Del museo dell'armata fanno un gabinetto di storia naturale: hanno drammatizzato la materia sociale, hanno proiettati degli spiriti aggrappati ad un’azione.

Un’ultima infezione, l’infezione lirica. Si è convenuto di chiamare lirico ogni brano in versi e di un epoca leggendaria, di racconti di fate realizzati da jupes- verde- nilo. Liberiamoci anche da questo pregiudizio, unico avanzo del teatro romantico, anch’esso logico ed oratorio perchè nutrito di antitesi, e spazziamo il grande cammino dove passeranno gli dei della musica umana.

Achille Ricciardi.